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martedì 29 luglio 2014

Accadde 100 anni fà, ma potrebbe accadere ancora ... se i troppi focolai accesi attorno al Mediterraneo non verranno spenti

L'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando accende nel 1914 in Europa la miccia della miscela di patriottismo, patti di alleanza e mire espansionistiche che fa dei Balcani una "polveriera", innescando lo scoppio del primo conflitto mondiale.
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L'estate del 1914 era fra le più belle del Novecento: giorno dopo giorno, il sole splendeva in un cielo limpido e di un azzurro intenso. 
Gli europei vivevano settimane tranquille.
Apparentemente, gli unici avvenimenti di rilievo erano in ciascun paese questioni prettamente nazionali.
-La Gran Bretagna affrontava la crisi dell'Ulster (il Nord Irlanda),
-La Francia seguiva con il fiato sospeso il processo per omicidio a carico della moglie di un ministro,
-In Germania i conservatori del centro-destra ed i socialdemocratici si fronteggiavano in vivaci dibattiti sulla recessione in atto e sulle politiche da attuare,
-In Italia era ormai finita l'era giolittiana, quella delle grandi riforme che avevano fatto convivere la Sinistra liberale con i socialisti turattiani che però avevano garantito solamente l'appoggio esterno ai governi di Giolitti.

Era un quadro quello europeo tanto somigliante ai nostri giorni che segnano crisi, dibattiti fra centro-sinistra e centro-destra, politiche economiche liberiste o keynesiane, rumori di guerra qua e là nell'area mediterranea.

In un primo momento nemmeno l'attentato di Sarajevo, avvenuto il 28 giugno 1914, fece sospettare che stesse avvicinandosi una grave crisi, tanto che, all'inizio di luglio, i leader principali di tutti i paesi europei si recarono tranquillamente in ferie.
Il fatto che, nonostante tanta apparente calma, qualche settimana dopo scoppi una guerra mondiale non dipese solo dal fallimento della diplomazia (proprio come oggi sembra fallire il tentativo di John Kerry fra Hamas ed Israele, o fra Kiev e Mosca, o in Siria, o in Iraq)
In verità quelle che in quell'estate del 1914 si scontrarono erano forze ormai incontrollabili e bastò una scintilla per provocare una catastrofe di dimensioni inimmaginabili, alimentata dal riarmo e dalla militarizzazione, dalla fragilità del sistema di alleanze e dalla competizione tra le grandi potenze per il dominio del mondo.
Il nazionalismo che era figlio della Rivoluzione francese del 1789 e che fino allora era stato una spinta di progresso storico (autonomia e sovranità dei popoli) adesso si dimostra un pericoloso amalgama di patriottismo e di odio contro coloro che vengono identificati come nemici.
A Berlino vengono infrante le finestre dell'Ambasciata britannica, a Parigi e Londra la gente lancia pietre contro le vetrine dei negozi tedeschi.
Da quarant'anni in Europa era regnata la pace e in quel luglio del 1914 tutto invece finisce in frantumi. 
Tutti esaltavano, nel clima del nazionalismo trionfante, la propria nazione. Ciascuno vedeva la storia del proprio paese grande e nobile mentre in quella del nemico vedeva la barbarie, il male e le bassezze.
In questo clima di esaltazione iniziò il 28 luglio di cento anni fà la "grande guerra" che -alla fine- costerà all'Europa la morte di 17 milioni di persone. 
Poco ascolto ebbero le poche voci moderate o "neutraliste", in genere di area socialista, sommerse dall'euforia in favore della guerra.

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