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giovedì 14 gennaio 2021

Tempi passati. Sfogliamo un libro scritto da un siciliano (4)

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  Dante 

  L'aspirazione di Dante è simmetrica. Nell'armonia delle parti, congiunta con l'assolutezza e l'eternità dell'insieme, egli trova la vendetta alla miseria e dispersione della sua esistenza particolare.

  Si può interpretare la potenza ora acquisita da Dante come il risultato di uno sforzo volontaristico contro le inclinazioni naturali dello spirito. Ma più esattamente è un ritorno alla vera e più profonda natura nascosta del suo spirito: come se avesse rotto il ghiaccio  dell'infanzia e della giovinezza repressa, e avesse visto gonfiarsi all'improvviso il torrente della sua forza creatrice. Se avesse seguito senza freni l'impulso della sua violenza innata o acquisita, sarebbe diventato un eretico o un ribelle, un nemico dichiarato di tutte le istituzione stabiliye, dello Stato e della Chiesa. Se fosse stato un vero uomo d'azione, la sua vera vocazione sarebbe stata quella di fondare una nuova setta e una libera comunità, o di unirsi, ad esempio ai Fratelli Apostolici e al loro capo. Fra Dolcino, che predicava e praticava nell'Italia settentrionale, un comunismo evangelico  integrale, molto più rivoluzionario di tutte le altre sette rivoluzionarie che si susseguivano nei secoli successivi.

 

  Ma Dante non s'unì a costoro. Egli preparò invece per Fra Dolcino una assai incomoda dimora al centro del suo Inferno fantastico, dove lo spirito del magnanimo frate avrebbe dovuto dirigersi dopo bruciate le carni sul rogo di Vercelli. Quanto a lui Dante, egli non fu bruciato nè dai fiorentini, nè dal Papa. Come dichiara compiaciuto in altra occasione, egli usò sempre del corpo che gli era stato dato senza pericolo; e morì a Ravenna nel suo letto, con la  benedizione della religione dei suoi padri e fra le lacrine dei figli e dei signori che lo ospitavano.

  Non era effetto di ipocrisia o di timore. L'ortodossia e il conformismo, quei due primi compagni del suo io intellettuale, lo accompagnarono nell'esilio ed egli mai li abbandonò;  soltanto essi divennero un richiamo diverso e più profondo. Era ormai privato di tutto, non poteva abbandonare la sola speranza di salvezza che gli restasse, che era il suo genio per la simmetria, la compattezza della sua vita interiore. Se avesse abbracciato l'eresia di Fra Dolcino o di qualunque altro riformatore, si sarebbe frantumato di dentro. Eresia, scisma, significano letteralmente separazione e a Danye era invece necessaria l'unità, l'umanità.

  In un luogo dell'Inferno egli creò il più sorprendente e moderno dei miti, il mito di Ulisse vecchio che per puro amore dell'avventura intellettuale, per fame di conoscenza,  strappa il consenso dei suoi pochi compagni  anziani e stanchi al disperato viaggio verso l'ignoto. Battendo i remi essi forzano le colonne d'Ercole, la terribile porta proibita del mistero, e dopo cinque mesi di navigazione verso occidente sull'oceano deserto annegano tutti sotto un'onda  sorta da una nuova terra inattesamente veduta: benedetti, nonostante le fiamme dell'Inferno, nell'eterno ricordo della loro benemerenza spirituale.

  Dante seppe creare quel mito, e seppe anche rappresentare una mezza dozzina di esseri infernali che sdegnano Cielo e Inferno pure frammezzo alle loro torture, e sollevano il capo, e agitano i pugni contro il creduto onnipotente; minacciando la piena validità dell'universo altrimenti riconosciuta. Ma egli non piegava a simili tentazioni; egli non intendfeva vivere e morire a somiglianza del suo titanico Ulisse. La furia del suo incatenato Titano rimane come un basso gemito echeggiante nelle viscere della terra, non propriamente pericoloso. Dante può anche dimenticarsene, e non sentirsene scosso nell'aereo castello che costruisce a se stesso fra terra e cielo.

   La stabilità di quel castello è adamantina, fondata com'è su quattro pilastri che pongono un limite assai più delle colonne d'Ercole. Uno dei pilastri è Amore,; il secondo Ragione; il terzo Autorità; il quarto Fede.

  La sintesi della personalità e dell'esperienza di Dante è una fuga insuperata per dirittura e risolutezza, dall'assoluto fallimento nella vita reale all'assoluto compimento nel sogno.

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