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sabato 30 marzo 2019

Cultura e politica. Correnti di pensiero dell'Occidente

Avevamo inziato nel testo pubblcato sul Blog il 16 marzo scorso a riportare alcune delle critiche (o meglio avversioni) che i romantici di inizio Ottocento addebitano all'Illuminismo; in questa pagina continueremo sulla stessa scia.

Una ulteriore avversione dei romantici nei confronti della società ereditata dagli illuministi è la "meccanizzazione"  del mondo,  meglio del contesto Nord Europeo e Nord Americano. Profonda era la loro avversione nei confronti di tutto ciò che era meccanico, artificiale, costruito. 
Nel Settecento, in particolare nella seconda metà
del secolo, si verificò in Europa una forte crescita
demografica; infatti in cento anni la popolazione
europea crebbe di circa 70 milioni di individui,
un aumento superiore a quello verificatosi
nei tre secoli precedenti.

Con la rivoluzione demografica
del Settecento, che può essere
paragonata a quella prodotta dalla
scoperta dell'agricoltura nell'età
neolitica, ebbe inizio un processo
irreversibile di crescita della popolazione,
tipico dell'età contemporanea.
George Bataille, un antropologo famoso della prima metà del Novecento,  su questo proposito ha messo a confronto la protesta dell'inziale forza "proletaria" da un lato e quella del "romanticismo" dall'altro, entrambi fortemente critici in quell'inizio dell'Ottocento verso il processo di "meccanizzazione" dell'attività lavorativa e soprattutto verso il sistema dell'<accumulazione capitalistica>. 
L'antropologo giustifica l'avversione in questine del proletariato perchè in quella fase esso era sostanzalmente ingabbiato entro la rete del profitto personale dei capitalsti. La protesta dei romantici ha invece tutt'altra orgine; essi quasi rimpiangono la fne degli splendori del vecchio "regime" entro cui essi vedevano solamente opere gloriose a fronte della nuova società lasciata dall'Illuminismo che restava (e resta) basata sull'utilitarismo.
Per uscire dal nuovo quadro il "proletariato", stretto -come detto- dall'accumulazione capitalistica, proverà a creare il "movimento operaio" il cui fine e la cui prospettiva sarà la liberazione dell'uomo dalla schiavitù del lavoro. I romantici svilupparono da parte loro la negazione ed il rfiuto a che l'uomo, l'essere umano, venga ridotto a 'valore utilitario'. Fino ad allora gli unici valori utilitari che la società ammetteva erano quelli esclusivi dell'aristocrazia (militari, religiosi, erotici).

Tempi moderni
Sulla scorta di quanto abbiamo finora riportato, i romantici osservano e fanno emergere nelle loro opere letterarie, con malinconia e desolazione, l'armonia perduta fra l'uomo e la natura e l'avanzare del macchinismo, dell'industrializzazione e l'oggettivazione dell'ambiente.
Gli opifici ai loro occhi  sono dei "luoghi infernali" e gli operai dei "dannati" obbligati a seguire i ritmi delle macchine. Essi leggono l'avanzare dei macchinari come un rovesciamento dell'essere umano; essere umano che quelle macchine ha creato.

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