mercoledì 30 dicembre 2009

Costituzione Repubblicana: La Corte Costituzionale (Consulta, strumento di libertà)

Consulta, strumento di libertà
di Lorenza Carlassare

I Costituenti presero ogni precauzione per evitare la politicizzazione della giustizia costituzionale. Prudenza vana, per i tempi di scontro aperto che stiamo vivendo



La Corte costituzionale non è soltanto giudice delle leggi, ma anche dei conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato e Regioni e fra Regioni; delle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica (art. 134); dell’ammissibilità delle richieste di Referendum abrogativo (art. 2 legge cost. 1953, n. 1). Inutile sottolineare l’importanza del suo ruolo, al centro del sistema, garante del rispetto dei limiti reciproci degli organi di vertice e degli enti territoriali.

I ‘poteri’ dello Stato che possono sollevare conflitto a difesa della propria sfera di competenza sono il Presidente della Repubblica, i due rami del Parlamento, il Governo, il Consiglio superiore della magistratura, il Ministro della giustizia e i magistrati tutti. Mentre i conflitti Stato/Regione sono stati subito numerosi, pochissimi, invece, i conflitti fra i poteri dello Stato: gli oregani politici trovavano volentieri una via non giuridica per risolverli. I primi casi riguardavano soltanto conflitti con organi estranei alla politica, neutrali come i giudici con i quali non potevano trovarsi accordi o mediazioni politiche. Più tardi, alterato l’equilibrio fra partiti, i ricorsi alla Corte costituzionale sono stati più frequenti. Alcuni incredibili, che la Corte non ha potuto neppure ammettere al giudizio: famoso il ricorso del Ministro della giustizia Mancuso, in disaccordo col governo di cui faceva parte e con la maggioranza parlamentare che lo sosteneva, la quale gli votò la sfiducia: ma lui, non volendo dimettersi, si rivolse alla Corte contro il Parlamento, il Governo e lo stesso Capo dello Stato !

Numerosi i conflitti fra una delle Camere e i giudici che avevano iniziato procedimenti nei confronti di deputati o senatori per reati comuni che gli inquisiti pretendevano coperti da immunità perché ‘commessi nell’esercizio delle funzioni’ non volendo neppure risarcire i danni alle persone offese da ingiurie e/o diffamazioni … Spesso fu coinvolto l’on. Sgarbi che, da una televisione privata, in una trasmissione di cui era unico protagonista, diffamava chiunque lo avesse ‘disturbato’, pretendendo che si trattasse di opinioni espresse nella sua funzione di parlamentare (art. 68 Cost.). Casi poco edificanti, di cui deve occuparsi la Corte perché il Parlamento interviene a difesa delle sue prerogative che ritiene /spesso a sproposito) violate dai magistrati. Eppure, nonostante questa deprecabile prassi, si parla di introdurre immunità nuove ! Apprendiamo ora che intenderebbe valersi dell’immunità parlamentare il Presidente Berlusconi per difendersi dall’azione del gruppo “Espresso” per l’invito rivolto agli imprenditori di non dare più la pubblicità ai giornali “nemici”: sempre ‘opinioni’ espresse nell’esercizio della sua funzione di parlamentare ?

Un caso grave di conflitto fra poteri in una situazione più tragica si è aperto nella penosa vicenda di Eluana Englaro: dopo una sentenza della Cassazione che aveva consentito l’interruzione del trattamento, fra le tante reazioni scomposte vi fu anche il ricorso del Parlamento contro la Cassazione stessa per aver usurpato le sue funzioni legislative, ‘creando’ una norma nuova. Quasi non bastasse l’art. 32 Cost. che vieta i trattamenti sanitari senza consenso ! La Corte costituzionale respinse il ricorso dichiarando una cosa ovvia –ma non ovvia, forse, per la maggioranza che ci governa- che in quel caso non c’erano vuoti normativi da colmare, ma soltanto norme da interpretare, e che l’interpretazione è funzione dei giudici.

Un’altra importante attribuzione della Corte è giudicare il Presidente della Repubblica messo in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune per attentato alla Costituzione e alto tradimento (art. 90). Ipotesi estreme che non hanno mai portato ad un giudizio. Durante un tempestoso settennato del Presidente Cossiga, contro di lui furono presentate varie denunce per attentato alla Costituzione, una proveniente dai Gruppi parlamentari del Pds (5 dicembre 1991) “per fermare il processo degenerativo delle istituzioni” sul quale da tempo i costituzionalisti con vari appelli richiamavano l’attenzione. Non un singolo atto veniva indicato, ma una serie “di atti e comportamenti che, nella loro concatenazione logica e temporale, risultano intenzionalmente destinati a mutare la forma di governo con mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale”.

L’intento di tutti era fermare, appunto, quel processo degenerativo; qualche riflessione sull’oggi mi pare s’imponga (anche se non sui comportamenti del Capo dello Stato).

L’ultima importante attribuzione della Corte (aggiunta dalla legge cost. 1953, n. 1) è giudicare l’ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo.

Come sottolineavo nel numero precedente, i Costituenti presero ogni precauzione per evitare la politicizzazione della giustizia costituzionale.

Oltre all’attenzione per la sua composizione, importante è che la Corte non possa scegliere la materia su cui intervenire: nei conflitti l’iniziativa è dell’organo leso; nei giudizi sulle leggi è del giudice –tramite necessario per i cittadini cui non è consentito il ricorso diretto-; lo Stato ricorre contro una legge regionale, la Regione contro una legge statale che violi la sua competenza legislativa; le accuse contro il Presidente della Repubblica le formula il Parlamento.

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