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giovedì 10 settembre 2020

Contessa Entellina e Territorio. Flash su Santa Maria del Bosco (10)

  L'Abbazia di Santa Maria del Bosco di Calatamauro

ANTONINO G. MARCHESE

Provincia Regionale di Palermo


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Interventi e riforme attuati tra seconda metà del XVII e XVIII secolo; storia del monastero fino ai nostri giorni

1794
  Il complesso di S. Maria del Bosco è assegnato ai frati agostiniani del convento della Consolazione di Palermo (A. Schirò, 1894, p. 55; N. Arcadipane, S. Balletta, L. Miceli, 1991, p. 20);
    rifacimento, a spese degli agostiniani della seconda campana del campanile della nuova chiesa (A. Schirò, 1894. p. 55).

1818
  Antonio Manno dipinge l'immagine della Beatissima Vergine, inserita in una edicola ubicata di fronte al coro nel "Littorino" , e uno dei quadri  del Cappellone, ritraente "Agar col fanciullo Ismaele" (A. SWchirò, 1894, p. 54).

1844
  Il pittore Carini colorisce il quadro inserito nel Cappellone, ritraente la Madonna della Consolazione che porge la cintura a S. Monica, disegnato da Lo Forte; vengono restaurati dagli agostiniani gli stalli corali lignei, inseriti nel "Littorino" (A. Schirò, 1894, p. 50 e p. 54).

1856
  Il pittore napoletano Postiglione dipinge il quadro raffigurante la Sacra famiglia, per una delle cappelle della chiesa (A. Schirò, 1894. p. 50; A. G. Marchese, 2001. p. 45)-

1858
 Realizzazione di una nuova "quarte campana", a opera dei padri agostiniani (A. Schirò, 1894, p. 55).

1866
  A seguito della soppressione degli ordini monastici diversi elementi architettonici e opere d'arte del monastero vengono sottratte e trasferite in altro luogo (A. Schirò, 1894, p. 51) e l'intero complesso viene venduto a privati (A.G. Marchese, 1995, p. XXVI).

1968
  In conseguenza del terremoto due crolli due crolli distruggono la zona absidale e parte della fiancata occidentale della chiesa (A.G. Marchese, 1995, p. XXVI; F. Migliore, O. Terrana, 1997, p. 30).
G.L.
  *La redazione del presente registro è stata curata dalla dottoressa Giuseppina Leone, relativamente al primo e al terzo paragrafo, e dalla dottoressa Emanuela Garofalo, relativamente al secondo paragrafo.

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Riportiamo, dopo aver pubblicato la presentazione dell'allora (2006) presidente della Provincia, Francesco Musotto, quella dell'allora Vice-Presidente della Provincia, Giuseppe Colca.

PREMESSA
  Quella che è stata definita la "Montecassino della Sicilia", ossia l'Abbazia benedettino-olivetana di Santa Maria del Bosco di Calatamauro, situata nel triangolo Contessa Entellina-Bisacquino-Giuliana, è stata oggetto,  come si ricorderà, di un Convegno di Studi storico-artistico svoltosi in due giornate, il 17 e 18 aprile 2004, a Chiusa Sclafani,  nella chiesa olivetana di San Leonardo, e presso la stessa Abbazia, per iniziativa dei comuni viciniori interessati allo sviluppo socio-economico e culturale del territorio. Oltre ai comuni sopra ricordati, parteciparono all'organizzazione del Convegno anche Corleone e Campofiorito, col patrocinio culturale della Provincia Regionale di Palermo, la quale sancì l'impegno finanziario per la pubblicazione degli Atti.  Impegno che viene adesso assolto con questo poderoso volume, a cura di Giuseppe Antonino Marchese, medico e storico insigne della "sua" Giuliana e del territorio corleonese, nonchè apprezzato cultore  di Storia dell'Arte, al quale va il mio sentito ringraziamento, unitamente ai numerosi studiosi e ricercatori che hanno svolto con entusiasmo ed estrema competenza i vari argomenti tesi ad esplorare  la memoria storica dell'Abbazia nemorense e dei suoi monasteri filiali: lo Sèasimo di Palermo, Santa Maria di Marineo, San Leonardo di Chiusa Sclafani e la SS. Trinità di Giuliana.
  Dopo i saggi aventi per argomento il territorio di Calatamauro, con particolare riguardo al meraviglioso bosco che per la sua importanza storico-paesaggistica e naturalistica è stato recentemente dichiarato, col Monte Genuardo, "Riserva Naturale orientata" dalla Regione Siciliana, viene scandagliata la plurisecolare storia dell'Abbazia, dalle origini duo-trecentesche come remo dei Fraticelli, al Priorato benedettino poi elevato, nel 1400, per decreto pontificio, ad Abbazia, passata sul cadere dello stesso secolo all'ala riformata del Benedettini Bianchi di Monte Oliveto Maggiore (Siena), che la mantennero sino alla soppressione, nel 1784, per volontà del vicerè Caracciolo. Affidata un decennio dopo dal governo borbonico  agli Agostiniani del Convento della Consolazione di Palermo, veniva soppressa definitivamente con le leggi eversive dell'asse ecclesiastico emanate nel 1866-67 dallo Stato unitario; allorchè venne acquistata all'asta dalla famiglia Ferrantelli, i cui eredi  la detengono a tutt'oggi con quell'amorevole cura che viene rivolta alla proprietà privata.
  Diverso invece, il destino della chiesa. Affidata alla diocesi di Monreale, il cui vescovo ne detiene il titolo di abate, ha subito, negli anni post-terremoto della Valle del Belice (1968), un pauroso crollo che ne ha risparmiato solo il prospetto settecentesco col campanile. Ciò è stato reso possibile, soprattutto dall'abbandono, da parte della Curia, nei primi anni Sessanta del secolo scorso, di Santa Maria del Bosco quale dimora estiva  dei giovani seminaristi, molti dei quali erano proprio di Bisacquino. Ed è alla loro vivace presenza a Santa Maria, nei mesi di luglio-agosto, che è legata la mia memoria adolescenziale, allorchè il paese versava in festa per il coinvolgimento delle loro famiglie.
  Santa Maria del Bosco costituisce, dunque, un luogo-simbolo per il nostro territorio, non solo per la sua notevole importanza storico-artistica (ove si pensi alla presenza di eccellenti opere d'arte come il lauranesco busto marmoreo di Eleonora d'Aragona e la terracotta rubbiana della Madonna del Bosco) oltre che, evidentemente, religiosa (il 28 agosto si celebra ancora oggi  la festa di Sant'Agostino, seppure in tono minore) , ma soprattutto quale luogo bello e misterioso,  prima pressochè inacessibile, ed ora aperto dalla famiglia Inglese  ad eventi ricreativi  e culturali significativi, dalla festa dell'emigrante ai convegni scientifici come quello del 2004, che costituiscono  un momento di aggregazione civica tra le comunità locali del territorio.
  Da quel Convegno per la tutela  e la valorizzazione ("tra memoria e recupero")  scaturisce la pubblicazione di questi atti, che saranno certamente funzionali, per il loro ruolo di "monumento cartaceo", al recupero dell'Abbazia quale "monumento di Pietra", proprio perchè, secondo l'assunto di Carlo Levi, "il futuro ha un cuore antico".
  E' necessario tuttavia, l'impegno concreto delle forze politiche a qualsiasi livello locale, provinciale, regionale, perchè un giorno, speriamo non molto lontano le popolazioni della zona  possano riascoltare le campane di Santa Maria del Bosco. Questo è anche il mio sogno . Ma Santa Maria del Bosco di Calatamauro è, oggi, anche patrimonio culturale dell'umanità se è vero, in tal senso,  che un riconoscimento  ufficiale al suo proprietario, il compianto barone Guglielmo Inglese, gli è pervenuto dall'UNESCO. A lui va il merito speciale di avere preservato il monumento dal degrado e dall'oblio, facendolo conoscere anche tramite la letteratura (Alain Elkan) e il cinema, in quanto location di alcuni film di famosi registi (Michail Cimino, Francesco Rosi).
  Vorrei ancora ringraziare  il vescovo di Monreale, nonchè abate di Santa Maria del Bosco, S.E. Monsignor Cataldo Naro, che associa al forte impegno pastorale quello di storico militante della Chiesa, il quale ha vigilato sui lavori del Convegno nemorense, nobchè gli organizzatori  nelle persone dei sindaci: on. Nicolò Nicolosi (Corleone); Antonino Lala (Contessa Entellina); Giuseppe Sagona (Campofiorito); Giuseppe Nicolosi (Bisacquino); Francesco Di Giorgio (Chiusa Sclafani) e del commissario pro tempore del Comune di Giuliana, Leonardo Iannuzzo.
GIUSEPPE COLCA
Vice Presidente
della Provincia Regionale di Palermo 

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Abbiamo concluso la carrellata breve che ci eravamo proposto attraverso il Blog sulla vicenda di Santa Maria del Bosco.
Dobbiamo dire che le due uniche esposizioni di presentazione del Convegno (relazioni), del Presidente e del Vice Presidente della Provincia dell'epoca, riportatate a beneficio dei lettori, sono ricche di spunti ancora ai nostri giorni, anche se a oltre un quindicennio dall'evento -adesso- possiamo dire che sono stati privi di frutti. Privi di frutti come -purtroppo- sono il 99,9% degli interventi pubblici della quasi totalità dei politici meridionali, bravi nelle diagnosi ma piuttosto inoperosi nelle cure successive.

Noi pensiamo di avere comunque reso un servizio ai nostri, sempre pochi, lettori e contemporaneamente di avere ricordato l'amico ANTONINO G. MARCHESE, scrupoloso curatore dell'opera "monumentale".

3 commenti:

  1. Molto interessante tutta la cronistoria a puntate. Vorrei solo precisare ancora una volta che se la chiesa abbaziale oggi è praticamente un rudere certamente no è a causa del terremoto del 1968 che come precisava il cav. Guglielmo Inglese nel corso di un convegno (mi sembra il primo), i danni dovuti al sisma erano stati minimi. L'incuria di chi deteneva il possesso (curia di Monreale) e il disinteresse di chi deteneva (e detiene fino a prova contraria) la giurisdizione ecclesiastica (curia di Piana degli Albanesi) sono alla base del progressivo crollo di quella che era una splendida basilica e che purtroppo oggi non c'è più.

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  2. Hai ragione: di incuria si è trattato. Il crollo è avvenuto nel 1972, quattro anni dopo il terremoto. Peraltro ai primi crolli limitati del soffitto si poteva ancora intervenire ed evitare che le intemperie provocassero a distanza di tempo quanto poi è accaduto.

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  3. Una curiosità che spero possa essere spunto per qualche volenteroso Nel volume sul tabulario di S. Maria del bosco di Calatamauro (Balletta/Arcadipane/Miceli) in un documento se non ricordo male settecentesco, è citato "Filippo vescovo degli Albanesi" di cui non ho trovato, a suo tempo, nessun altro riscontro. Sarebbe interessante se si riuscisse a saperne di più, e se oltre al caso specifico esposto nel documento abbia avuto altri contatti con il nostro territorio.

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