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lunedì 21 novembre 2016

La Costituzione. Accadrà che chi non la conosce andrà a votare per modificarla o per lasciarla così come è (VI)

In vista del referendum costituzionale fissato per il 4 dicembre 2016 per elaborare una scelta di voto consapevole affrontiamo alcune questioni meno politiche e più tecniche


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ARGOMENTI DI METODO E DI MERITO

La riforma costituzionale denominato Renzi-Boschi

Il progetto di riforma costituzionale – intitolato «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione» – è di iniziativa governativa (circostanza piuttosto inquietante) benché il testo definitivo, ora sottoposto al voto degli Italiani, sia in parte diverso perchè rielaborato in sede parlamentare.

Il progetto di riforma denominato Renzi-Boschi è stato approvato, nella seconda votazione, con la maggioranza assoluta da entrambe le Camere.
Essendo stato votato dalle Camere con la maggioranza assoluta, ai sensi dell’art. 138 Cost., il progetto di riforma è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, per consentire ai soggetti a ciò abilitati dall’art. 138 Cost. di richiedere il referendum popolare entro tre mesi dalla pubblicazione. 
Due categorie di soggetti legittimati (un quinto dei membri di una Camera e cinquecentomila elettori) hanno presentato le firme per chiedere la consultazione popolare, disciplinata dalla legge 25 maggio 1970, n. 352, e convocata, con d.P.R. del 27 settembre 2016, per il giorno di domenica 4 dicembre 2016.
Il quesito referendario chiede agli elettori se vogliono approvare il progetto di riforma. Solo se la maggioranza dei votanti si esprimerà per il “sì”, il progetto diventerà legge costituzionale. 
Per il referendum costituzionale non è richiesto il quorum “costitutivo” ai fini della validità della deliberazione, previsto dall’art. 75 Cost. per il solo referendum abrogativo. Il che vuol dire che non partecipare al voto consentirà ai soli elettori determinati di decidere per tutti.
Trattare in termini solamente tecnici della riforma costituzionale è una impresa complicata, perché la “dimensione politica” del fenomeno esplode inevitabilmente. 
Gustavo Zagrebelsky così si è espresso: la ragione del dibattito non riguarda né l’estetica (su cui qualcosa ci sarebbe anche da dire) né solo l’ingegneria costituzionale, perché nessuna questione costituzionale è mai solo tecnica, ma è sempre anche politica. Del resto, la Costituzione è e condensa: 
le nostre radici, 
la nostra storia, 
il nostro presente e il nostro futuro.
Le ragioni tecniche del “no” e del "si" al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre si articolano in argomenti di metodo (sulla procedura costituzionale e referendaria) e di merito (sui contenuti del progetto di riforma). 
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Sono oggetto di revisione -fra l'altro- la disciplina del procedimento legislativo e le previsioni del Titolo V della Parte seconda della Costituzione sulle competenze dello Stato e delle Regioni. 
Il testo approvato, oltre al superamento dell'attuale sistema bicamerale, prevede, tra l'altro:
  • la revisione del procedimento legislativo, inclusa l'introduzione del c.d. "voto a data certa";
  • l'introduzione dello statuto delle opposizioni;
  • la facoltà di ricorso preventivo di legittimità costituzionale sulle leggi elettorali di Camera e Senato;
  • alcune modifiche alla disciplina dei referendum;
  • tempi certi per l'esame delle proposte di legge di iniziativa popolare, per la presentazione delle quali viene elevato il numero di firme necessarie;
  • la costituzionalizzazione dei limiti sostanziali alla decretazione d'urgenza;
  • modifiche al sistema di elezione del Presidente della Repubblica e dei giudici della Corte Costituzionale da parte del Parlamento;
  • la soppressione della previsione costituzionale delle province;
  • la riforma del riparto delle competenze tra Stato e regioni;
  • la soppressione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL).
Il nuovo bicameralismo differenziato
Nell'architettura costituzionale delineata dal provvedimento alla Camera dei deputati- che "rappresenta la Nazione" e di cui è immodificata la composizione (630 componenti)- spetta la titolarità del rapporto fiduciario e della funzione di indirizzo politico, nonché il controllo dell'operato del Governo.
Diversamente, il Senato della Repubblica: allo stesso è attribuita la funzione di rappresentanza degli enti territoriali nonché di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della   Repubblica; 
il concorso all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabilite dalla Costituzione; 
il concorso all'esercizio di funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea; 
la partecipazione alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea; 
la valutazione delle politiche pubbliche e dell'attività delle pubbliche amministrazioni; 
la verifica dell'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori; 
il concorso all'espressione dei pareri sulle nomine di  competenza del Governo nei casi previsti dalla legge; 
il concorso alla verifica dell'attuazione delle leggi dello Stato.

Al Senato è inoltre espressamente attribuita la facoltà di svolgere attività conoscitive nonché di formulare osservazioni su atti o documenti all'esame dell'altro ramo del Parlamento. 
Ad esso compete altresì l'espressione di un parere sul decreto del Presidente della Repubblica con cui sono disposti lo scioglimento anticipato del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della giunta (competenza attualmente attribuita dalla Costituzione alla Commissione parlamentare per le questioni regionali).
Muta la modalità di elezione del Senato, del quale faranno parte (a seguito di modifiche approvate dall'Aula) 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e 5 senatori di nomina presidenziale (cui si aggiungono gli ex Presidenti della Repubblica). 
I 95 senatori sono eletti in secondo grado dai consigli regionali tra i propri membri e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori. 
Il Senato diviene organo a rinnovo parziale, non sottoposto a scioglimento, poiché la durata dei senatori eletti coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti. Viene dunque sostituita l'elezione a suffragio universale e diretto per il Senato con un'elezione di secondo grado ad opera delle assemblee elettive regionali, da svolgere in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi.

Diversa è la partecipazione delle due Camere alla funzione legislativa, finora svolta su base paritaria. Infatti, quanto al procedimento legislativo, restano immutate le competenze dei due rami del Parlamento solo per alcune determinate categorie di leggi, espressamente indicate dalla Costituzione – che saranno quindi ad approvazione bicamerale. 
Tutte le altre leggi sono approvate dalla sola Camera dei deputati, con un procedimento legislativo monocamerale. Al Senato – che "concorre, nei casi e secondo le modalità stabilite dalla Costituzione, alla funzione legislativa" - è affidata la formulazione di proposte di modifiche, che saranno poi esaminate dalla Camera, la quale potrà discostarsene a maggioranza semplice; la maggioranza assoluta nel voto finale è richiesta solo ove la Camera intenda discostarsi dalle proposte di modificazione del Senato riguardanti le leggi che danno attuazione alla clausola di supremazia.
Il Senato può altresì richiedere alla Camera, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, di procedere all'esame di un progetto di legge. Inoltre, i senatori mantengono inalterato il loro potere di iniziativa legislativa, fermo restando che, ad eccezione dei disegni di legge ad approvazione bicamerale, per tutti gli altri l'esame inizia alla Camera.

Alla Camera è attribuita la competenza ad assumere la deliberazione dello stato di guerra, a maggioranza assoluta, e ad adottare la legge che concede l'amnistia e l'indulto, con deliberazione assunta con la maggioranza qualificata richiesta dalla Costituzione. 
La Camera è inoltre competente ad autorizzare la ratifica dei trattati internazionali, ad eccezione di quelli relativi all'appartenenza dell'Italia all'UE, che rientrano tra i casi di approvazione bicamerale. 
Alla Camera spetta altresì il potere di autorizzare la sottoposizione alla giurisdizione ordinaria del Presidente del Consiglio e dei Ministri per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni.
Il potere di istituire Commissioni di inchiesta viene mantenuto sia in capo alla Camera sia al Senato, peraltro limitato, per quest'ultimo, a inchieste su materie di pubblico interesse "concernenti le autonomie territoriali".
Resta ferma la previsione che attribuisce al Parlamento in seduta comune l'elezione del Presidente della Repubblica, ma non è più prevista la partecipazione all'elezione dei delegati regionali, alla luce della nuova composizione del Senato. Inoltre, nel caso in cui il Presidente della Repubblica non possa adempiere le proprie funzioni, la supplenza spetterà al Presidente della Camera (attualmente la Costituzione la attribuisce al Presidente del Senato). Viene modificato il quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica, prevedendo che dal quarto scrutinio sia necessaria la maggioranza dei tre quinti dell'Assemblea, e a partire dal settimo scrutinio, è richiesta la maggioranza dei tre quinti dei votanti.
Al contempo, viene modificata la previsione costituzionale che attribuisce al Parlamento in seduta comune l'elezione dei cinque giudici della Corte costituzionale di nomina presidenziale stabilendo che i cinque giudici costituzionali nominati dal Parlamento vengano nominati, separatamente, tre dalla Camera dei deputati e due dal Senato.

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