lunedì 30 novembre 2015

Uomini, fatti, eventi. Come li ricordiamo oggi

30 Novembre
Era il 30 Novembre 1786 quando venne emanato il nuovo codice penale toscano, Riforma criminale toscana o Leopoldina. Il Granducato di Toscana è il primo Stato al mondo ad abolire legalmente la pena di morte per tutti i reati con la Riforma Leopoldina del granduca Pietro Leopoldo

La giornata è festa regionale in Toscana.


 …la correzione del Reo figlio anche esso della Società e dello Stato…che tale efficacia, e moderazione insieme si ottiene più che con la Pena di Morte, con la Pena dei Lavori Pubblici…Siamo venuti nella determinazione di abolire come Abbiamo abolito con la presente Legge per sempre la Pena di Morte contro qualunque Reo, sia presente, sia contumace, ed ancorché confesso …Vogliamo in questa parte cessate, ed abolite. Tale è la Nostra volontà, alla quale Comandiamo che sia data piena Esecuzione in tutto il nostro Gran-Ducato, non ostante qualunque Legge, Statuto, Ordine, o Consuetudine in contrario “ (Proemio della legge di riforma criminale del 30 novembre 1786, n. LIX)


La riforma del Codice penale di Pietro Leopoldo era una normativa moderna, capace di porre principi che anticiparono poi i criteri di redazione delle Costituzioni moderne: oltre alla citata abolizione della pena di morte, infatti, il Granduca ripudiò la tortura, proibì ogni forma di vessazione verso i prigionieri ed i condannati (che fino a quel giorno venivano accompagnati al patibolo tra ali di folla urlante, che spesso li insultava e li batteva), abrogò le norme che imponevano ai familiari di giurare contro il condannato ed inserì il principio per il quale nemo tenetur se detegere, ovverò nessuno può essere considerato obbligato a rendere dichiarazioni che possono poi portarlo a subire una condanna. Il nuovo codice fiorentino aboliva poi il delitto di lesa maestà, inseriva nel sistema ordinamentale il difensore d’ufficio per coloro che non potevano pagare un avvocato, e stabiliva forti limitazioni all’utilizzo della carcerazione preventiva, assumendo che solo dopo una condanna definitiva la restrizione della libertà personale è pienamente legittima.

La pena di morte, inizialmente un prolungamento della guerra, era presente in tutti gli ordinamenti antichi. Lo stato abolizionista più antico è nei fatti, la Repubblica di San Marino: l’ultima esecuzione ufficiale risale infatti al 1468, mentre l’abolizione definitiva fu sancita per legge solo nel 1865. Seguirono il Granducato di Toscana, con l’editto di Leopoldo,e la Repubblica Romana di ispirazione mazziniana.
Lo Stato italiano l’abolì, tranne crimini di guerra e regicidio, nel 1889, per poi reinserirla e abolirla definitivamente nel 1948, dopo che il fascismo l’aveva reintrodotta per i reati contro lo Stato. Nel 2007 è stata completamente espunta dalla Costituzione anche con riferimento alle leggi militari di guerra.
La pena di morte nella Città del Vaticano non era prevista per alcun reato già dal 1967, su iniziativa di papa Paolo VI; venne rimossa dalla Legge fondamentale solo nel 2001, su iniziativa di Giovanni Paolo II. 
Come sostiene Cesare Beccaria «La pena di morte, rendendo meno sacro e intoccabile il valore della vita, incoraggerebbe, più che inibire, gli istinti omicidi». Nel lontano 1764 la pubblicazione del pamphlet “Dei delitti e delle pene” stimolò la riflessione sul sistema penale allora vigente. Nel capitolo XXVIII, Beccaria si esprimeva contro la pena di morte, argomentando « Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio ».
L’opinione pubblica di molti Paesi è divisa. In quelli nei quali vige la pena di morte, primo fra tutti gli Stati Uniti, esiste un movimento che ne chiede l’abolizione. Viceversa, in altri nei quali tale pena non è contemplata, tra cui l’Italia, riaffiorano periodicamente richieste per la sua reintroduzione nel Diritto penale. L’opinione pubblica contro la pena capitale si divide inoltre in abolizionisti, come Amnesty International, e sostenitori della moratoria, come l’associazione radicale Nessuno tocchi Caino.
C’è chi considera la moratoria (ordinanza di sospensione), a livello internazionale, un primo e migliore passo, poiché gli stati possono revocare l’abolizione, che è più difficile da ottenere e non si può imporre da parte di organismi sovranazionali. Il 18 dicembre 2007, l’ONU, con 104 voti favorevoli, 54 contrari e 29 astenuti, ha approvato la Moratoria universale della pena di morte, promossa dall’Italia a partire dal 1994.
Amplissima è la bibliografia giuridico- storica e letteraria. Il tema della pena di morte è affrontato con grande profondità da De Sade, Hugo, Kafka, Camus e Dostoevskij.
« Ora, può darsi che il supplizio più grande e più forte non stia nelle ferite, ma nel sapere con certezza che, ecco, tra un’ora, poi tra dieci minuti, poi tra mezzo minuto, poi adesso, ecco, in quell’istante, l’anima volerà via dal corpo e tu non esisterai più come uomo…,[...] La punizione di uccidere chi ha ucciso è incomparabilmente più grande del delitto stesso. L’omicidio in base a una sentenza è incomparabilmente più atroce che non l’omicidio del malfattore. » 
(L’idiota, Fëdor Mikhailovič Dostoevskij)

domenica 29 novembre 2015

Anas. Il pilone del tratto San Giuseppe-San Cipirello e' inclinato da tempo: non sussiste pericolo.


  1. La strada puo' essere percorsa in tutta sicurezza. Lo assicurano i tecnici dell'Anas.

I carabinieri avevano chiuso la strada perche' avevano notato un cedimento, ma per l'Anas si e' tratato di un difetto di comunicazione alle forze dell'ordine: in buona sostanza non sussiste pericolo.

L'Italia che crolla, la corruzione che dilaga, gli italianI che non sanno liberarsi della malapolitica. i

Questi gli ultimi eventi (crolli) di cui conserviamo conoscenza: 
1) il cedimento di un pilone dell’autostrada A19 Palermo-Catania (che sta causando gravi disagi nella viabilità, ma fortunatamente nessuna vittima); 
2) un grave cedimento che ha interessato la strada statale 554 nel cagliaritano (che, a differenza del viadotto siciliano risalente agli anni ’70, ha circa dieci anni di vita), anche qui senza vittime;
3)  il crollo di una parte del soffitto di un’aula in una scuola elementare di Ostuni (recentemente ristrutturata), che purtroppo ha causato il ferimento di due alunni di otto anni, un bilancio che sarebbe potuto essere ben peggiore. 
Eventi simili non sono purtroppo inediti nella recente storia della nostra Repubblica. Per quanto riguarda i cedimenti strutturali, rimanendo in Sicilia, registriamo: 
--il crollo parziale di un viadotto sulla S.S. 115 nel 2013, 
--un altro crollo sulla S.S. 626 sempre nel 2013, 
--il crollo di un viadotto sulla statale Palermo-Agrigento, ad appena una settimana dal completamento dell’opera

Palermo-Sciacca. Incredibile ma vero. Cede un pilone fra San Cipirello e San Giuseppe Jato

Un pilone della strada veloce Palermo-Sciacca si e' inclinato. Per un tratto compreso fra San Giuseppe Jato e San Cipirello la strada e' stata chiusa al traffico,

Che dire ?

Eventi di questo tipo suscitano reazioni sdegnate in chiunque ne venga a conoscenza, ma spesso, le decisioni che si prendono, o le conclusioni a cui si giunge in seguito a queste reazioni è dettato più dall’emotività che non da un ragionamento razionale. 

Perchè avvengono simili sciagure? 

Contro chi puntare il dito? 

Chi deve assumersene la responsabilità? 
Come si può prevenirle?
Difficile trovare una risposta adeguata ad ogni interrogativo, anche perchè i sostenitori di una tesi molto spesso sono pronti a scartarne a priori qualsiasi altra.
Sicuramente una tesi accreditata in maniera quasi universale è che alla base di questi eventi c’è la corruzione, la speculazione, il famoso “magna-magna” che tuttavia non va assolutamente considerato “all’italiana” : questi problemi avvengono in tutto il mondo, comprese le realtà più avanzate al mondo, troppo spesso glorificate a sproposito (nel 2007 a Minneapolis, negli Stati Uniti, crollò di schianto un ponte ad otto corsie, causando nove morti). Per realizzare un’opera pubblica, grande o piccola che sia, lo Stato stanzia una quota che destinerà alla stessa ed in seguito incaricherà un’azienda specializzata nella realizzazione della stessa dopo una gara di appalti. Il percorso sembra lineare, ma in realtà nasconde molte insidie: 
chi è incaricato di stimare i costi? 
I preventivi delle aziende appaltatrici sono verificabili? 
Chi è incaricato di supervisionare il regolare svolgersi della prassi? 
La scelta dell’azienda appaltatrice avviene su basi oggettive? 
Anche in questo caso abbiamo una ridda di interrogativi. Come dirimerli? Da principio vanno ignorate quelle voci che parlano di “decrescita” (mai felice) o che si scagliano a prescindere contro qualsiasi grande opera (considerata sempre costosa, inutile, speculativa, dannosa per la natura, ecc…), ma che non alzano la voce contro le tante piccole opere che hanno causato l’attuale grave dissesto idrogeologico e le conseguenti tragedie.
Una cosa e' certa: la sfiducia nei confronti di chi ci governa ha raggiunto il colmo (ignoranti, corrotti, menefreghisti e spesso mascalzoni).

venerdì 27 novembre 2015

Con le immagini ... ... è più facile

L'Europa e l'accoglienza

Ci avevano fatto credere che l'accoglienza e le porte aperte
fossero i valori di fondo del vecchio continente.

Tutto invece è contingente, tutto è politica del momento,
compresa la guerra, da quello che pare

L'Italia, lo stivale che si allunga nel Mediterraneo, e la sua gente

Hanno detto ... ...

BIAGIO MARZO, politico
E poi si parla male di Putin: a Trieste sequestrati 800 fucili a pompa provenienti dalla Turchia e diretti in Belgio.

MAURIZIO GASPARRI, Vice-presidente senatori FI
Gianluigi Nuzzi, i documenti certo interessanti sono frutto di un furto o no?

GIANLUIGI NUZZI, giornalista
Vale quello che dice il capo di stato estero o l'Art.21 della Costituzione?l lei (rivolto a Gasparri) non e'deputato italiano?
L'ipotesi furto è decaduta e nessuno la contesta

PAOLO AMENTA, Vice presidente Anci-Sicilia
Il  2016 «potrebbe essere l'anno in cui i comuni siciliani andranno al dissesto»

MARCO COBIANCHI, giornalista
Guardate che la "guerra di civiltà" non è un auspicio, ma un modo, rivelatosi vero nel caso ucraino, di capire i motivi dei conflitti.

giovedì 26 novembre 2015

L'Occidente, il post-moderno della dimenticanza, gli altri --n.17--

L'Occidente e il nostro modo di essere: su questi aspetti proviamo a riflettere.

51) La linea di frattura fra concezioni differenti del mondo pare che passi -da secoli, da millenni- attraverso il Mediterraneo, attraverso i paesi del Medio Oriente. I paesi di quell'area rifiutano oggi l'esistenza di Israele, brandiscono il Corano e proclamano il loro antioccidentalismo.
L'analisi sui perchè non è affatto semplice. Tantissimi sono i perchè a cui siamo chiamati a dare risposte.

52) La frattura origina da motivazioni religiose ?
Come spiegare, in questa ipotesi, che si sia infranta l'unità della indivisa Chiesa cristiana ?
Come mai Costantinopoli (a molti piace dire Bisanzio), figlia della Grecia antica e dell'Impero Romano, è stata separata da Roma; circostanza che ha wnormemente facilitato le invasioni arabe del VII secolo e l'islamizzazione della parte meridionale ed orientale del Mediterraneo, lì dove il Cristianesimo è sorto ?
L'impero bizantino era un impero orientale oppure occidentale ? Questo grande assente dai libri di Storia dell'Occidente e che per oltre un millennio dalla caduta di Roma continuò a definirsi "Impero romano" e governando le aree del Medio Oriente a quale mondo bisogna ascriverlo ? Come mai è esistito questo Impero romano fino all'esordio dell'era moderna senza che sui nostri libri esista traccia della sua origine, sviluppo e declino ?
Come mai l'ellenismo abbia avuto più di un millennio di vita e noi in Occidente lo riteniamo (sui nostri libri) vissuto per due o tre secoli dopo Cristo ? Come mai il Cristianesimo nato nel seno dell'Impero Romano d'Oriente è sfociato nel sacco di Costantinopoli da parte dei crociati, benedetti dal Papa, nel 1204 ?
Perchè il Cristianesimo nato nel mondo "bizantino" ove rimase solido e saldo nei primi otto secoli è emigrato con i Franchi in Occidente acconsentendo che la terra di origine passasse all'Islam ?

Si, i perchè sono tanti. Ad essi noi occidentali rifiutiamo di dare risposte.
Gran parte delle risposte, lo sappiamo, stanno nella Roma papalina. 

La forza dell'immaginario

Articolo di Christine Angot (Repubblica e Le Monde, traduzione di Anna Bissanti ).
 L’autrice è una scrittrice francese tradotta anche in Italia. I suoi libri sono pubblicati da Guanda. ”Non è un caso se gli assassini hanno preso di mira il Bataclan: da sempre i totalitarismi non riescono a concepire un mondo “altro”, parallelo a quello reale. Da Shakespeare agli Eagles of Death Metal”
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“”Nel 1822 va in scena a Baltimora una rappresentazione dell’Otello di Shakespeare. A un soldato è chiesto di stare di guardia in sala e di vigilare sul buon andamento delle cose, come farebbe una sentinella. Questa è una storia vera. E ci è stata raccontata da Stendhal. Il soldato ha con sé un fucile e sorveglia la sala. È là per quello, è il suo lavoro. Nel frattempo, segue la rappresentazione. Quando Otello, pazzo di gelosia, si scaglia su Desdemona, il soldato afferra il fucile e spara. Un uomo nero si è lanciato addosso a una donna bianca: il soldato ha con sé il fucile, è questione di un attimo, afferra l’arma, fa fuoco sull’attore in scena, l’attore resta ferito, la pallottola sparata è vera. L’attore non muore, ma resta ferito. Da noi è accaduta la stessa cosa, ma su più ampia scala e con premeditazione. Venerdì 13 novembre al Bataclan c’era il concerto degli Eagles of Death Metal. Stavano suonando quando i soldati di Daesh hanno aperto il fuoco. Come se la musica metal rischiasse di trafiggerli, come se al Bataclan la scena non fosse musicale e immaginaria, ma reale. Nello stesso modo in cui i vignettisti di Charlie stavano disegnando quando i fratelli Kouachi hanno aperto il fuoco.
La civiltà è una linea. Una piccola linea invisibile e sottilissima. È una linea che separa il reale e l’irreale, il reale e l’immaginario, lo spazio reale e lo spazio inventato. In altre parole, è l’idea che non esiste un unico spazio, reale, totalitario, ma che accanto ne esiste un altro, che non segue le stesse regole. È uno spazio inoffensivo, irreale, che non pretende di esercitare i suoi poteri sul serio, ma che vuole rappresentare, dire e interpretare il reale in uno spazio, una scena, una vignetta, una pagina, una tela, un museo separati e distinti. Quando l’attore che interpreta Otello mette in scena l’efferata gelosia, non si è nel reale, ma vi si assiste tramite un processo paradossale e contrario. E, quando lo si vede, si tengono meglio a freno le nostre pulsioni violente. La civiltà è questo: è vedere il reale grazie a un processo che la capovolge e che la rende visibile rovesciando nelle nostre teste l’immaginario. Questo processo capovolto è la linea. E, quando non la si conosce, quando non la si distingue, quando non la si vuole vedere, non si riescono a distinguere i due spazi e si esce dalla civiltà.
Il problema che gli spiriti totalitari hanno con l’irreale e il suo spazio è che esso non ha potere e non si cura di averlo. L’irreale non è interessato al potere reale e questo, per il soldato di Baltimora o i jihadisti, è inconcepibile. Che si possa fare qualcosa per niente, solo per mostrare quel che si è, senza esercitare un potere sulle cose; che un attore voglia interpretare Otello senza voler essere padrone della sua donna e assassinarla, è incomprensibile. Loro non fanno niente per niente. Provano orrore all’idea di immaginare che si possa essere niente, non volere nulla di speciale fuorché starsene seduti sulla terrasse a bere, a fumare. Per loro, non soltanto tutto ciò non esiste, ma non deve nemmeno esistere. È indispensabile che TUTTO sia reale. Questo significa essere totalitari. È indispensabile che TUTTO sia reale affinché TUTTO sia sotto controllo. Orbene, vi è una linea, irreale, dietro la quale nulla è sotto controllo come dovrebbe, e questo per loro non è concepibile.
Mia cugina Valérie, che abita a Châteauroux, all’indomani della sparatoria mi ha scritto: «Dopo quello che è accaduto a Parigi, dimmi soltanto se state bene». Le ho risposto: «Sì, Charly e io eravamo in casa. Oggi io sarei dovuta andare alla Maison de la poésie per una lettura pubblica, ma ogni cosa a Parigi deve restare chiusa. È terribile». Lei: «Sì, lo so. E fa paura». Io: «Non si deve avere paura. Perderanno. Faranno tanto male, ma perderanno». E lei: «Non possono dominare il mondo e strappare via ciò che la gente ha nel cuore».
A mezzogiorno Daesh ha rivendicato l’attentato. Mi sono ripetuta la frase di mia cugina: «Non possono dominare il mondo e strappare via ciò che la gente ha nel cuore». Alle 14 in televisione un filosofo ha detto: «L’Islam è compatibile con la Repubblica. Il problema non è l’Islam, ma i terroristi». È stato qualcosa di inascoltabile. Come se nel 1942 si fosse detto: «I tedeschi sono persone perbene, persone fantastiche, che adorano la grande musica. Il problema non sono i tedeschi, ma i nazisti ». E stato inascoltabile. Le identità non esistono. Smettiamola. Non siamo niente. Non siamo musulmani. Non siamo ebrei. Non siamo cattolici. Non siamo bianchi. Non siamo uomini. Non siamo donne. Siamo una squadra. E la nostra è la squadra francese.”"


CONOSCERE CONTESSA 4: notizie su eventi periodo1921 - 1940 ... ... di Calgero Ravitta

La cronologia degli eventi locali del periodo 1921 - 1940, recentemente pubblicato da "IlContessioto", è stata messa a disposizione dei lettori come strumento utile per stimolare, con le fonti che ciascuno ha a disposizione, l'approfondimento degli argomenti di particolare interesse. 
Di seguito sono brevemente riportati testi e fonti utili a tal scopo, già in parte pubblicati da "IlContessioto", "L'Araldo" e Associazione Culturale "Nicolò Chetta", testi disponibili per la consultazione presso la sede del Centro Culturale Parrocchiale (tra parentesi titolo del documento da consultare).
Nel periodo preso in considerazione merita un'attenzione particolare sia l'istituzione nel 1937 dell'Eparchia di Piana degli Albanesi (parecchi i testi del "IlContessioto" già pubblicati), sotto la cui giurisdizione vengono posti i fedeli contessioti di rito bizantino, sia papas Michele Lojacono, parroco greco a Contessa dal 1932 al 1942, protagonista, a Contessa e nell'ambito della nuova eparchia, in campo religioso, culturale e sociale, come emerge dalle varie testimonianze documentate dai testi di seguito riportati.

(Estratto da "Personaggi contessioti noti 
e meno noti" di Calogero Raviotta)
"Nato a Contessa Entellina il 15 aprile 1907, papas Michele Lojacono matura la vocazione sacerdotale durante gli studi ginnasiali all’Istituto Salesiano “Don Bosco” di Palermo, ma il suo forte attaccamento al rito greco-bizantino lo porta a compiere gli studi e la  sua formazione al Pontificio Seminario “Benedetto XV”, presso la Badia Greca di Grottaferrata, e quindi al Pontificio Collegio Greco “S. Atanasio” di Roma. 
La rivista Biga fu diretta
da Papàs Lino LoJacono
Conseguita la laurea in Teologia, Lettere e Filosofia é ordinato sacerdote il 21 novembre 1929.
Per due anni insegna materie classiche al Seminario arcivescovile di Monreale e diventa punto di riferimento umano, morale e spirituale per molti che lo conoscono come zelante parroco e sacerdote, prima a Contessa (dal 1932) e poi a Palermo (dal 1942). Alcuni lo ricordano anche per le doti culturali: le sue pubblicazioni, sono note in Italia ed all’estero. 
Il suo impegno culturale più importante é il bollettino italo-greco-albanese “Biga”, da lui fondato, diretto e  e pubblicato per circa dieci anni  dal 1947, periodico di cultura finalizzata alla diffusione delle notizie riguardanti la diocesi bizantina di Piana degli Albanesi e le  problematiche inerenti le comunità albanesi di rito greco-bizantino residenti in Italia. 
Come sacerdote e uomo di cultura é anche impegnato nella promozione di incontri ecumenici, organizzati nella prospettiva di riunione della Chiesa Cattolica con le Chiese Orientali. Una personalità  forte e mite nello stesso tempo, di cui tutti apprezzano il sacerdote, l’uomo e lo studios. 
Papas Lino Lojacono é morto Il 22 febbraio 1957 a Palermo.

(Estratto dall'articolo "Contessa Entellina nei suoi dintorni 
e nel suo maggior tempio", 
dell’avv. Raimondo Piazza di Mussomeli, 
pubblicato sul n. 34 de “L’ORA”)
“Ponendo piede in Contessa Entellina, quel paese che sembra avergli dato la Natura tutta la sua bellezza e tutto il suo fascino, ci trasportiamo con la nostra fantasia ad otto chilometri circa da quest’abitato sopra la sommità di un monte, relativamente pianeggiante, ove vuolsi sorgesse Entella, quella città che oggi soltanto vive in una  storia nebulosa e che diede a Contessa il suo orgoglioso attributo…………. 
Ritornando dopo appena un anno a Contessa, noi troviamo il suo maggior tempio, che lasciammo nell’ultima nostra visita nel fervore dei restauri, palpitante nel culto, splendente nelle sue decorazioni. Il candore dei suoi stucchi, il ritocco delle sue pitture murali, l’artistico altare bizantino, che ha ridato a quel tempio il suo vero aspetto di chiesa greco-bizantina, il luccichio dei marmi, tutto ci porta a rendere omaggio a tre munifici cittadini di Contessa, i fratelli Giuseppe, Felice e Luca Vaccaro, di questi ora soltanto i primi due viventi, che hanno dimostrato con le più generose elargizioni come si ama il proprio paese natio, benché da tanti anni loro si trovino nella lontana America.
Quando quel tempio, nel 1924, minacciava rovina e le sue condizioni statiche rappresentavano un continuo pericolo,  una Commissione di contessioti si costituì pure in America, per raccogliere i fondi necessari per i restauri al primo tempio del luogo, tanto caro al proprio cuore. Sentì questa Commissione il bisogno di chiedere il suo obolo ai tre fratelli, conoscendo le loro floridissime condizioni economiche; ma grande fu la sorpresa, quando questi tre contessioti proibirono qualsiasi raccolta, assumendo loro la spesa non indifferente di tutti i restauri della Madre Chiesa del loro paese natio. Più di L.300.000 hanno rimesso sin oggi e in varie riprese, quei generosi figli di Contessa ed oggi quel tempio é della loro munificenza e del loro sentimento di patria il più grande e splendido monumento.
Nell’attività del culto nulla fa difetto in quella chiesa. 
Il parroco papas Michele Lo Iacono, alla sua profonda cultura accoppia pure una fattività mirabile, una dedizione completa a quel tempio, che sa di tante sue fatiche, acciocché potesse quel sacro luogo essere la suprema espressione di quel rito elevato da Papa Pio XI alla sua antica dignità.
Noi, lasciando Contessa, portiamo di questa colonia albanese il fascino del suo sorriso, il ricordo più bello di un tempio, dovuto alla immensa generosità dei fratelli Vaccaro.”

(Estratto dagli Atti "60° anniversario di istituzione 
dell'Eparchia di Piana degli Albanesi e del 
Monastero Esarchico di S. Maria di Grottaferrata: 
testimonianze e contributi dei contessioti 
nelle due istituzioni").    
Papas Michele Lojacono (nei ricordi di Leonardo Lala

Tutti, nel ciclo delle ventiquattro ore, abbiamo dei momenti di meditazione. Specialmente la sera, quando si conclude la nostra attività giornaliera, la nostra mente, libera da quei problemi immediati diurni, dà libero sfogo alla nostra immaginazione di porsi in attività: vediamo sfilare come su uno schermo  cinematografico tutta la nostra vita percorsa.
Papàs Lino LoJacono
fu Parroco a Contessa Entellina
e
nella Chiesa della Martorana
a Palermo
Vediamo, al lume della nostra immaginazione, cose e persone con cui abbiamo avuto dimestichezza e contatto, i quali hanno lasciato nel nostro animo delle tracce indelebili. Quel tratto di strada del cammino della nostra vita, che noi vediamo più volentieri, anche se con un po'  di rimpianto, su quello schermo, é quel tratto di strada della nostra vita che abbiamo percorso frequentando la scuola. Vediamo ancora come era disposta e composta la casa, quei banchi, la figura della nostra maestra o maestro, i nostri compagni e compagne di scuola.
Ogni volta che mi ritornano in mente i ricordi di scuola fra tutte le figure sopra citate, compagni e compagne, maestro e maestra, che si pongono dinanzi la mia immaginazione, la prima che si pone in modo imponente é la figura di Lino Lojacono.
Lo ricordo così: di fisico esile, pallido in viso, altezza un po più dell'età, busto un po curvo (piccola deformazione scomparsa all'età adulta). L'espressione pura e limpida dello sguardo. Nell'inverno coperto con una mantellina grigio-verde. Ricordo che con Lino siamo stati compagni di scuola per tre anni: seconda, terza e quarta elementare. Allora non vi erano scuole medie. Allora la Sorbona di Contessa era composta  dalla 1a, 2a, 3a e 4a elementare.
Se io dovessi tracciare una descrizione dettagliata riguardo le qualità psichiche, morali e spirituali che manifestava Lino, durante il periodo che fummo compagni di scuola non ci riuscirei; un pò perché non ho una cultura adeguata a svolgere tale compito ed un po perché non sempre si trovano in qualunque lingua parole adatte a descrivere argomenti che trattano la vita dello spirito umano, questo soffio divino da Dio inserito nell'uomo. Prima di tutto di Lino devo dire che ogni anno scolastico era uno dei migliori della classe, dei più bravi. Mostrava tanta intelligenza, memoria e tanta volontà di studiare. Mai da Lino si udivano espressioni volgari, mai parole di offesa e di disprezzo, ma sempre un modo di parlare puro, comprensivo e rispettoso. Mostrava un animo buono ed una raffinata educazione. Mai prendeva parte a discussioni poco puri, come spesso avviene in comitiva, fra maschietti.
Lino mostrava da quell'età la vocazione verso la purezza del sacerdozio, alla continenza, al misticismo. Una vocazione innata, congenita, non acquisita. Vocazione che manifestava preferendo nelle discussioni parlare di religione, vita di santi, loro miracoli. Ricordo Lino con quanto amore e devozione componeva delle piccole poesie in onore ai santi, specialmente della Madonna per la quale mostrava una particolare devozione. Formava tante copie di canti religiosi e ce le distribuiva, fra tanti ricordo  in onore della Madonna: "Verrò a trovarti un dì".
La perfetta formazione educativa e conseguente vocazione sacerdotale di Lino, senza dubbio fu tutta opera della mamma. Donna dotata di eccezionali virtù. Questa mamma che ha saputo imprimere nella mente e nel cuore di questo figlio, in un modo così incisivo, questi sentimenti così elevati che hanno dato così abbondanti frutti con conseguente vocazione alla spirituale méta eccelsa del sacerdozio, méta posta al di sopra della corrotta e corruttrice materia, dove i tarli non raggiungono a corrodere. La memoria di questa mamma merita di essere posta ad esempio a tutte le mamme.
Riguardo alla scelta al sacerdozio nel Vangelo sta scritto: "non voi avete scelto me ma io ho scelto voi". Se é sempre il Divino Maestro che sceglie i suoi Ministri, scegliendo Lino come sacerdote il Divino Maestro non poteva fare altra scelta migliore. Andò incontro ad una sentita vocazione ed ad una adeguata preparazione psichica, morale e spirituale che lo rendevano degno di essere elevato alla massima dignità del sacerdozio.
Da destra Mons. Giuseppe Perniciaro, il Cardinale Ernesto
Ruffini, il Cardinale Eugène Tisserant, Mons. Francesco
Carpino, Papàs Lino LoJacno.
La foto si riferisce alla ricorrenza di
insediamento di Papàs Lino LoJacono a
primo Parroco della Chiesa della Martorana
Riguardo alla fase della vita di Lino Lojacono, diventato Papas e poi promosso parroco della chiesa greca ho poco da aggiungere perché salvo i giovanissimi, tutti l'hanno conosciuto, tutti l'hanno udito predicare con quella voce possente, intellettualmente molto preparato da una vasta cultura. Hanno udito e goduto del paradisiaco godimento spirituale che emanava la sua melodiosa voce nei solenni e armoniosi canti della liturgia del rito greco-bizantino.
Molti hanno letto la Biga, periodico molto istruttivo che papas Lino curava con tanto amore. Hanno fatto parte dell'Azione Cattolica che papas Lino organizzò con tanto impegno. Hanno affluito, in modo massiccio, nella Settimana Santa, anche se di rito latino, nella chiesa greca per il precetto pasquale, attratti dall'accoglienza premurosa del parroco Lino.
Papas Lino fu uno di quegli uomini che anche dopo hanno lasciato una scia luminosa nel cammino della vita da loro percorso. Fu un uomo con una carica di umanità, di animo buono, comprensivo, amico con tutti, era  un perfetto  psicologo, conosceva  a  fondo  l'animo umano, per chi si trovava in difficoltà e si rivolgeva a lui era sempre pronto. Papas Lino fu un buon Pastore di anime, un sacerdote  che svolse il suo apostolato in modo attivo ed instancabile. Allora l'immatura scomparsa di papas Michele Lojacono fu una perdita per tutti, ma per il clero di rito greco, composto, sempre da un esiguo numero di sacerdoti, perdere un sacerdote della portata intellettuale e morale di papas Michele Lojacono, si può definire che fu uno strappo lacerante.
Papas Michele Lojacono ha prodigato per circa due lustri le attività del sacerdozio per la santificazione ed il bene spirituale dei suoi compaesani di Contessa Entellina e per altri tredici anni in favore della numerosa comunità di rito bizantino della parrocchia greca di Palermo, lasciando in tutti il rimpianto per la sua immatura scomparsa e per la perdita di un pastore ricco di doni più rari di mente e di cuore. 
Lumë çë Ti ke sglerur dhe  çë ke pritur mirë, o Zot. Kujtimi i Tij qëndron për gjinde pas gjinde.

(Estratto dagli Atti "60° anniversario di istituzione 
dell'Eparchia di Piana degli Albanesi e del 
Monastero Esarchico di S. Maria di Grottaferrata: 
testimonianze e contributi dei contessioti 
nelle due istituzioni").  
Ricordo di papas Michele Lojacono 
(Relazione svolta dal nipote prof. Antonio Castello).

Il mio ricordo di papas Michele Lo Jacono, fratello di mia madre, parte dal 22 febbraio 1957: quel giorno Egli arrivava in paradiso, concludendo la sua intensa esistenza terrena ed il suo ministero sacerdotale.
Il mio ricordo inizia da lì perché io ero accanto a lui, testimone di un passaggio sereno, consapevole di una vita dedicata al bene, alla giustizia, agli uomini, a Dio.
Noi familiari fummo convinti che avevamo subito una grandissima, incolmabile perdita e comprendemmo ben presto che papas Lino aveva lasciato un vuoto affettivo in moltissime persone, che in lui avevano trovato un punto di riferimento umano, morale e spirituale.
Ancora oggi moltissimi palermitani conservano vivo il ricordo di papas Lino, il parroco della Martorana.
Alcuni lo ricordano per le doti culturali: a distanza di anni, qualche docente universitario contatta mia madre o la famiglia per ricerche bibliografiche. Qualche anno addietro anche un professore della Università di Copenaghen cercava papas Lo Jacono per una sua recensione, a contenuto storico, che aveva trovato citata in una bibliografia. Sue pubblicazioni sono conservate ancor oggi presso la biblioteca della Università greca di Salonicco.
Contessa Entellina:
La sorella Vita e la
cognata Rosetta di
Papàs Lino LoJacono.
Accanto a loro il Sindaco N. Cuccia
e Leonardo Lala.
L'occasione è l'inaugurazione
di una mostra fotografica in
onore di Papàs Lino, di cui
era nota la passione per la
fotografia
Mi intratterrò brevemente su tre aspetti, che ritengo caratterizzanti della sua personalità  e che in lui convivevano armonicamente: l’aspetto pastorale e sacerdotale, quello umano  e quello dell’uomo di cultura.
Maturò la vocazione sacerdotale durante gli studi ginnasiali all’Istituto Salesiano “Don Bosco”, a Palermo, ma il suo forte attaccamento al rito greco-bizantino lo portò a compiere gli studi e la  sua formazione al Pontificio Seminario “Benedetto XV”, presso la Badia Greca di Grottaferrata, e quindi al Pontificio Collegio Greco “S. Atanasio” di Roma. Si laureò in Teologia, Lettere e Filosofia. Fu ordinato sacerdote il 21 novembre 1929. Per due anni insegnò materie classiche al Seminario arcivescovile di Monreale.
La figura di papas Michele Lo Jacono, parroco a Contessa Entellina, é molto bene  stigmatizzata e viva nel ricordo, che di Lui ha fatto il Suo amico d’infanzia e compagno di scuola di Contessa Leonardo Lala.
La sua operosità, per la diffusione della cultura e per la comunità italo-greco-albanese, emerge anche dal suo impegno presso le autorità vaticane e locali per fare riaprire al culto la chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, detta “La Martorana”, di cui veniva nominato parroco nel 1942, ottenendo in questo modo, anche per i cattolici di rito greco-bizantino residenti a Palermo, di avere  la propria Parrocchia.
Molti fedeli ricordano l’aiuto avuto da papas Lino durante la guerra ed i bombardamenti a Palermo.
Nel dopo-guerra, per qualche anno fu insegnante di latino e greco al liceo “Umberto” di Palermo.
Abbandonò presto l’insegnamento per dedicare tutte le proprie energie all’attività pastorale nella chiesa della Martorana: i miei ricordi di infanzia mi riportano alla mente le innumerevoli visite che Egli riceveva da parte di persone di tutti i ceti sociali e di tutte le culture: dopo un povero entrava una persona di alto rango o un profugo o un gruppo di fedeli greci o albanesi, che si trovavano in Italia e si intrattenevano con Lui per molte ore.
A volte lo “zio Lino”, così lo chiamavamo noi nipoti in famiglia, aveva bisogno di silenzio perché era in riunione con professori francesi o olandesi o col professor Lavagnini, Ordinario di Greco presso il nostro Ateneo e Suo grande amico.
Tutte le ricorrenze liturgiche erano affollatissime e una delle cose che più mi colpiva era la serietà, la devozione e lo spirito col quale i fedeli partecipavano al culto. E  poi, dopo le funzioni, gli incontri personali, gli scambi di gesti, di saluti, l’impegno per un incontro personale con padre Parroco, per il giorno successivo.
Gli esorcismi: non rifiutava il suo aiuto  a nessuno. Stress, tensione umana e spirituale, disponibilità spinta al massimo delle capacità umane e dei compiti pastorali.
Uno degli impegni di maggiore rilievo, durante la sua vita alla chiesa della “Martorana”, fu la fondazione del bollettino italo-greco-albanese “Biga”, pubblicato per una decina di anni, rivista di cultura mirata alla diffusione delle notizie riguardanti la diocesi bizantina di Piana degli Albanesi e le  problematiche inerenti le comunità albanesi di rito greco-bizantino residenti in Italia. Nella rivista pubblicò anche una grammatica della lingua albanese. Questi aspetti della Sua promozione culturale lo impegnarono molto spesso in incontri ecumenici, organizzati nella prospettiva di riunione della Chiesa Cattolica con le Chiese Orientali, processo ancora oggi in corso e piena evoluzione.
La carica di Archimandrita, che egli ricevette qualche anno prima della sua ricongiunzione con Cristo, non modificò per nulla il suo impegno pastorale e sacerdotale, che si sforzò di proseguire con la medesima costanza anche quando stanchezza, sofferenza fisica della malattia ed energie cominciavano ad ostacolarlo sempre più seriamente.
Mi colpisce la memoria il rapporto che aveva con la sua santa mamma, quando gli ricordava la necessità di riposarsi: “cara mamma, é solo il mio dovere che sto compiendo”. Un rapporto figlio-madre di tipo evangelico.
Ricordo ancora la vera gioia che lo pervadeva ogni qualvolta che lo veniva a trovare un suo confratello: papas Janni Di Maggio, papas Matteo Sciambra, papas Damiano Como, papas Francesco Vecchio e tanti e tanti altri ancora.
Grande e fraterna era poi la Sua amicizia con monsignor Giuseppe Perniciaro, vescovo di Piana degli Albanesi, del quale era strettissimo collaboratore.
Questa estate mia madre mi ha prestato un diario di papas Lino, con ricordi della sua vita di seminarista a Roma, ed é con uno dei suoi pensieri che mi piace terminare questo ricordo:
“non voglio essere un buon sacerdote ma un santo sacerdote”.
Erano già tracciati allora, nella profondità della Sua anima, il senso della Sua cristianità e il Suo credo spirituale, che poi diverranno l’essenza del Suo carisma sacerdotale.


Hanno detto ... ...

GIANLUIGI NUZZI, giornalista
Il process ai giornalisti è espressione di una Chiesa oscurantista che non ha riscontro nel messaggi di rivoluzione dolce che il Papa manda ogni giorno. Mi attendo di essere prosciolto, non ho commesso alcun reato. Ho fatto solo un'inchiesta, non c'è una sola parola contro la fede o la Chiesa.

Del rinvio a giudizio ho saputo solo sabato mattina alle 10,30. Mi hanno comunicato la nomina di un avvocato d'ufficio che h conosciuto stamattina per la prima volta. Stamattina ho potuto sfogliare gli atti del processo.
In Italia abbiamo una giustizia diversa, io più che lenta o veloce vorrei che la giustizia tutelasse il diritto alla difesa.
Mi è stato vietato di avere le copie del processo. Di fatto non ho accesso degli atti di accusa. Ho chiesto al Presidente della Corte di Appello d potere nominare come mio difensore il mio avvocato, Caterina Malavenda. Mi è stato rifiutato. Tutto questo non mi impedirà di assistere al processo.  

Ho fatto il mio lavoro e sfido qualunque giornalista al mondo, avendo la possibilità di visionare migliaia di documenti  a non averli pubblicati. Un giornalista quando ha una notizia la pubblica., se la tiene nel cassetto fa un lavoro diverso.

Anton Blok. Un giovane ventenne ci ha chiesto chi è questo antropologo olandese che conosce tanto bene Contessa Entellina

L'Amministrazione Comunale
potrebbe invitarlo: egli è infatti 
cittadino onorario di Contessa Entellina
Il prof. Anton Blok è un antropologo olandese (è nato ad Amsterdam  nel 1935). 
La sua tesi di laurea è stata  frutto di ricerche sul campo; ricerche condotte nei primi anni sessanta a Contessa Entellina. 
Ultimati gli studi universitari, ha intrapreso la carriera accademica e negli anni a seguire ha insegnato non solo in patria ma anche in prestigiose università estere: è stato infatti docente all'università del Michigan dal 1972 al 1973, dopodiché passò a Berkeley
Oggi è professore emerito di Antropologia culturale all’Università di Amsterdam.
E' autore di diverse pubblicazioni conosciute in tutto il mondo: dagli Stati Uniti, all'Australia, dal Canadà alla Germania, dalla Gran Bretata all'Italia; tra tutte The mafia of a sicilian village, 1860-1960 – A study of violent peasant entrepreneurs (1974), edito in Italia da Einaudi con il titolo La mafia di un villaggio siciliano 1860-1960 – Imprenditori, contadini, violenti (1986). 
Il libro, riadattamento della tesi di laurea, ossia dalla ricerca sul campo condotta per qualche anno qui, a Contessa Entellina è stato il primo esempio di indagine antropologica della mafia ed è centrato non tanto sugli aspetti criminali e giudiziari del fenomeno quanto sui comportamenti nella vita quotidiana e sulle complesse dinamiche di potere, ha costituito uno dei punti di riferimento più nuovi e significativi nell'ambito degli studi sul Mezzogiorno contemporaneo. 
 Prende in esame la mafia di un villaggio siciliano, non è difficile capire quale, dal 1860 al 1960. 
La genesi e lo sviluppo della mafia vengono inquadrate nel processo di formazione dello Stato unitario con l'arrivo dei garibaldini.

Sul finire degli anni novanta il Sindaco Piero Cuccia ed il Consiglio Comunale di Contessa Entellina gli hanno conferito la cittadinanza onoraria per la sua meritoria ricerca condotta sul nostro territorio e che ha costituito e costituisce ancora ai nostri giorni un punto di riferimento per gli studi sulla materia. Il suo testo ed il suo approccio culturale è infatti richiamato in tutte le facoltà universitarie dell'Occidente nel campo sciale, economico e politico.
Blok  ha pubblicato molti altri libri e dispense fra cui è molto conosciuto Honour and violence (2001).
Egli è spesso in giro per il mondo, invitato a tenere Conferenze e Convegni sulle tematiche di Antropologia Culturale. 

Stupisce che l'unico cittadino di Contessa Entellina conosciuto praticamente da tutte le Università del pianeta non venga da anni invitato a Contessa Entellina, a riflettere con noi contessioti, sul fenomeno da lui studiato proprio qui, fra noi.

Piero Cuccia lo invitò, gli conferì la cittadinanza onoraria, organizzò sia nell'Aula Consiliare che nella Sala Rai  interessanti momenti culturali a cui parteciparono famosi studiosi dell'Università di Palermo (fra cui il prof. Renda) e di altre Università, politici nazionali e regionali, uomini di cultura e cittadini comuni.            

Ci chiediamo: 
riflettere sul nostro modo di vedere il mondo è qualcosa che devono fare solamente i cittadini onorari della nostra cittadina in giro per il mondo oppure potrebbe essere utile -per le generazioni più recenti soprattutto- invitare nuovamente fra noi il prof. Anton Blok e ascoltare da lui cosa egli ha capito cinquant'anni fà della nostra comunità che noi non abbiamo forse sufficientemente percepito ?

Nostro augurio è che l'Amministrazione Comunale non abbia ritrosie a proseguire sulla scia di Piero Cuccia, che in questo aspetto formativo-culturale su un fenomeno, la Mafia, che caratterizza la nostra Sicilia, ha fatto ciò che altri non avevano fatto.
Riflettere e dibattere non ha mai fatto male a nessuno.