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mercoledì 21 dicembre 2016

I Grandi dell'umanità

Fëdor Michajlvic Dostoevskij (Mosca 1821 -  San Pietroburgo 1881)
Io vi dirò di me che sono un figlio del secolo, figlio ancor oggi della miscredenza e del dubbio, e lo resterò (ne sono certo) fino alla tomba. Eppure, quante terribili sofferenze mi è costata e mi costa ora questa sete di fede che è tanto più forte nell’anima mia quanto più sono gli argomenti contrari. 
E tuttavia Dio mi manda talvolta dei minuti  nei quali io sono del tutto sereno: in questi minuti io amo e so di essere amato dagli altri …
(lettera indirizzata ad una amica)

Il cammino verso la fede, con tutte le resistenze e i dubbi a cui Dostoevskij accenna nella lettera diventerà, insieme a tutti gli altri materiali umani accumulati nel corso della sua deportazione in Siberia materia viva nei romanzi della maturità.

Terminato il periodo di reclusione, vene assegnato come soldato semplice a un battaglione di stanza in uno dei più lontani governatorati della steppa, nei pressi del confine cinese, da dove potrà finalmente ricominciare a leggere e scrivere.
Dieci anni dopo la condanna gli sarà concesso di risiedere a Pietroburgo dove pubblicherà Memorie di una casa di morti (rielaborazione degli appunti della detenzione Umiliati ed offesi ) e successivamente Memorie del sottosuolo.
Sottosuolo vuole richiamare una sorta di disarmonia tra ciò che ribolle dentro e ciò che affiora alla superficie di ciascun essere umano. 
Per Dostoevskij l’uomo autentico non è l’uomo esteriore, la maschera che gli altri vedono e conoscono ma l‘uomo interiore che si rifugia nella propria tana. E’ anche una sorta di ribellione contro ciò che nella sua fissità cancella ogni problematicità che ciascuno nasconde. 
L’uomo del sottosuolo, nell'espressione accentuata è immerso nella propria solitudine, evita gli altri, li odia sordamente, si ribella al loro conformismo, e nel contempo resta prigioniero delle contraddizioni.

A cominciare da Memorie del sottosuolo tutti i personaggi di Dostoevskij avranno un “sottosuolo”, dove sempre penetreranno per poi risorgere rigenerati o per annegarvi definitivamente, senza speranza alcuna.
Per uscire dalla “palude” della propria coscienza contorta bisogna affidarsi ad un messaggio etico superiore ed avviarsi decisamente verso l’accettazione dell’altro, relazionarsi all’altro.

E’ questo il percorso che si ritroverà in tutti i grandi romanzi della maturità di Dostoevskij.  

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