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giovedì 18 gennaio 2018

Il terremoto del 1968 a Contessa Entellina: ricordi e riflessioni ... ... di Calogero Raviotta

Essendo emigrato in Lombardia alla fine del 1966 non ho vissuto direttamente la
triste esperienza del terremoto del 1968, ma ho trascorso ore e giorni di apprensione
vedendo le immagini alla televisione ed ascoltandone la cronaca, tenendo presente
che i contatti telefonici con i miei familiari rimasti a Contessa non erano facili.
Richiamando alla memoria quelle ore e quei giorni del terremoto, ricordando quanto
appreso dai contatti con concittadini e parenti, seguendo la cronaca degli eventi che
hanno condizionato la vita dei terremotati per mesi e anni, avendo visitato parecchi
centri distrutti dal terremoto del Belice, ho maturato delle riflessioni che vorrei
condividere con quanti ricordano quell’evento funesto come    
data del XX secolo più tristemente scolpita nella mente di molti contessioti per la distruzione ed i lutti provocati.

 I contessioti, che oggi non hanno superato 50 anni, non erano ancora nati, chi li ha
compiuti da qualche anno ricorda vagamente quei giorni drammatici, quelli più
anziani invece ricordano bene il freddo, la neve, il buio della notte e la paura, quando
la terra tremava sotto i piedi o quando si viveva col timore di nuove scosse.
Il terremoto del 1968 é stato un evento drammatico, che ha provocato nella comunità
contessiota   un   radicale   cambiamento,   perché   alcuni   aspetti   dell’identità   della
Comunità e della personalità dei singoli sono stati stravolti dalla nuova realtà: la
sistemazione provvisoria in tende e baracche, la indisponibilità della propria casa,
con tutto quello che c’era dentro, il cambiamento delle abitudini domestiche, la
perdita dei tradizionali rapporti sociali di vicinato (gjitonia), ecc.

Questo disagio é stato in parte attenuato dalle tante iniziative di solidarietà verso i
terremotati: sono arrivati i soccorsi per la prima sistemazione, i pasti delle cucine da
campo dei militari, gli aiuti materiali ed in denaro, ecc.
Superata l’emergenza, sono continuate le attività produttive prevalenti, agricoltura e
pastorizia, che non avevano subito danni gravi o irreparabili, e si é cominciato a
pensare   alla   ricostruzione,   aprendo   i   primi   cantieri,   avviando   il   periodo   post-
terremoto,   che   dura   da   50   anni,   durante   i   quali,   Contessa   é   molto   cambiata
principalmente sotto l’aspetto urbanistico, sociale, economico e culturale.
Questo cambiamento si può cogliere non solo andando per le strade del paese,
osservando il vecchio centro ed il nuovo quartiere, ma anche entrando nelle nuove
case, parlando con la gente.
Sinteticamente ed in maniera immediata questo cambiamento si può cogliere anche
guardando   una   vecchia   fotografia   panoramica   di   Contessa,   anteriore   al   1968,
accostata ad una più recente.
In una vecchia fotografia, ripresa dalla contrada Cascia, si vedono tre collinette nude,
Brinjat, su cui pascolano mucche, pecore e muli, poi il bosco che, in alto, fa corona al
monte Genuardo, ed in basso il paese a forma di triangolo, con le sue case basse,
vicine e bianche, mentre due campanili emergono maestosi sopra gli altri edifici.
In una fotografia più recente di Contessa, con una visione panoramica quasi uguale
alla prima, si vedono invece sempre sul fondo il monte Genuardo ed il bosco, in
mezzo le tre collinette Brinjat, che, coperti però da un recente fitto bosco, continuano
a  sovrastare il centro abitato, che non ha più la forma di un triangolo, perché si é
enormemente esteso per la costruzione di molti edifici nuovi: alle vecchie case,
bianche, basse, accostate l’una all’altra, con le vecchie tegole, si sono sostituiti o
aggiunti edifici unifamiliari o palazzine a più piani e gli edifici più grandi di uso
comune (ambulatorio, mercato coperto, sala-teatro, scuole medie, scuola materna
ecc.) ed infine l’inconfondibile complesso di edilizia popolare “Ottanta alloggi”.
Le due fotografie possono efficacemente rappresentare Contessa di ieri e di oggi,
“hora e re e hora e vjetër”, come si legge nei cartelli stradali bilingue.

Contessa di ieri é certamente il vecchio centro abitato,  dove continua a vivere forse
neanche il 50%   dei suoi abitanti:    una casa demolita, un edificio abbandonato o
disabitato, la toponomastica dei vecchi quartieri, il nome di una via, ecc...ricordano
un concittadino (operaio, contadino, sacerdote, artigiano, casalinga, commerciante,
ecc.) o una famiglia di contessioti, che non ci sono più, perché si sono trasferiti  nella
nuova zona o perché sono emigrati, ma la cui opera ha contribuito a costruire, con
secoli di sacrifici e di impegno, Contessa, che é  “Hora e re e hora é vjetër” insieme,
quella costruita in passato e quella costruita di recente, é il vecchio centro e la “Zona
di espansione”, perché nelle vecchie case restaurate o ricostruite o nei nuovi e
moderni edifici continuano a vivere i contessioti, la Comunità contessiota di oggi, che
é legata a quella di ieri, da cui trae origine, di cui é naturale continuazione, perché          
in ogni momento della sua storia Contessa é stata, come  continua ad essere oggi,
l’insieme della sua gente, delle sue chiese, delle sue case, delle sue strade, delle sue
piazze, del suo territorio e soprattutto dei suoi valori religiosi, culturali, sociali e
civili, alimentati dalla sua Fede, dalla sua Tradizione e dalla sua Cultura. 

(Calogero Raviotta)


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