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domenica 18 dicembre 2016

I grandi dell'Umanità

Fëdor Michajlvic Dostoevskij (Mosca 1821 -  San Pietroburgo 1881)

Durante i quattro anni di lavori forzati in Siberia conosce le bassezze del vivere umano: 
-è a contatto con detenuti di ogni genere in baracche luride e dove le condizioni igieniche sono inimmaginabili ed indescrivibili,
-conosce ladri, assassini, stupratori ma pure condannati politici come lui e addirittura gente retta e sana e proprio per queste caratteristiche finita nella Siberia zarista.

Scriverà "Questa gente è pur sempre gente straordinaria: Forse è la gente più capace , più forte del nostro popolo. Ma queste forze possenti  periscono invano, periscono in modo illegale, irrevocabile. E chi ne ha colpa ? Proprio così, chi ne ha colpa ?".

Furono quattro anni di ripiegamento su se stesso: 
"Spiritualmente solo, io riguardai tutta la mia vita passata, ripassai tutto fin alle più piccole minuzie, mi giudicai inesorabilmente e benedissi il destino per avermi mandato questa solitudine, senza la quale non sarei giunto  a questo severo giudizio su di me". 
E' un giudizio che lo porta  ad allontanarsi dalle posizioni riformiste del Circolo Petraśevskij, che lo spinge sul difficile, incerto, faticoso cammino della fede.

Scrive ad una sua amica:
il simbolo della fede nel quale tutto mi è chiaro e sacro. Questo simbolo è molto semplice: credere che non c'è nulla di più bello , di più profondo, di più ragionevole, di più virile, di più perfetto dii Cristo e non solo c'è, ma non può non esserci.  E non basta: se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità ed effettivamente  risultasse che la verità è fuori dal Cristo, io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità. 

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