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domenica 27 gennaio 2019

Il giorno della memoria. Nessuno al mondo ha avuto lo stesso trattamento riservato agli ebrei

Thomas Mann: Il mio atteggiamento democratico
non è perfettamente sincero, è solo una reazione irritata 
all'irrazionalismo dei tedeschi e al fascismo in 
genere, che sinceramente non riesco proprio a sopportare.

Mann, prima di abbracciare l’universalismo socialista 
all’avvento al potere di Hitler, era stato un 
esponente della Konservative Revolution
Il distacco dalle idee che innervarono la Rivoluzione 
Conservatrice segna uno spartiacque tra il 
primo Thomas Mann, conservatore e nemico del pensiero 
europeistico (del quale uno dei massimi rappresentanti 
in letteratura era il fratello Heinrich), e il Mann democratico antinazista

Thomas Mann, scrittore e saggista tedesco,  uno dei romanzieri maggiori della letteratura mondiale e Premio Nobel nel 1929, nel 1937 quando ancora nulla o poco si sapeva della bestialità nazista contro gli ebrei, egli personaggio romantico e al contempo impolitico ebbe a scrivere,:
<Non a caso qualcuno ha definito il nazi-fascismo come il socialismo degli stupidi. Ebbene, l'antisemitismo è l'aristocrazia della plebe. Esso è riconducibile a una semplice formula: "Io sono proprio una nullità", questo vuol dire : "ma almeno non sono un ebreo". E con tale asserzione chi è deficiente si illude di essere pur sempre qualcosa. Ma chi è davvero qualcosa  non ha bisogno di farsi bello ai propri occhi ricorrendo ad una virtù tanto negativa, che nella sua stessa negatività non è una virtù e che non viene affatto vissuta come tale, ma percepita, con terrore ed astio, come un difetto>.
Thomas Mann, già in quell'anno 1937, aveva colto la <l'esigenza di un'epoca di cercare e trovare un colpevole che fosse causa delle sue sofferenze, dei sui travagli e dei suoi imbarazzi critici, un capro espiatorio da confinare nel deserto dell'odio e della diffamazione; una marionetta perversa  e spregevole, tale che poi al suo cospetto ci si potesse sentire un pò più forti, migliori e addirittura un pò nobili>.
Thomas Mann classificò l'antisemitismo come una <tra le reazioni al dolore più malevole  e malvage nonchè un pessimo palliativo di quest'epoca, che si concede persino le sue difficoltà e le sue angosce  per ricavarne sollievo  e folli spiegazioni>; continua poi:l'Antisemitismo  è <il più diffuso, il più amato e il più popolare> lenimento, <un accessorio e una parola d'ordine di ogni torbida  e confusa umanità di massa e mistica di massa del giorno d'oggi, mescolate a tante bestialità>.

Thomas Mann portò allora, nel 1937, alla luce quel complesso fenomeno di odio e di ostilità nei confronti degli Ebrei, a cui oggi viene attribuito correntemente  la definizione di "Antisemitismo".

In realtà tale concetto nasce nella seconda metà del Novecento nell'ambito di un movimento sociale che disprezzava quella che definiva la "razza ebraica".  Come se esistesse una razza ebraica distinta dall'unica razza degli esseri umani.

Sappiamo che l'antisemitismo affonda le sue radici nei secoli cristiani; non dimentichiamoci "i ghetti" che esistettero non solo nelle grandi città, ma pure nei paesini. Non dimentichiamoci che l'arrivo degli arbereshe in Sicilia trovò accoglienza alla fine del XV secolo solamente perchè i re aragonesi avevano cacciato via dall'isola più di 200mila ebrei su una popolazione complessiva di poco meno di 500mila residenti.  

Ma questa è un'altra Storia.

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