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domenica 25 febbraio 2018

Campagna elettorale. Se non ci fosse Gentiloni il tracollo pd sarebbe più che assicurato

Ho l’impressione che in questa campagna elettorale siano stati allestiti due palcoscenici. Sul primo va in scena il festival delle promesse mirabolanti, delle proposte assurde e qualche rissa. Sul secondo – a dir la verità un po’ oscurato – si gioca una sfida che riguarda il nostro futuro. Uno scontro tra la possibilità di mantenere una ripresa economica accettabile, di avviare una seconda stagione delle riforme – e la minaccia di mandare a gambe all’aria tutti gli sforzi e sacrifici compiuti in questi anni”. 

E' il presidente del consiglio, Paolo Gentiloni, ad inquadrare con la dichiarazione le opzioni in campo alle prossime elezioni in una intervista concessa al giornale La Repubblica
Il quadro ha del vero. 
Il guaio è che chi ha preceduto Gentiloni alla guida del governo ha diffuso disgusto e avversione fino al punto che la gente ha avuto la sensazione che il PD non fosse più (se mai lo è stato) un partito della "giustizia", della "solidarietà sociale", un partito della Sinistra socialdemocratica.
Il Centro-Sinistra ha più cmponenti, oltre
al Pd.
1) una componente centrista: Lorenzin
2) una componente di sinistra: Insieme
(Psi, Verdi, prodiani)
3) una componete radicaleggiante (+Europa)
Chi scrive ha -per esempio- tutta l’intenzione di andare a votare il 4 marzo, convinto che in democrazia i cittadini abbiano precisi doveri, oltre che diritti. Ma c’è altro. È ormai luogo comune esprimere indignazione e disgusto rispetto al sistema dei partiti, con conseguente propensione al non voto. I sondaggi danno infatti l’astensionismo attorno al 34%. L’epoca dei partiti politici di massa, rassicuranti sotto un certo aspetto, ma sotto altri molto meno si è avviata ormai al tramonto. Il sistema di favori e raccomandazioni all’insegna del clientelismo e del familismo che affondava profondamente le sue radici nella storia è vero che non fu mai contrastato attivamente. È su queste basi che venne costruita la partitocrazia italiana. 
Nel 1957 Giulio Andreotti arrivò addirittura a nobilitare il sistema clientelistico: «Onore [...] a quanti servono il prossimo in un modesto contatto umano che restituisce talvolta la speranza a chi non crede più nella solidarietà degli altri». Peccato che questi longanimi atti di carità cristiana fossero raramente disinteressati e spesso fossero illegali.
Ma torniamo a Gentiloni, unica figura che nell'odierno PD conserva ascendente e rispetto. “.... Ma c’è il secondo, ancora più importante. Riguarda i nostri valori. Quelli del centrosinistra. I valori democratici, liberali, della società aperta, del welfare, del dialogo con popoli diversi. Dall’altra parte – e non è mai stato così chiaro nella storia del nostro paese – ci sono l’odio, i muri, l’antieuropeismo, il sovranismo, la chiusura al dialogo. E riaffiorano vecchi fantasmi del passato”. 
Il problema non è “la democrazia” tout court, precisa il premier, “direi la qualità della democrazia. In mezzo mondo si discute se la democrazia debba necessariamente coniugarsi con le società aperte. In Europa, in alcuni paesi dell’est non si rinnega il concetto di democrazia ma se ne mette in discussione il perimetro”.
Quanto al rischio di un riaffacciarsi del fascismo, “non vedo – dice – ritorni al Duce, né temo sparute minoranza di nostalgici. Vedo un’idea che mitizza la sovranità nazionale – perfino in Europa – in chiave di chiusura verso l’esterno. Dobbiamo essere consapevoli che è questa la posta in gioco”. Centrodestra e Movimento 5 stelle sono l’espressione del rischio populista e sovranista? “Sì, anche se – precisa Gentiloni – ciascuno a modo suo. E per questo non sono possibili voti a dispetto o in libera uscita. Questa è una scelta di campo. E solo il centrosinistra a guida Pd può essere la risposta a questa sfida. Solo le riforme possono attenuare il disagio sociale. Un disagio che non guarda a sinistra ma viene cavalcato dalla risposta sovranista. Questa è la sfida per i progressisti nel mondo”.

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