Il 23 gennaio 1968 il sottosegretario per l'interno Gaspari risponde ad una serie di interrogazioni sul terremoto del 14 gennaio nella Valle del Belice (quella qui riportata è solo la parte iniziale della risposta data agli interroganti).
Lo scorso anno ebbi a vivere la tragedia dell'alluvione di Firenze e della Toscana, ma devo dire che l'esperienza di questi giorni nelle zone terremotate della Sicilia occidentale mi ha permesso di vedere quanto più grave, dolorosa e complessa sia la presente tragedia. Infatti, agli enormi danni materiali, alle difficoltà che la distruzione dei mezzi di comunicazione, dei servizi civili, delle strade e delle vie di accesso, si aggiunge l'urgenza primaria di soccorrere i feriti e di tentare di salvare il maggior numero possibile di vite umane coinvolte nella sciagura.
Tanti sono stati gli atti di eroismo, di coraggio civile, di amore fraterno che rimarranno per sempre ignorati, ma che nobilitano coloro che vengono soccorsi e i soccorritori. Si aggiunge poi la tragica condizione degli scampati, esposti, come nel caso attuale, ai rigori dell'inverno in un clima particolarmente inclemente, e soprattutto in condizioni psicologiche assolutamente particolasri, che si possono cogliere in tutta la loro entità e complessità solo vivendo per giorni con i sinistrati.
Al problema dei 25-30 mila terremotati direttamente sinistrati si è venuta a sovrapporre, nella circostanza di cui ci occupiamo, quello della popolazione di gran parte delle due province interessate, e in parte anche di quella di Palermo, traumatizzate non solo dal terremoto del lunedì, ma anche e, direi, ancora di più dalle manifestazioni sismiche che purtroppo si sono ripetute con intensità nei giorni successivi. Di conseguenza, la paralisi completa dei servizi essenziali non solo nelle zone colpite gravemente o danneggiate, ma in tutte e due le province, e la necessità e l'impossibilità, nell'opera di soccorso e nei rifornimenti, di distinguere i sinistrati da coloro che sono sfollati volontariamente dalle città e dai comuni non direttamente colpiti, fanno accrescere a dimensioni enormi i problemi che lo Stato e tutte le amministrazioni sono stati chiamati ad affrontare.
Ecco quindi un quadro di partenza sul quale commisurare le dimensioni dei primi impegnativi interventi che la protezione civile ha dovuto affrontare già nelle prime ore del lunedì, curando l'affluenza rapida nella vasta zona interessata - la èiù lontana dal cuore del territorio nazionale, nella stagione meno favorevole dell'anno e in condizioni di tempo eccezionalmente avverse per durata- delle colonne di soccorso dei vigili del fuoco, dell'esercito, dei carabinieri, del corpo delle guardie di pubblica sicurezza, dei generi alimentari, perfino del pane, poichè in loco -come è noto - la panificazione era stata sospesa, e l'arrivo degli indumenti di tutti i generi, delle coperte, dei materiali per approntare il ricovero ed i giacigli ai sinistrati.
In una operazione di questo genere, di dimensioni, ripeto, enormi, certamente chi vuole giungere ad esaminare un particolare, un singolo caso, una situazione, avrà infiniti motivi di censura e di critica; ma non bisogna dimenticare che si trattava e si tratta di una vera e propria operazione bellica di grandi proporzioni, ed il giudizio non può che investire l'insieme di tutte le operazioni di soccorso.
Sarà mio compito, onorevoli colleghi, riassumere il quadro di tutte queste operazioni, per darvi la possibilità di avere una visione esatta, direi, oggettiva, delle situazioni che si sono a mano a mano verificate e del loro evolversi. Credo che debba occuparmi immediatamente della tempestività dell'intervento.
In genere, il quesito si propone sempre quando siamo di fronte ad un disastrpo. Ebbene, nel caso di specie, già alle ore 17,30 del giornlo precedente il terremoto, cioè della domenica, erano sul posto il prefetto di Trapani, il questore, il comandante del gruppo dei carabinieri, il medico provinciale: ciò, nonostante che le scosse del pomeriggio e della mattinata fossero state abbastanza lievi.
Nonostante questo, furono disposte misure e provvedimenti per intervenire a favore delle popolazioni che apparivano preoccupate ed avevano abbandonato l'abitato. Furono così fatti affluire alla stazione di Gibellina e di Salaparuta dieci carri ferroviari per ricoverare al caldo vecchi e malati. Questi dieci carri arrivarono alle 21,40 della domenica, consentendo il ricovero in essi dei vecchi e dei malati. Fu disposta, nonostante la giornata festiva e quindi le difficoltà nascenti anche dal reperimento delle persone, la requisizione, a Trapani, Salemi e Castellamare del Golfo, di tutti gli autobus disponibili per dare un ricetto agli altri sfollati e soprattutto ai bambini. Dalle ore 22 alle ore 23,30 della domenica affluirono sul posto 16 autobus di linea. Furono richieste le cucine da campo del CAR e della colonna di soccorso della pubblica sicurezza per dare un cibo caldo agli abitanti che avevano abbandonato Gibellina e Salaparuta. Dette cucine prestarono servizio sulla strada tra Gibellina e Salaparuta dalle 24 alle 2 del lunedì, distribuendo 2000 razioni di caffè e di cioccolata e 2000 razioni sempre calde di pasta e di viveri. Furono richieste ed arrivarono autoambulanze per il trasporto dei malati più gravi agli ospedali. Fu richiesto immediatamente l'intervento della colonna mobile di soccorso della pubblica sicurezza e della colonna mobile di zona della protezione civile dei vigili del fuoco che raggiunsero le località terremotate tra le 2 e le 3 della notte del lunedì, tanto è vero che sia la colonna di soccorso del corpo delle guardie di pubblica sicurezza sia quella dei vigili del fuoco furono poi in parte coinvolte nelle macerie del terremoto.
Fu data notizia del disastro e subito furono disposti i primi interventi locali per viveri e soprattutto per la riapertura delle strade di arroccamento della zona sinistrata che apparivano bloccate. La notizia del disastro fu data via radio, a causa, delle interruzioni di tutte le comunicazioni, da una macchina della polizia che era scampata alle macerie del terremoto che aveva coinvolto -come ho detto prima- una parte della colonna.ù
Dopo il disastro è immediatamente scattato il dispositivo di avvio dei mezzi di soccorso, ma per una visione organica è opportuno distinguere le singole fasi operative in cui si è articolata l'operazione di soccorso.
Ci siamo ora occupati dell'intervento immediato e credo che si debba riconoscere che esso fu tempestivo ed efficace e valse a ridurre in misura notevolissima il numero dei morti e dei feriti, anche rendendo consapevoli del pericolo le popolazioni che, in caso diverso, avrebbero potuto sentirsi relativamente tranquille in considerazione dei lievi danni causati dalle scosse sismiche della domenica. L'arrivo di tutti questi mezzi, del prefetto, delle autorità provinciali, la sospensione delle elezioni diedero un'impressione di gravità che indubbiamente spiega, a chi guarda le rovine orrende di Gibellina e di Salaparuta, come mai il doloroso bilancio dei morti non abbia assunto proporzioni che potevano essere spaventose.
Anche per la fase imediatamente successiva ritengo che non vi siano stati ritardi. Infatti, le colonne di soccorso della protezioner civile della pubblica sicurezza e reparti dell'XI "Comiliter" erano già sul posto alle ore 3 del lunedì. esse iniziarono immediatamente le operazioni di soccorso, trasportando a braccia, in alcuni casi per cinque, sei chilometri, i feriti che già nella notte affluirono negli ospedali, e iniziarono immediatamente, come potevano, l'opera di salvataggio dei sepolti e dei feriti in mezzo alle macerie.
Ma già mentre era in atto questa prima operazione in loco, si aveva la totale mobilitazione di tutte le forze armate della Sicilia e scattava il dispositivo di soccorso nazionale. Infatti, prima ancora della partenza per Trapani del ministro dell'interno, furono adottate e diramate tutte le misure per l'assistenza e, anche d'intesa con il presidente della regione siciliana, fu disposta l'immediata approvazione dei bilanci di tutti i comuni della zona terremotata: di quelli della provincia di trapani, di una parte dei comuni della provincia di Agrigento e di Palermo. La regione, sempre d'intesa con il Governo centrale, per garantire alle amministrazioni comunali la immediata liquidità, cioè la immediata disponibilità di mezzi finanziari per i primi interventi di loro competenza, attivò un conto corrente presso le casse dio risparmio a favore dei comuni, garantito dalla regione.
Anche il coordinamento è stato realizzato in maniera semplice e schematica perchè la esperienza di Firenze prima e anche quest'ultima, onorevoli colleghi, mi hanno persuaso che il coordinamento e l'organizzazione funzionano se sono semplici e privi di bardature. Perciò il coordinamento a livello locale ha fatto capo alla persona del sindaco e alle ammin istrazioni comunali. Tutte le responsabilità sono state affidate ai sindaci, ai quali è stato affiancato sin dalla prima mattina del lunedì un funzionario della prefettura come diretto collaboratore. Tanto le tendopoli quanto, e ancor più, i centri di ricovero in sede stabile sono affidati alla diretta responsabilità degli amministratori comunali. I funzionari dell'interno hanno solo il compito di aggiungere la loro garanzia per la piena funzionalità di questi centri. Ugualmente i funzionari della sanità vigilano costantemente per assicurare la normalità della situazione sanitaria. Là dove si è potuto, come a Trapani, si è lasciato anche agli amministratori locali il compito di organizzare il servizio sanitario, salvo la vigilanza degli organi competenti del Ministero della sanità.
A livello regionale si è attivato un organo di puro coordinamento, con sede nella prefettura di Trapani, rappresentato da una sala operativa alla quale furono direttamente collegati, prima via radio poi con linee telefoniche speciali, tutti i centri di soccorso e tutti i comuni, con il compito di raccogliere e filtrare tutte le richieste che pervenivano dalle amministrazioni comunali e dai funzionari dislocati nella zona operativa e per organizzare l'evasione delle richieste che pervenivano, nel minor tempo possibile. Intorno al tavolo dell'ufficio di coordinamento siedono permanentemente i funzionari di tutte le amministrazioni interessate. La regione è stata presente sin dal primo momento con l'assessore onorevole Celi e con un direttore centrale. Sono presenti i funzionari dell'interno, della sanità, dei lavori pubblici, delle forze armate, di polizia, impegnati nell'opera di soccorso. Alla direzione di questi organi, esclusivamente operativi e di coordinamento sui problemi che mano a mano affiorano, è con me il direttore generale dell'assistenza pubblica, dottor Bellisario; a livello nazionale il direttore generale della protezione civile e il ministro dell'interno.
Su come ha funzionato il coordionamento credo di poter rendere diretta testimonianza alla camera. La mia impressione non è esaltante ma è certamente positiva, soprattutto per tre ragioni: la prima è che non è mai sorto un problema di competenze. Questo è il male più terribile: se si comincia a discutere di competenze, ci si impantana e si ferma l'azione di intervento; la seconda è che di fronte ai problemi concreti di cui si aveva notizia attraverso le comunicazioni radio e telefoniche non solo non si è dato luogo ad inutili discussioni ma si sono richieste invece decisioni rapide; la terza è che il lavoro è sempre fatto con la collaborazione di tutti gli organi, statali, regionali, provinciali e comunali, anche se i singoli interventi, per il loro specifico carattere secondo le circostanze, hanno richiesto una partecipazione esclusiva o preminente di questa o di quella amministrazione o forza armata. Io devo dire che se uno mi domandasse che cosa ha fatto di specifico, per esempio, la regione, l'amministrazione provinciale o una certa branca dello Stato, sarebbe per me difficile selezionare e reperire tutti gli interventi che quella singola amministrazione ha fatto.
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