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martedì 1 maggio 2018

Hanno detto ... ...

GIANFRANCO PASQUINO, politologo
Non mi pare davvero una grande pensata quella di Renzi che lancia un governo costituente come alternativa a un governo che, anche a causa della sua ostinazione, non riesce a nascere. Ha dimostrato di non avere ancora capito che le sue riforme costituzionali bocciate dal referendum erano pasticciate e pessime. Non avrebbero migliorato il funzionamento del sistema politico. Non contenevano nulla che potenziasse davvero il governo. Continua a confondere il ballottaggio del suo Italicum, fra due partiti o, con estensione indebita, fra due coalizioni, per eleggere il parlamento, con il ballottaggio francese, fra due candidati, per eleggere il Presidente della Repubblica. No, Renzi non è affatto Macron né per competenza né per esperienza né per coraggio.

MICHELE EMILIANO, dirigente Pd, presidente regione Puglia
Non si può non essere accanto al Pd, a Maurizio Martina, ai singoli militanti del partito che fanno da sempre il loro dovere dentro una comunità pensante che mai nella sua storia è stata malmenata nella sua regola più importante, quella della collegialità delle decisioni.
Ognuno di noi, al proprio livello istituzionale, costruisce collegialmente (nella mia regione addirittura con la partecipazione di tutti i cittadini oltre che dei membri del Pd) il programma di governo, lo presenta alle elezioni e, in caso di vittoria, lo realizza.
Nell'impropria intervista televisiva di ieri abbiamo avuto la rivendicazione cocciuta e infantile di un programma di governo e di una coalizione verdiniana, sconfitti ripetutamente dal referendum del 4 dicembre e dalle elezioni del 4 di marzo. 
Per ben due volte, a distanza di pochi mesi, il segretario-premier del Pd si è dovuto dimettere da tutto.
Ciononostante, insiste nel voler riproporre il suo ruolo di leader formale o di fatto senza prendere atto del giudizio degli elettori.
Che hanno sconfitto certamente queste prospettive programmatiche e certamente colui che le aveva indicate al partito, oltre che tutti noi, senza però trasformare l’intero partito in un oppositore preconcetto di ogni altra ipotesi politica del Paese.
Il Pd, dopo le dimissioni del suo ex-segretario, vuole ricominciare a vivere, a costruire la sua presenza nella società e nelle istituzioni in coerenza con la nuova legge elettorale proporzionale che non consente a nessuno di chiamarsi all’opposizione e obbliga tutti, innanzitutto le forze politiche che hanno promosso la legge, di dare un governo all’Italia.
Bunkerizzare quel che rimane del Pd è triste ed anche inutile, perché non serve neppure a difendere ciò che di buono il Pd e il suo leader sono comunque riusciti a fare nella scorsa legislatura.
Aprire una discussione franca col M5S per salvaguardare i nostri punti di vista politici e le nostre conquiste, sia pure negoziandoli col partito di maggioranza relativa, partendo dai programmi di quest’ultimo, serve al Pd ed è utile all’Italia.
La Direzione del 3 maggio sarà dunque decisiva e per questo nessuno deve mancare, anche solo per difendere la memoria di un leader che, comunque sia andata a finire, abbiamo tutti rispettato nelle sue prerogative, anche quando non eravamo per nulla d’accordo con le sue azioni politiche.
Chiediamo rispetto delle regole e di tutti gli iscritti. E senso del limite nel ritenere che un "io", un tempo carismatico, possa essere in permanenza l’equivalente di una comunità democratica che decide secondo il proprio statuto.

DARIO FRANCESCHINI, dirigente Pd
E’ arrivato nel Pd il tempo di fare chiarezza. Dalle sue dimissioni Renzi si è trasformato in un Signornò, disertando ogni discussione collegiale e smontando quello che il suo partito stava cercando di costruire. Un vero leader rispetta una comunità anche quando non la guida più.

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