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lunedì 8 gennaio 2018

Terremoto del Belice. Il ricordo dell'Ing. Luigi Cannella

Un triste ricordo di gioventù
Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario del primo devastante terremoto dell’Italia repubblicana che sconvolse molti territori della Sicilia occidentale nelle provincie di Palermo, Trapani ed Agrigento con una Magnitudo di 6.4. Tutto iniziò domenica 14 gennaio 1968, una giornata festiva con gli sportivi in attesa della radiocronaca delle partite di calcio. Io mi trovavo a casa a Palermo ed ero intento a studiare “Geometria Analitica e Proiettiva” perché la settimana successiva avrei dovuto sostenere gli esami con il Prof. Pietro Scirè, presso la Facoltà di ingegneria. Improvvisamente alle 13,29 avvertii una oscillazione del tavolo su cui studiavo. Pensai di avere avuto un capogiro ma non diedi eccessiva importanza al fatto e in città pochissimi si resero conto che si era trattato di una scossa sismica. L’ultimo evento sismico registrato a Palermo risaliva al 1940 con un solo morto, un carabiniere colpito a Piazza Borsa da un frammento di cornicione venuto giù da un edificio. Subito dopo la scossa sismica delle 13,29 ricevetti diverse telefonate di amici, colleghi e parenti che avevano avvertito la “scossa”. Naturalmente i centralini dei VV.FF., dei Carabinieri e della Polizia furono intasati da quanti, preoccupati dall’inaspettato evento, cercavano rassicurazioni. 
Nella notte tra domenica e lunedì 15 gennaio, alle 2,35, una scossa violentissima interruppe il sonno dei palermitani, a causa delle forti oscillazioni, ma soprattutto per il rumore provocato dal tintinnio di bicchieri, e stoviglie, spostamento di mobili, vibrazione dei vetri degli infissi di balconi e finestre. Molti indossarono velocemente i soprabiti per fuggire, ma solo pochi abbandonarono le abitazioni. Alle 3,00 una seconda scossa, ancora più violenta della precedente, convinse molti ad allontanarsi dalle case. Ciò provocò enorme caos nelle strade che vennero intasate dalle automobili guidate da cittadini in preda al panico. Essi cercavano di raggiungere velocemente ampi spazi o piazze dove trovare un sicuro luogo di sosta. La città di Palermo in poco tempo si trasformò in un immenso “bivacco”. Signore della “Palermo-bene”, con pellicce, indossate sopra i pigiami, si ritrovarono con i loro familiari nella zona verde che costeggia Viale Scaduto (Villa Sperlinga) armate di termos con caffè e liquori per combattere il sonno e per “scaldarsi” in una notte particolarmente fredda. Dopo circa un’ora, una terza violenta scossa, convinse anche coloro che erano rimasti in casa a fuggire. I “Pronto Soccorso” Della città ( Villa Sofia, Piazza Marmi, via Trieste) si ritrovarono improvvisamente affollati di cittadini in preda al panico, con crisi d’ansia e con ferite e/o traumi causati dalla frettolosa fuga. Io e i miei familiari, malgrado abitassimo in un moderno edificio in cemento armato, subito dopo la terza scossa, intorno alle 3,50, siamo finalmente andati via e, in automobile, ci siamo recati nella zona di “Borgo Nuovo” in una piazza dove già sostavano molti cittadini. Tanti altri avevano trovato riparo lungo la “Circonvallazione” o alla “Favorita”o in altri luoghi “aperti”.
Dalle edizioni straordinarie dei quotidiani locali (Giornale di Sicilia; Giornale L’Ora) il mattino successivo, si venne a sapere della “Tragedia del Belice”. L’epicentro del sisma fu individuato in prossimità di Gibellina (TP) che venne interamente distrutta. Montevago divenne un cumulo di macerie; Salaparuta quasi completamente annientata; Santa Margherita Belice, Santa Ninfa, Poggioreale, Menfi, Contessa Entellina, Salemi, Roccamena, Camporeale, solo macerie e disperazione. Alle 17,45 si verificò una nuova forte scossa della interminabile durata di quasi un minuto. Gli edifici di Palermo, anche se non perfettamente antisismici ressero bene e non subirono danni strutturali importanti. Solo nel centro storico (Ballarò, Albergheria, S.Pietro) alcuni edifici fatiscenti furono evacuati e dichiarati “inagibili” dai VV.FF.
Da Palermo partirono velocemente staffette della Polizia Stradale e dell’Arma dei Carabinieri verso le zone colpite dal sisma per trasportare sangue richiesto necessario per soccorrere i tantissimi feriti. Alla notizia dei tragici avvenimenti si mise in moto una generosa macchina dei soccorsi. I primi ad accorrere furono i VV.FF. le Forze Armate, le Forze dell’Ordine, la Croce Rossa.
Il coordinamento tra i soccorritori era quasi inesistente e la “Protezione Civile” doveva ancora nascere!!!
Si scavava tra le macerie con qualsiasi mezzo, anche a mani nude, per fare presto e tentare di trarre in salvo qualche sopravvissuto. I soccorritori si prodigarono al limite del possibile. Si realizzarono tendopoli ma, nei primi caotici giorni, non c’era posto per tutti.
ll dott. Luigi Pasinati, giornalista e dirigente della Rai di Palermo sorvolò in elicottero le zone disastrate e realizzò una drammatica telecronaca. Martedì 16 gennaio il Ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani riferì in Senato sull’evento calamitoso ammettendo la lentezza dei soccorsi a causa anche delle pessime condizioni della viabilità e dal clima avverso. Sui luoghi del sisma giunse il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Presidente del Consiglio era Aldo Moro e il Vicepresidente era Pietro Nenni. Da venerdì 19 gennaio vennero registrate scosse di “assestamento” di intensità decrescente. Fino al mese di settembre si verificarono ben 345 scosse, 81 delle quali con una Magnitudo non superiore a 3. Ci furono vittime anche tra i soccorritori: 5 agenti di Polizia, 1 carabiniere e 4 VV.FF.
Ricordo, in particolare, un episodio molto doloroso: alle 10,52 di venerdì 25 gennaio una scossa violentissima sorprese il Vigile del Fuoco Savio Semprini uccidendolo sotto le macerie di una Banca di Gibellina nel tentativo di “salvare” la cassaforte.
Sui luoghi del sisma arrivarono marinai inglesi, militari francesi con elicotteri, giovani studenti italiani e di molte nazioni europee sotto una pioggia inarrestabile, freddo e fango che resero difficili gli interventi di soccorso. Ricordo Monsignor Riboldi, (futuro Vescovo di Acerra), con il suo instancabile, infinito spirito di servizio. Questo splendido sacerdote fu sempre a fianco dei terremotati durante e dopo il terremoto sollecitando energicamente, presso le istituzioni, la ricostruzione e la rinascita delle zone colpite.
Alla fine si conteranno 236 morti e circa 600 feriti. Le vittime sarebbero state molto più numerose se l’allora Colonnello Carlo Alberto Dalla Chiesa, Comandante della Legione Carabinieri di Palermo, dopo le segnalazioni giunte, fin da domenica 14 gennaio, dai Comandi di Stazione dell’Arma dei paesi terremotati non si fosse recato sui posti e non avesse raccomandato agli abitanti, per precauzione, di non trascorrere la notte dentro le case che, durante le scosse della notte seguente (delle ore 2,35 del giorno 15) crollarono di schianto.
Circa in 10.000 emigrarono dai paesi del Belice verso le città del nord.
Il terremoto del gennaio 1968 svelò alla nazione intera in quale misera situazione vivesse tanta povera gente in fatiscenti locali dove spesso l’unica stanza fungeva da cucina, camera da pranzo, camera da letto, in una incredibile promiscuità e, frequentemente, nell’ambito della stessa abitazione trovavano ricovero anche gli animali appartenenti alla famiglia, indispensabili risorse utilizzate come mezzi di locomozione e di lavoro per i contadini (muli, asinelli, capre ecct.).
Sono trascorsi 50 anni da quel terribile evento. Se le case, che allora crollarono miseramente, fossero state realizzate con materiali idonei e con criteri di “buon senso” senza essere specificatamente “case antisismiche”, molto probabilmente non sarebbe morto nessuno. Ma si trattava di vecchie case, costruite con materiali “poveri” da povera gente che non poteva mai immaginare che il tanto amato paese natìo, in pochi minuti e in una maledetta notte d’inverno, si sarebbe trasformato in un grande assurdo cimitero.

     Gennaio 2018 
Ing. Luigi Cannella

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