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mercoledì 16 settembre 2020

Referendum. Cento nomi del mondo della cultura dicono NO

Riportiamo dal settimanale L'Espresso le prese di posizione in vista del referendum di domenica prossima, di personaggi del mondo accademico,  delle associazioni, di giuristi e scrittori, di uomini del cinema e della musica. Tutti prendono posizione contro il taglio dei parlamentari, per la difesa della Costituzione e dalle bugie dei demagoghi, 

***

Chiara Saraceno
(sociologa e filosofa)
«Mi sembra una soluzione confusa, non particolarmente efficiente. L’equilibrio tra Camera e Senato non è risolto, la riforma è inutile e rischiosa, e i partiti la stanno utilizzando in maniera non propria».

Maurizio De Giovanni
(scrittore e sceneggiatore)
«Il taglio sarebbe un gravissimo problema per la nostra democrazia: siamo un Paese estremamente diversificato, e diminuire la rappresentanza - mantenendo questa legge elettorale - è un rischio soprattutto per il Meridione».

Franco Barbagallo
(storico e accademico)

«È una proposta populistica che lede l’ordito complesso della Costituzione italiana. È una misura demagogica».

Cecilia Strada
(ex-presidente di Emergency)

«Il mio è un No convinto perché se il problema è la qualità del Parlamento bisogna votare meglio, non votare meno».

Franco Arminio
(poeta, scrittore e regista)
«Non è questo il modo di risolvere i problemi del Parlamento, anzi: così le zone periferiche del nostro Paese - che io amo - perderanno ulteriore rappresentanza. Piuttosto, aumenterei la loro, di rappresentanza, con ulteriori parlamentari».

Max Casacci
(chitarrista, produttore e fondatore dei Subsonica)
«Dobbiamo evitare che si riducano gli spazi di rappresentanza di tanti mondi che danno sfaccettature e senso alla politica. Se riduciamo tutto a pochi capibastone, mutiliamo la democrazia stessa. E, in un mondo nel quale sempre più frequentemente le Democrazie, di semplificazione in semplificazione, tendono a trasformarsi in “Democrature”, credo di sapere da che parte stare».

Alberto Guidetti - Bebo
(artista musicale e fondatore de Lo Stato Sociale)
«Il dato di rappresentanza e delega democratica è da salvaguardare e non è pensabile usare strumentalmente un taglio con la scusa di un “risparmio” senza passare attraverso un processo di modifiche della legge elettorale».

Claudio Coccoluto
(dj)

«Se fosse stata una riforma ben definita e strutturata probabilmente ci avrei pensato, ma così - con solamente promesse di “correttivi” all’orizzonte, non mi fido. Il rischio è di fare una riforma a metà puramente demagogica».

Giorgio Battistelli
(compositore)

«Nel Paese c’è bisogno di pluralità, che con il taglio passerebbe in secondo piano. Non è questo il modo né il momento di tagliare i parlamentari».

Massimo Ghini
(attore)

«Il taglio è mostruoso: più potere in mano a pochi. Non sono stato d’accordo sin dall’inizio sul taglio dei parlamentari: sono cresciuto in una democrazia parlamentare e ritengo che il Parlamento sia il bene supremo. Quando i costituenti decisero il numero dei seggi, non lo fecero a casaccio. Si usciva dal totalitarismo e si volevano costruire una Camera dei deputati e un Senato con più voci. La nostra Costituzione è una delle migliori che siano state scritte, sono figlio di un partigiano e voglio ricordare la sofferenza che è costata».

Giuseppe Catozzella
(scrittore)

«Ci sono riforme da fare nella legge elettorale: il taglio dei parlamentari non è un’urgenza. Per me è una misura demagogica che diminuisce la rappresentanza del popolo in Parlamento».

Letizia Battaglia
(fotografa)

«Mi hanno rotto il cazzo con tutto questo moralismo di merda, riceviamo un sacco di soldi dall’Europa e li spendiamo male. Questa è solo una campagna elettorale: che i piccoli paesi e le cittadine minori abbiano una rappresentanza mi sembra più che importante».

Luca Ribuoli
(regista)

«Più c’è la possibilità di essere rappresentati, meglio è. Con tutti i problemi che abbiamo serve più gente, non meno. Non sono neanche d’accordo con la riduzione dello stipendio ai parlamentari: la politica troverebbe comunque il modo di assumere».

Otto Gabos
(fumettista)

«Prima serve una legge elettorale decente, poi si può pensare ai tagli. Così invece si rischia solo di esautorare ancora di più la funzione del Parlamento, resa già risibile negli ultimi anni. Secondo me anche la questione degli sprechi è marginale».

Sandro Veronesi
(scrittore)
«Dietro a questa proposta non c’è un criterio, non c’è una riforma. Il rischio è che si riduca solo la rappresentanza senza però ridurre i costi».

Silvia Ballestra
(scrittrice e traduttrice)

«Diminuirebbe la rappresentanza dei piccoli partiti e dei piccoli centri, che prima invece potevano esprimersi. Perché con meno parlamentari si diversifica meno il Parlamento».

Roberto Andò
(regista, sceneggiatore e scrittore)

«Mai come in questo momento non servono scorciatoie, totalmente pubblicitarie, che hanno uno scopo unicamente di propaganda. Rischiare di rompere il meccanismo lasciandolo sbilanciato è pericoloso».

Stefano Massini
(scrittore)

«Mi sbaglierò ma le riforme, quelle vere, dubito si facciano in fretta e furia abbassando con una sforbiciata i numeri della casta. Questa proposta mi pare redditizia sul piano della propaganda (“Li mandiamo a casa, meno pacchia, meno soldi, meno posti, meno tutto”), ma assai meno sul piano pratico. Insomma, qualcosa mi parla di una furbata, molto gradevole al palato ma meno al raziocinio».

Teresa Ciabatti
(scrittrice e sceneggiatrice)
«La riduzione dei parlamentari non mi sembra un’urgenza: credo che siano altre le priorità vere». 

Vincenzo Trione
(storico e critico d’arte)

«Una riforma del genere non ha senso senza un ripensamento generale del sistema, che andrebbe di conseguenza riequilibrato. Con dei collegi ampi si rischia invece di perdere la specificità dei Comuni». 

Elena Stancanelli
(scrittrice)

«È una riforma scellerata e non si fanno le riforme tagliando a caso deputati che sono già stati eletti». 

Emanuele Macaluso
(politico, sindacalista e giornalista)

«Bisogna contrapporsi all’anti-politica, perché i fautori del Sì e i 5 stelle hanno questo carattere. Il No è una rivalutazione della politica contro l’antipolitica».

Sabina Guzzanti
(comica, attrice e regista)

«Penso che il referendum non sia lo strumento adatto a riformare la Costituzione, che è un sistema complesso e ogni intervento ne implica altri affinché si mantengano gli equilibri istituzionali».

Francesca Chiavacci
(attivista, politica italiana e Presidente nazionale dell’Arci)

«Non credo nell’idea demagogica che questa riforma ci propone. Si tratta solo di una pericolosa contrazione della rappresentanza. La debolezza della nostra democrazia ha ragioni ben più profonde: i leaderismi, il populismi, pratiche oligarchiche nella selezione dei gruppi dirigenti. Ed è da lì che la politica dovrebbe ripartire per curarla e ricostruirla davvero».

Francesco Bruni
(sceneggiatore e regista)

«È una riforma demagogica: il risparmio è irrisorio e basterebbe ridurre lo stipendio dei parlamentari per ottenere lo stesso risultato. E non sono affatto convinto che resterebbero i migliori, ma solo i più garantiti».

Fabio Picchi
(chef e scrittore)

«La politica, come gli altri lavori - infermieri, vigili urbani -, deve essere pagata molto per mostrare la sua efficienza. “Ridurre” è una logica populista, che non tutela tutte le differenze che ci sono in Italia. Il numero dei Parlamentari non mi ha mai scandalizzato, semmai mi può scandalizzare la loro qualità».

Gene Gnocchi
(comico, conduttore televisivo e scrittore)

«Voto No per difendere il posto di lavoro dei miei colleghi comici che siedono in Parlamento».

Don Luigi Ciotti
(attivista e fondatore del Gruppo Abele e dell’Associazione Libera)

«Voto fermamente No perché sono altre le riforme istituzionali importanti e necessarie. I provvedimenti di questo tipo indeboliscono la nostra rappresentanza».

Melissa Panarello
(scrittrice)

«Se i tanti parlamentari che ci sono adesso lasciano molto a desiderare, mi chiedo di cosa possano essere capaci in pochi. È una questione di statistica, capisci? Se sono in tanti almeno aumentano le possibilità che qualche intelligenza spunti come un fiore nel deserto. Inoltre, le oligarchie non mi sono mai piaciute».

Dacia Maraini
(scrittrice)

«Non si tratta di quantità, ma di qualità: bisognerebbe insistere su di essa e far lavorare i Parlamentari di più e meglio».

Seguono ancora tantissime altre dichiarazioni
in favore del NO

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