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martedì 26 settembre 2017

Le cattedre universitarie. Spartite fra mascalzoni

Entravano in azione per spartirsi la ricca torta delle cattedre universitarie di Diritto Tributario. Un sistema di corruzione per truccare concorsi grazie a un sistema ai limiti del mafioso.  
 
Nel sistema c'era pure l’ex ministro nei governi Prodi e Dini Augusto Fantozzi. Il meccanismo ruotava intorno ad un gioco di favori, il «do ut des», la «logica di scambio», spietate «partite trasversali» e il «prezzo da pagare». 

 Il professor Fantozzi definisce il sistema nelle intercettazioni  «seppure in modo scherzoso, come la “nuova cupola”». Si legge che l’ex ministro  «trova dunque opportuno, se non necessario, che le future abilitazioni siano gestite, non dai commissari di volta in volta nominati, ma “da un gruppo di persone più o meno stabili” da un gruppo di garanzia... uomini di buona volontà oltre che ...qualche, possano stare in una nuova cupola”».  
 
L’obiettivo, è «precostituire le condizioni per far conseguire, in assenza di reale concorrenza, ai propri allievi e o associati i posti di professore ordinario o associato che sarebbero stati successivamente banditi dalle varie università in sede locale per partecipare ai quali costituiva requisito necessario la relativa abilitazione in prima o seconda fascia».  
 
Il candidato Fabio Graziano pur avendo 193 pubblicazioni viene scartato. Funzionano solo spintarelle e corruzione. «Non è che si dice è bravo o non è bravo… Questo è mio, questo è tuo» afferma il professor Pasquale Russo al collega Guglielmo Fransoni, il primo docente di diritto Tributario a Firenze e il secondo ordinario dell’Università di Foggia e componente della commissione del Miur per l’abilitazione scientifica.  
«Qual è il prezzo da pagare? Parliamone…» chiede il 14 aprile 2015 Giuseppe Marino, che dopo aver raccontato a Claudio Sacchetto l’andamento dei lavori della Commissione, lo invita ad incontrare Adriano Di Pietro. Mentre di fronte al ricercatore Philip Laroma, escluso dal concorso e autore della denuncia da cui è partita l’inchiesta, il professor Pasquale Russo esclama: «Che fai ricorso? Però così ti giochi la carriera. Non siamo sul piano del merito, Philip. Smetti di fare l’inglese e fai l’italiano».  
 «Anche io mi son piegato... a certi baratti per poter mandare avanti i miei allievi...», «ero ingenuo all’inizio» ma «la logica universitaria è questa... è un mondo di merda... è un mondo di merda... quindi purtroppo è un do ut des». Un altro docente sentenzia: «I miei principi? Sotto i piedi». Il merito non esiste, anzi si aiuta persino chi viene considerato un incapace. Il professor Giuseppe Cipolla, a proposito di un suo protetto dice: «Qui non c’è nessun merito, ognuno ha i suoi... Tra l’altro dico, vai a leggere pure il mio giudizio che si vede che quello è proprio disgraziato». 
 

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