domenica 15 novembre 2009

COSTITUZIONE della Repubblica Italiana. L’articolo 1; le ragioni profonde della democrazia

   Lodo Alfano, processi brevi, cosa sono ?
 Per capirli non è sufficente sapere cosa prevedono. Per capire le problematiche dibattute in questi giorni da tutta la stampa bisogna leggere ogni ipotesi legislativa alla luce della Costituzione Repubblicana.  Tutte le leggi vanno lette infatti in corrispondenza della Carta fondamentale dello Stato.
Ogni maggioranza parlamentare non rispettosa della 'Carta' può infatti fare leggi a proprio piacimento, però se poi queste non rientrano nelle previsioni della Carta Costituzionale verranno dichiarate dalla 'corte costituzionale' illegittime e scompaiono dal panorama delle leggi.

   In un certo senso, (ma molto alla larga) per fare un esempio, ogni sindaco si può illudere di aumentare le tariffe tarsu (tassa rifiuti) del 75% o peggio del 160%, però questi atti 'amministrativi' spariranno dal panorama delle carte dei rispettivi Comuni perchè cozzano contro le leggi ordinarie che prevedono (lo diciamo per sommi capi) che gli aumenti tariffari si fanno con gradualità e che il sindaco non ha la competenza per farlo in quanto simili manovre finanziarie competono al Consiglio Comunale. In questo caso ad estinguere gli effetti degli atti amministrativi fatti a "casaccio" possono essere il Tar o la Commissione Tributaria.

   La Corte Costituzionale esamina la conformità delle leggi ordinarie alla Costituzione; il Tar, il Consiglio di Giustizia Amministrativa, la Commissione Tributaria invece esaminano la conformità degli 'atti amministrativi' alle leggi ordinarie. 

   La Costituzione, fra tutte le leggi, è la più fondamentale sia perchè garantisce la democrazia di noi cittadini e sia perchè tutte le altre leggi devono conformarsi al suo spirito e alla sua lettera.
Pubblicheremo tutti i commenti della Costituzione, curati in queste settimane dal quotidiano 'Il Fatto' perchè non si può essere cittadini consapevoli dei propri diritti ignorando la Costituzione, che ci è stata data grazie al sacrificio di chi ha lottato l'autoritarismo fascista.
Il Contessioto

Costituzione, articolo 1
di Lorenza Carlassare

L'approdo di una concezione autoritaria della sovranità popolare conduce a risultati -la concentrazione del potere e la forza attribuita al capo- che rappresentano la negazione delle ragioni profonde della democrazia.

L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, si legge nel primo articolo della Costituzione. “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Il verbo “appartiene” è importante: la formula del Progetto –la sovranità “emana” dal popolo- venne modificata col preciso intento di sottolineare la permanenza della sovranità nel popolo che non se ne spoglia col voto. Negli ultimi tempi lo si è dimenticato, esaltando la “democrazia d’investitura”: il popolo, muto per cinque anni, riprenderebbe voce al momento delle nuove elezioni (magari per votare, come ora, una lista di candidati su cui non ha scelta). Ma il contenuto della democrazia –diceva Carlo Esposito, costituzionalista illustre- “non è che il popolo costituisca la fonte storica o ideale del potere, ma che abbia il potere”; non che “abbia la nuda sovranità (che praticamente non è niente), ma l’esercizio della sovranità (che praticamente è tutto)”. E che possa esercitarla mediante il diritto di associarsi, di iscriversi ai partiti per influire sulla linea politica, di riunirsi e discutere gli atti dei governanti, di manifestare il dissenso in ogni forma, in primo luogo attraverso la libera stampa. Se si perde di vista la permanenza della sovranità nel popolo, si smarrisce l’importanza del suo modo d’esercizio, che non è soltanto collettivo. I cittadini sono il popolo, non è “popolo” solo il corpo elettorale; e ciascuno di essi esercita la propria sovranità mediante i diritti, senza i quali nemmeno il giorno delle elezioni eserciterebbe un effettivo potere. Le libertà (in particolare la manifestazione del pensiero) sono infatti presupposti indispensabili per una cosciente partecipazione politica e, consentendo ai cittadini la pubblica critica e il controllo, “evitando che gli istituti rappresentativi si riducano ad una mera finzione”. Presupposti indispensabili sono anche i diritti sociali –all’istruzione in primo luogo, alla tutela della salute, a una situazione economica dignitosa- considerati da tutti precondizioni della democrazia. L’emarginazione consente una partecipazione effettiva?
Il senso dell’articolo 1 va riaffermato con decisione: è infatti nella lettura distorta di questa disposizione la radice delle deformazioni attuali. La prima, si è visto, riguarda i cittadini, i loro diritti e libertà. La seconda investe la natura del potere e i suoi modi di esercizio, in definitiva la forma di governo e la forma di stato. Una certa idea di sovranità popolare da tempo in circolazione conduce infatti alla pretesa esigente che chi governa per mandato del popolo abbia ricevuto un’investitura di tale potenza da non sopportare limiti o condizionamenti da parte di altre istituzioni neutrali prive della stessa legittimazione (come la Magistratura) che non possono contrastare il “sovrano”. Un “sovrano” che in quest’ottica non è più il popolo, ma chi, in forza di un’elezione che gli “trasferisce” il potere, pretende di parlare in suo nome, rivendicando un’autonoma posizione di sovranità. Ora si va anche oltre: il Parlamento stesso, espressione diretta della volontà popolare, è considerato un’impaccio da eliminare. A più riprese infatti il presidente del Consiglio ha dichiarato di voler legiferare sempre con decreti-legge, evitando il dibattito in Parlamento, benché egli stesso nell’ultima campagna elettorale lo abbia definito un “Parlamento di figuranti” dove i deputati, obedienti a chi li ha designanti e pronti a votare a comando, sono ininfluenti. Si vuole eliminare ogni, sia pur debole, voce ?
E’ questo l’approdo di una concezione autoritaria e acritica della sovranità popolare che conduce a risultati –la concentrazione del potere e la forza attribuita al capo- che rappresentano la negazione delle ragioni profonde della democrazia. La nascita dello stato moderno, liberale e democratico –ricorda Norberto Bobbio- “è stata accompagnata da teorie politiche il cui proposito fondamentale è di trovare un rimedio all’assolutezza del potere”. I limiti al potere della maggioranza costituiscono l’essenza di questa forma di stato. Limiti interni: il potere diviso fra più organi e controllabile. Limiti esterni: diritti e libertà. La democrazia non solo presuppone un’opposizione, ma riconosce e protegge la minoranza con i diritti e le libertà fondamentali. Non c’è democrazia senza pluralismo, come ha ribadito nel 2005 la Corte di Strasburgo. O meglio: c’è il totalitarismo democratico.
Si può affermare che la nostra Repubblica presenti ancora tutti i caratteri della democrazia costituzionali ?






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