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venerdì 15 dicembre 2017

50° del Terremoto nel Belice. Racconti e memorie di un quasi settantenne (1)

Uno sguardo allo sfondo umano-sociale 
entro cui capita il terremoto del 1968

Non sappiamo cosa l'Amministrazione Comunale di Contessa Entellina intenda per rievocazione del sisma del 1968. Stando alle "rievocazioni-non rievocazioni" degli anni precedenti forse nulla. 
Dando peraltro una occhiata all'anagrafe degli attuali amministratori (sia di maggioranza che di opposizione) rileviamo che sono tutti giovani e nati negli anni successivi e quindi poco sanno del fatto che oggi dispongono di abitazioni secondo standard di vivibilità correnti nell'Italia del terzo millennio. Essi conoscono ciò che l'eredità del vecchio mondo "contadino" chiusosi (nella nostra zona) proprio con quell'evento sismico ha lasciato, cioè il prendere consapevolezza che è un diritto dell'essere umano avere rispettata la propria dignità.
La Regione Sicilia non legiferò mai nulla sul terremoto del '68.
Il timore dei governi era infatti che quel disastro, figlio dei millenni di abbandono
dell'intera area, non poteva essere affrontato dalla Sicilia ma dall'intera comunità
nazionale. Era infatti una vergogna dell'intero paese.
La Regione intervenne con legislazione esclusivamente di natura programmatica-urbanistica essendo
questa competenza esclusiva e costituzionalmente dovuta. 
Dignità nel senso più pieno del significato.
Fino a quell'evento non a tutte le popolazioni del Belice era chiara la loro situazione di abbandono e di trascuratezza entro cui i governi centrali e regionali le intrattenevano. Tanto è vero che un apostolo "laico" che si adoperava negli anni precedenti al terremoto nei territori del Belice, Danilo Dolci, non sempre veniva ascoltato quando paese per paese tentava di "svegliare" la gente. 

Da quell'evento sismico: la nuova concezione e consapevolezza, almeno in parte, si risvegliò perchè fu portatore e canalizzatore di una nuova visione del vivere umano.
A Contessa Entellina, il ruolo che in linea di massima aveva svolto per tutta la Valle quell'inascoltato Danilo Dolci, lo svolse e lo svolse con impegno e sacrifici personali ma animato dalla carica che gli derivava dalla forte vocazione politica un nostro giovane compaesano che si trovava a svolgere il ruolo di Sindaco. 
Già da anni era impegnato a sottrarre l'egemonia sociale ai gruppi di potere locali che osavano dire ai poverissimi braccianti "mangiate pale di fichid'India se avete fame". L'ignoranza culturale di quelle classi dirigenti locali era tale che si opponevano al giovane sindaco persino negando che a Contessa ci fosse stato il terremoto. 
Dicevano che l'edilizia locale era in ottimo stato e che nessun danno era avvenuto in paese. 
Erano classi sociali quelle che intuivano che il terremoto, un evento fisico di madre natura, aveva sì smantellato non tanto le case costruite con pietre, calce e sabbia, ma il vecchio mondo sociale entro cui esse emergevano nell'immobilismo creatosi nelle incrostazioni umane attraverso i secoli. Provavano, ostacolando il giovane sindaco, a tenere soggiogati e nascosti coloro che la tv, i media e l'opinione pubblica nazionale invece veniva via via scoprendo  -con grande sorpresa- per il loro vivere in condizioni che definire medievali è già progresso pur trovandoci già nel pieno svolgimento del XX secolo dell'era cristiana.
Nel 1968 erano tantissime a Contessa (e così in tutta la Valle) le famiglie che vivevano in un unico locale con un asino o una vacca adiacente a dove stava il letto grande di papà-mamma e figli.
Prima ancora che l'edilizia fatiscente, che stava in buona evidenza al visitatore che veniva da altre regioni con taccuini, registratori, video-registratori e telecamere, i media  (soprattutto la tv) scoprirono nel Belice un mondo culturalmente e socio-economico arretratissimo. Era quella una realtà per quanto attiene l'edilizia rurale  -che copriva l'80% delle abitazioni- identica a quella in cui era nato millenni prima il nazareno: magazzini-stalle-stanza da letto in un unico vano. Per quanto attiene la crescita umana, ossia l'educazione, era del livello quasi barbarico: i ragazzi di età fino a dieci-quindici anni non appena vedevano persone con difetti fisici (zoppi, sordo-muti, ciechi, ed altro ) li canzonavano, sfottevano e ..., spiace ricordarlo, gli tiravano pietre ed altri oggetti addosso.
Era quello un mondo tardivamente (nel XX secolo) ancora "contadino", povero economicamente e soprattutto culturalmente oltre che sfruttato dai pochi ed ignoranti esponenti delle classi dominanti, che Di Martino ancora ragazzo, da studente, aveva iniziato ad avversare e che aveva fatto proprie -grazie alla formazione familiare di impronta socialista- tutte le prediche in materia sociale di quell'apostolo "laico" che era in quegli anni Danilo Dolci . 
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In questa rubrica documenteremo di volta in volta lo stato della Valle del Belice antecedente e successivo al terremoto del 1968. Lo faremo perché convinti che qualsiasi comunità priva di "memoria" non ha, non può avere, nessun futuro. 

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