StatCounter

giovedì 10 dicembre 2015

Hanno detto ... ...

MICHELE AINIS, costituzinalista
Qui attorno chiunque si proclama democratico, i politici, gli intellettuali, i nonni, le zie. Ma se tutti sono democratici, nessuno è democratico. L’identità si ritaglia in opposizione all’altro, così come il popolo italiano si distingue dal popolo russo o americano. Nel febbraio 2007 il manifesto fondativo del Pd esordiva con questa frasetta: «Noi, i democratici, amiamo l’Italia». Sarebbe possibile volgerla al contrario? Avrebbe senso scrivere: «Noi, gli antidemocratici, odiamo l’Italia»? No, e allora quella frase non significa più nulla.

C’è mai stato un governo che non si sia dichiarato riformista? Mai: tutti i governi, di destra e di sinistra, di sopra e di sotto, ci hanno sventolato sul naso le proprie riforme. D’altronde ogni legge introduce una riforma sulla legislazione preesistente, e i governi stanno lì per dettare le leggi. Tuttavia, di nuovo: se tutti sono riformisti, nessuno è riformista. Forse è questo a intossicare la nostra vita pubblica, l’assenza d’un linguaggio rigoroso. E più onesto, più sincero. Una riforma, se è davvero tale, pesta qualche piede, e ne riceve in contraccambio dei calcioni. Se tutti stanno buoni e zitti, significa che non è successo niente.

Destra e sinistra restano categorie del codice stradale, non più della politica. Sono di sinistra i 5 Stelle? Probabilmente no, però neanche di destra, e men che mai di centro. Allora cosa sono? Per definirli, un’altra pioggia di parole trite: populismo, estremismo, antipolitica. Le stesse che usiamo per la Lega di Salvini, benché i due movimenti muovano verso contrarie direzioni. Il senso di marcia, ecco il senso di cui sono ormai prive le parole. In quello specchio verbale si riflette il nostro spaesamento.

Nessun commento:

Posta un commento