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mercoledì 11 luglio 2018

ll Vivere

L'onestà

L'articolo 54 della Costituzione esige che "tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi" poi prosegue  "i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore". 
Onore, una parola mai sufficientemente meditata dalla gran parte degli italiani e, soprattutto, dai politici.

I politici, e pure gli amministratori pubblici, sono, dovrebbero essere, una categoria di cittadini che deve garantire alla società un "valore aggiunto", che si manifesta in comportamenti unicamente ispirati all'interesse generale. Non si chiede loro genericamente di essere virtuosi. Tocqueville aveva colto questo punto, mettendo in evidenza che l'onore rileva verso l'esterno, mentre "la virtù vive per se stessa e si accontenta della propria testimonianza".

Pensavamo che "tangentopoli" fosse stato un incidente della Storia italiana. No. Oggi, nel terzo millennio, al posto di disciplina e onore si è insediata l'impunità, e si ripresenta la concezione "di una classe politica che si sente intoccabile".
I parlamentari inglesi si dimettono per minimi abusi nell'uso di fondi pubblici: i ministri tedeschi lasciano l'incarico per aver copiato qualche pagina nella loro tesi di laurea. In Italia, tutti ci sentiamo immuni dalla corruzione e però siamo il Paese più corrotto del continente, assieme alla Grecia. Ogni giorno ci sono sui giornali pagine intere dedicate ai ladri (politici ed amministratori pubblici).

L'accesso alla conoscenza e alla trasparenza generalizzata (di conti pubblici e privati, di azioni pubbliche e private ...)  ci consentirebbe di "conoscere per deliberare". Oggi invece esistono troppi muri per capire come e cosa facciano i politicanti e da dove arrivino le risorse godute.

E' ormai sorta una categoria di politici che non fanno nè discorsi di prospettive nè programmi ma gridano, dalla mattina alla sera, "onestà ! onestà !", salvo, alcuni di loro, essere scoperti con le mani nella marmellata (rif. a coloro che truccando il bonifico di versamento non rimettevano al fondo per lo sviluppo della piccola impresa quanto promesso). 

In effetti bisogna sempre diffidare di coloro che fanno uso diffuso e frequente della parola onestà. E' gente convinta che l'onestà sia una bandiera, un qualcosa da ottenere girando alla prima traversa. Ed invece no. Essa è un dovere, generalizzato nei confronti di tutti, non è una benemerenza da acquisire. Deve, dovrebbe essere, la normalità del vivere.

E' onestà non tacere, è onestà scrivere sui blog ciò che vediamo e ciò che riteniamo sia un pugno allo stomaco inferto all'intera società. E' onestà difendere l'indipendenza del proprio giudizio.
L'onestà coincide con l'onore e questi comportamenti non ammettono intaccature. Da noi la disonestà viene, incredibilmente, definita: "essere in gamba", "essere furbo", "saperci fare".

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