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venerdì 18 settembre 2015

La riflessione di Gjovalin ... 18.09.2015

Il rapporto tra sé e la propria coscienza.

Come ogni ambito dell'umano, anche il credere è ambivalente: chi crede ciecamente è un fondamentalista pericoloso, e chi non crede affatto e se ne compiace, rischia di essere un cinico senza speranza e senza amore.

In ogni persona dotata di discernimento e di onestà intellettuale, convivono il credente e l'ateo, e se una delle due opzioni prendesse il totale controllo, si finirebbe fatalmente in una forma di assolutismo.
Se il credente non dubitasse dell'esistenza di Dio, rinuncerebbe all'esercizio del pensiero, che più di ogni altra sua attività gli conferisce dignità e nobiltà.
Se l'ateo non dubitasse mai del proprio rifiuto di credere, rischierebbe di rendere ipertrofico il proprio potere di giudizio sull'etica, e sui comportamenti conseguenti.
Il risultato potrebbe essere la negazione di ogni logica della vita, oppure il cavalcare impunemente le proprie idee senza alcun timore degli effetti prodotti sulla vita degli altri, come del resto puntualmente avviene.
Oppure potrebbe sostituire a Dio un altro tipo di fede, ad esempio nelle persone o nei partiti politici, ma i risultati, le delusioni e gli interrogativi sarebbero gli stessi, e come per la trascendenza, resterebbero insoluti.
Come ogni ambito dell'umano, anche il credere è quindi ambivalente: chi crede ciecamente è un fondamentalista pericoloso, e chi non crede affatto e se ne compiace, rischia di essere un cinico senza speranza e senza amore.
L'ambivalenza della realtà si esprime nella frontale contrapposizione tra indifferenza e integralismo, non tra persone che dicono la verità e quelle che dicono bugie, o quelle buone e cattive.
Chi crede in Dio, trova formidabili sostegni teologici alla necessità dell'etica, fatta di giustizia e di verità.
Ma i valori morali creduti e applicati senza i filtri del buon senso, lo insegna la storia, realizzano l'inferno sulla terra anche e soprattutto quando vorrebbero portarvi il paradiso.

Nell'inquisizione, nella rivoluzione francese, nello stalinismo, non vi furono abusi di potere o effetti imprevisti e indesiderabili, rispetto alle buone intenzioni.
Non inganni il particolare che solo l’inquisizione torturò nel nome di Dio: anche la rivoluzione e il comunismo furono a tutti gli effetti manifestazioni religiose, di una politica resa sacra e al di sopra degli uomini.
Il terrore, il dolore e gli stermini che essi seminarono nel mondo, non dipesero dagli errori degli uomini che ne furono protagonisti, ed essi non fecero scempio della dignità umana per sbaglio.
Tutte e tre queste grandi tragedie, ebbero la caratteristica di essere la manifestazione di una fede incrollabile nei propri valori, e l'assoluta integrità con cui vennero portati avanti, moltiplicò a dismisura le catastrofi che produssero.

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