Qualche anno addietro il Comune di Contessa Entellina pubblicò un testo della prof.ssa Francesca Di Miceli su Contessa Entellina. Il libro ci offre un percorso storico attraverso il vaglio di documenti che, come evidenzia Matteo Mandalà nella presentazione, forniscono informazioni decisive per descrivere la facies sociale, culturale ed economica di Contessa Entellina, che dovrebbe sottrarci dalle leggende e dai primati di difficile dimostrazione spesso rinvenibili nella storiografia arbreshe. Il libro si basa sui dati desunti dai riveli dei beni e delle anime che nel corso dei secoli sono stati condotti all'interno della comunità arbreshe di Contessa, ma in particolare su quello condotto da tre scrivani locali fra l'8 ed il 10 novembre del 1623. Dal libro veniamo pertanto a conoscenza della consistenza numerica della popolazione locale, dei cognomi che via via venivano censiti, dei quartieri del paese (mancavano inizialmente le indicazioni delle vie), ma anche delle condizioni economico-sociali nei primi secoli dalla fondazione del paese.
Lo schema tipico di ogni rivelo riporta:
a) l'elenco dei componenti di ogni singola famiglia con l'indicazione, per ciascuno, dell'età;b) la consistenza dei beni stabili (immobili: casa, vigna, etc.);
c) beni mobili (possesso di animali da lavoro, da allevamento e detenzioni di botti, cannizzi (contenitori di grano) etc.;
d) possesso di rendite da beni affidati a terzi e/o di "gravezze" per oneri dovuti a terzi.Ma cerchiamo di capire qualcosa in più sui cosiddetti "riveli" ossia sulle denunce volontarie delle anime e dei beni rese dai capifamiglia in ogni comune del Regno di Sicilia. Sistema che in verità era diffuso in altri stati europei dal cinquecento in poi.
Scopo di questi primordiali censimenti non era di natura demografica, come quelli che ci sono noti dagli ultimi decenni, bensì prettamente fiscale. Non avevano cadenze regolari ma venivano disposti in vista di riaggiornare i prelievi a favore della Corona, dei baroni, e dei comuni (università).
I criteri formali furono mantenuti per secoli immutati; ma le sottrazioni di imponibili, gli errori e le occultazioni erano all'ordine del giorno. L'abitudine di evadere il fisco era invalsa già allora, come oggi, anche perchè allora, più di oggi, il fisco presentava un viso con i tratti dell'arbitrio e dell'iniquità.
L'iniquità la si coglieva in forma plateale e sfacciata se solo si immagina che nel territorio di Contessa Entellina i due principali soggetti economico-sociali erano esenti da tutto: Santa Maria del Bosco, feudatario ecclesiastico, e il baronato dei Cardona prima e dei Colonna dopo, feudatario laico, erano infatti esonerati dal presentare denuncia, come erano pure esonerati, per privilegio regio, gli abitanti di Palermo, i quali ultimi comunque, indipendentemente dalla consistenza della popolazione, dovevano alla Corona un decimo dei prelievi effettuati sull'intera isola.
Alla luce di quanto abbiamo detto quindi i "riveli" hanno certamente una grande rilevanza per descrivere la storia sociale del Regno di Sicilia, ma vanno letti e considerati nel contesto istituzionale e sociale dell'epoca.
L'inaffidabilità dei riveli era nota alle autorità dell'epoca, tanto è che, specialmente nella seconda metà del settecento, la Deputazione del Regno iniziò a mandare commissari in tutti i comuni dell'isola per verificare e rielaborare quanto era già stato redatto dagli scrivani locali.
L'annotazione che abbiamo voluto riportare non toglie nulla comunque alla grande utilità che i dati desumibili dai riveli oggi ci forniscono per capire il mondo siciliano di quattro/trecento anni fà.Il Contessioto
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