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mercoledì 13 luglio 2016

Hanno detto ... ...

VITTORIO ZUCCONI, giornalista
La sconsolata ammissione di Obama davanti alle bare: "Anche le mie parole non servono a niente". La solitudine del potere con le mani vuote.

Anche dal punto di vista ferroviario l’Italia è un Paese spaccato in due: una parte della rete sicurissima e modernissima, l’altra rimasta agli Anni 50, l’epoca in cui fu ideato il «blocco telefonico» sulle linee, che operava anche stamani sui 37 chilometri di binario unico da Ruvo a Barletta. 
Da noi questo sistema - inventato nell’Ottocento, anche se allora usavano il telegrafo per evitare che i treni si scontrassero tra di loro - si può utilizzare. Si può utilizzare perché le tratte «minori», quelle in concessione e non sotto l’egida di Rete Ferroviaria Italiana del gruppo Fs, non sono obbligate a installare i nuovi, imbattibili (e costosi) sistemi di sicurezza.  

ANTONIO SCURATI, giornalista 
Una madre barcolla tra le corsie di un ospedale terremotato dal disastro. Il suo mondo all’improvviso è finito. Spera con tutta se stessa nel corpo pulsante, nel sangue vivo da ferita, nella vita cruda e verde dell’infanzia, ma è a tal punto disperata che si sazierebbe anche del corpo morto. Purché glie la facciano vedere.  
Questo confine impalpabile tra la speranza più fervente e la disperazione più atroce, questa linea scritta a matita tra la vita e la morte, questo è quel che si dice “tragedia”. Solo quando si abbatte su di noi capiamo quanto, nel nostro tempo, la parola sia abusata. La impieghiamo per vegliardi trapassati nottetempo nel proprio letto, vi facciamo ricorso per nominare modesti danni patrimoniali causati da periodici crolli di borsa, la sprechiamo con vergogna perfino per un ottavo di finale perduto ai calci di rigore. Non vi è una sola creatura vivente che, alla fin della fiera, quando si arriva proprio in fondo in fondo, non sia un dilettante della morte. Eppure, noi che viviamo al principio del XXI secolo in Occidente, sul versante esangue della storia, sembriamo non raccapezzarci più, sembriamo quasi non capirla, o fingiamo di non saperlo più fare. 
Siamo diventati degli idioti della morte. 

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