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lunedì 7 luglio 2014

La nostra Sicilia. Una carrellata dai Borboni al crocettismo n. 5

La storia dell'isola
La riconversione dell'agricoltura siciliana

Abbiamo già visto come la Costituzione borbonica del 1812 abbia archiviato, in via di principio, l'ancien regime baronale nelle campagne della Sicilia. 
Le successive leggi venute fuori fra molte difficoltà negli anni che seguirono (1818, 1824, 1841 ..) tentarono di far dimenticare il feudalesimo e di mettere sù uno stato fondato sulla proprietà privata e l'iniziativa individuale (= uno stato più o meno borghese).  
Non fu facile e non fu perseguito con impegno e forza sufficiente dal governo borbonico. I "gattopardi", ossia gli antichi baroni, ebbero gioco facile a derubare le masse contadine degli usi civici e a rendere le campagne molto più povere rispetto al regime feudale. Essi divennero in assoluto "grandi proprietari terrieri", o come la letteratura economica li definì "latifondisti".
Eppure il contesto internazionale, specialmente dagli anni quaranta dell'Ottocento,   invitava a seguire quanto stava accadendo in molti paesi europei dove iniziò -appunto in un contesto borghese di proprietà terriera diffusa- pure uno straordinario sviluppo industriale ed urbanistico accompagnato ad una forte richiesta di derrate alimentari che fece sentire i suoi effetti incentivanti nella produzione del grano. Produzione del grano siciliano che in mancanza di innovazioni negli assetti produttivi e in un contesto di masse contadine impoverite viene pure insidiata dai prodotti africani e soprattutto russi.
Per la Sicilia è in quegli anni che cresce la fortuna sui mercati europei del vino Marsala.
Qualche novità di tipo extra-agricolo si ha nel settore manufatturiero ed estrattivo grazie all'affermazione sui mercati internazionali dello zolfo siciliano, affermazione quest'ultima quasi monopolistica.
La Sicilia assistette in quegli anni all'afflusso di molti capitali stranieri -inglesi soprattutto- ma non tali da avviare la trasformazione di una realtà feudale in una società di intraprendenza borghese.
Il dominio dei "gattopardi" sull'isola non fu per nulla scalfito ed i siciliani, soffocati da quello che era stato il precedente dominio di tipo paternalistico dei baroni  trasformatosi in dominio proprietario dei latifondisti, iniziarono il doloroso flusso dell'emigrazione.
Si tratta per la Sicilia dei decenni decisivi che segnarono i presupposti dello squilibrio fra lo sviluppo del Nord Italia ed il Meridione.
Certo, non si può dire che tutti i latifondisti furono ottusi fino al punto da non intraprendere la modernizzazione delle loro vaste masserie.
Ci furono in alcune località dell'isola (non a Contessa e nemmeno nel resto del Corleonese)  progressi in grado di garantire la fortuna di quelle vaste proprietà fondiarie, ma non tali da permettere miglioramenti sensibili dei livelli di vita della maggior parte della popolazione.
Fu in questo contesto di rapacità dei "gattopardi" e di malessere delle masse contadine -private di molti diritti come quelli che a Contessa garantivano i capitoli sottoscritti dagli arberesh nel 1520 con Alfonso Cardona- che nel 1848 l'isola insorse ancora una volta contro i Borboni.

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