domenica 11 aprile 2010

Conoscere il patrimonio culturale-religioso bizantino (2) - Il vangelo della domenica successiva alla Pasqua

a cura di Giuseppe Caruso
Tommaso.
Secondo il Vangelo di Giovanni, la sera del giorno di Pasqua il Cristo risorto appare ai suoi discepoli, mostrandosi risorto e facendo loro vedere i segni della Passione rimasti nel suo corpo. L’apostolo Tommaso non si trovava in quel momento assieme ai suoi discepoli e al suo ritorno non crede al racconto dei compagni esclamando nella celebre frase: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo” (Gv 20, 25). Egli ha visto l’agonia del suo Maestro e ora si rifiuta di credere ad una realtà che non sia concreta, tangibile quanto la sofferenza di cui è stato testimone. Otto giorni dopo questo avvenimento, Gesù appare ancora una volta ai suoi discepoli, accondiscende all’ostinata pretesa del discepolo perché è necessario che il gruppo dei discepoli sia saldo e forte nella fede per poter annunciare al mondo la sua resurrezione e gli chiedeo di mettere la sua mano nelle piaghe, invitandolo a “non essere incredulo ma credente” Il Vangelo non ci racconta se il discepolo abbia toccato o meno le piaghe del Signore, quello che ci dice invece è la stupenda professione di fede di Tommaso. “Mio Signore e mio Dio” (Gv 20, 28). Egli chiama il Risorto con i nomi biblici di Dio YHWH ed ELOHIM, e il possessivo “mio” indica la sua piena adesione di amore, oltre che di fede, a Gesù. Cristo gli risponde, pensando a noi credenti dei secoli futuri che ancora manteniamo la fede nella sua resurrezione senza la quale la nostra fede sarebbe vana, “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” (Gv 20, 29). La parola adesso dunque è rivolta a noi che dobbiamo sperimentare la grazia di una fede pura e spoglia che, tuttavia, conferma il cuore, facendolo esultare di gioia indicibile e gloriosa. In questa settimana abbiamo contemplato i segni della vittoria, l’alloro sparso in chiesa e il sepolcro vuoto, le porte dell’iconostasi aperte in questo incontro “ravvicinato” tra l’umano e il divino. Adesso le porte verranno chiuse, l’alloro verrà tolto, rimarrà ancora per un po’ il sepolcro vuoto. E’ da lì che deve partire la nostra fede, da quella tomba vuota che ci parla di una nuova vita, di resurrezione. E’ da lì che deve partire il nostro annuncio e la nostra testimonianza come Maria Maddalena, chiamata dal nostro rito isapostola (uguale agli apostoli), che da quel sepolcro vuoto corre ad annunziare ai discepoli la “lieta notizia”.

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