domenica 8 novembre 2009

Nicolò Genovese: Scrittore di storia, Sacerdote, Poeta, Novelliere, Sociologo (2)

Pochi sanno che l'emigrazione verso l'America, qui da noi -in Sicilia-, ebbe inizio da Contessa Entellina. Si trattò di una emigrazione di massa che non  ebbe eguali, al suo sorgere nel dopo Unità d'Italia, in nessun altro comune dell'isola, nemmeno nella stessa Palermo. Fu un fenomeno documentato e interessante, che fa giustizia di tante false asserzioni locali che vorrebbero una popolazione più fortunata rispetto ad altre realtà comunitarie limitrofe. Nessuno si è mai preso cura, qui da noi, di fare serie ricerche sul fenomeno migratorio, nè che disponesse di finanziamenti pubblici nè che intendesse curare un interesse culturale proprio. Quando insigni uomini locali hanno trasferito le loro testimonianze su libri, in tanti che avrebbero dovuto divulgare la cosidetta 'storia locale' hanno preferito girare occhi e mente altrove, perchè doveva passare l'idea, buggiarda, di un inesistente comunità fortunata.

    Nicolò Genovese, divenuto nel 1895 -contro il suo volere- Arciprete e Vicario Foraneo, prima ancora che scrittore, poeta e giornalista è stato un uomo della sua terra e seppe leggere le sofferenze degli uomini che su di essa vivevano. Nei tanti documenti che parlano di lui, ancora reperibili più in America fra i reperti accuratamente conservati fra i discendenti degli emigrati contessioni che qui da noi, emerge un uomo, un sacerdote, con un delicato senso di bontà e di umiltà che, proprio per queste doti, risulta esssere stato stimato e popolarissimo nel suo paese e nella comunità degli  ' intellettuali ' dell'isola.

Sacerdote. L'approccio al sacerdozio è stato tipico di un uomo di cultura: sincero, modesto e senza infingimenti, senza rilassamenti e soprattutto battagliero. Ogni sua attività fu improntata da fermezza nei principi morali e politici, prerogative questi degli uomini di carattere. Egli fu impegnato e coinvolto nelle vicende amministrative locali che svolse sempre con slancio e idealità; nulla a che fare con chi oggi si impegna nella vita pubblica per portare a casa l'indennità di carica.
 Nel 1918 a Contessa esplode una epidemia che miete tante vittime ed egli si prodigò a frequentare i tanti tuguri ove, in paese, vivevano i colpiti. Somministrò sacramenti ma insegnò come conservare la dignità ai tanti a cui questa veniva sottratta. Tentò di risvegliare coscienze e ignavia, compitò difficile allora come oggi.
In quanto artista e poeta amò adornare la sua chiesa parrocchiale di un nuovo prospetto e della gradinata, mentre all'interno ha fatto posare il pavimento marmoreo, gli altari di marmo di vario colore ed ha fatto realizzarer l'artistico pulpito e la tuttora meravigliosa balaustra ad intarsio.
E' stato viaggiatore in tante città d'Italia e per ogni luogo raggiunto ha scritto interessanti note descrittive che tratteggiano l'immagine del paese  in quel periodo.
Da sacerdote apprezzò l'enciclica sociale Rerum Novarum di Leone XIII e operò guidato da quello spiritò. Non aderi al Partito Popolare di Don Sturzo conservando, comunque, i tratti del cattolico ortodosso. Dopo la grande guerra a cui avevano partecipato tutte le giovani generazioni di allora, in genere analfabete, tornate dal fronte con la promessa, in quanto combattenti, di avere diritto all'assegnazione delle terre del latifondo, non esita a simpatizzare per  la loro causa. Il movimento combattente sarà guidato, a Contessa, da Francesco Lojacono, che sulla base della rivendicazione sociale sulla terra diventerà il primo sindaco socialista di Contessa Entellina. Questi sarà costretto, prima ancora di finire il mandato, a rinunciare alla carica di primo cittadino per il suo rifiuto di prestare giuramento al regime fascista che cominciava ad affermarsi in Italia. In quegli anni non è casuale se i dirigenti socialisti-riformisti di Contessa Entellina saranno i giovani nipoti del parroco Genovese.
(continua)

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