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giovedì 30 gennaio 2014

L’Italia. Da contadini ad operai. E adesso ? da operai a disoccupati

Sulla “Storia d’Italia” Einaudi uno dei volumi riporta il titolo “da contadini ad operai”. Oggi col governo degli inconcludenti che ci ritroviamo al livello nazionale, col governo del parlare e straparlare che ci ritroviamo a Palermo, con le grandi imprese del comparto industriale (Elettrolux, Fiat e molte altre decine che …. fuggono o cominciano ad abbandonare il Belpaese), è ovvio che ci viene spontaneo interrogarci su quale possa essere, fra qualche decennio, il titolo del volume dedicato al post-tangentopoli (post-tangentopoli che ha costituito vergogna per il nostro paese, ma non quanto sia vergognosa l’attuale classe dirigente).
Intorno al 1860 l’Italia aveva i caratteri dei paesi poveri e sottosviluppati, in tutto e per tutto come lo può oggi essere un paese africano. Allora non è che mancassero l’ingegno o l’operosità della gente. No, assolutamente no.
La natura, il clima, la fertilità delle campagne erano condizioni che in Europa non tutti i paesi potevano vantare. Ciò che allora aveva lasciato indietro l’Italia (o i sette stati italiani) erano gli ordinamenti del vivere civile. Ovunque con la Rivoluzione francese il vecchio mondo era crollato, la società borghese aveva preso il sopravvento sulla società feudale. Da noi, dal Nord al Sud, al feudalesimo subentrò la società pseudo-borghese, quella del latifondo. La proprietà privata rimase nella disponibilità di chi già aveva dominato nella società feudale. I governi dei sette stati italiani e quello successivo dell’Italia unità rimase in mano alle classi dominanti precedenti. Alle masse fu offerta l’emigrazione di massa verso il nuovo mondo (Americhe e successivamente Australia ed Europa del Nord).

Tutto l’Ottocento fu governato dalle classi parassitarie, mentre nel resto dell’Europa l’industria, l’attività manifatturiera, poneva l’agricoltura come attività quasi sussidiaria ai fini della creazione della ricchezza. Ricchezza che in Europa grazie all’azione politica dei  movimenti socialisti veniva redistribuita, ma che in Italia restava nelle mani di pochi.
L’età giolittiana (liberali di sinistra con l’appoggio esterno dei socialisti) in Italia pose le basi di una industrializzazione che però fu limitata alle regioni del Nord. Perché ? Le classi dominanti del Sud erano espressione dei latifondisti e le classi subalterne erano, in molti casi “fedeli” ai latifondisti ed ostili al movimento socialista che invece prefigurava il loro riscatto.
Ricordiamoci che a Contessa i tentativi di contrasto ai latifondi ci furono e furono consistenti, ma non tanto da averla vinta sulle classi latifondistiche che si circondarono della larga fascia  di mafiosità a loro tutela. Il movimento dei Fasci Siciliani coinvolse a Contessa almeno 150 aderenti e la repressione crispina (espressione del vecchio ordine latifondistico) costrinse la gran parte di quei 150 aderenti ad emigrare (scappare) verso le Americhe. Erano quelli i contessioti più intraprendenti, più intellettualmente attivi (artigiani, i pochi studenti e pochi sacerdoti).
Dal 1919 al 1924 il movimento socialista locale si riorganizzò in cooperative e si impadronì della guida del Comune. Chiese e pretese l’assegnazione delle terre, dei feudi, da coltivare secondo patti e contratti vigenti nel resto dell’Italia. Anche quel movimento fu sconfitto e “confinato” con l’arrivo del Fascismo. Fino agli anni cinquanta a Contessa, come nel resto del Meridione, il modo di vivere rimase quello del latifondismo, un mondo arretrato e non attento a ciò che accadeva nel resto dell’Europa sul piano socio-economico.
Negli anni sessanta l’Italia, col Centro-Sinistra recuperò il tempo perduto, almeno in parte. Il boom nell’industrializzazione, nelle infrastrutture, nella scolarizzazione obbligatoria fino almeno ai 14 anni, il sistema sanitario. Tutto fu allineato all’Europa, compresa la redistribuzione del reddito nazionale prodotto. L’Agricoltura verosimilmente non fu più la fonte di sostentamento per il 90% delle famiglie come lo era ai primi anni sessanta.
Il Centro-sinistra di allora non risolse e non sciolse  tutte le arretratezze del paese. Non poteva recuperare tutti i ritardi, tuttavia miseria e povertà furono di parecchio ristrette. L’Italietta fu portata ad essere, dal tanto disprezzato (in più casi giustamente) Craxi al quinto posto delle potenze industriali del mondo.
Da contadini ad operai raffigura un mondo che il Centro-Sinistra (quello vero) ha saputo far evolvere.

Oggi il contesto e l’economia mondiale sono cambiati. La classe dirigente italiana così come non ha saputo leggere le conseguenze dell’Illuminismo, della Rivoluzione Francese, ancora oggi non sa leggere le conseguenze della globalizzazione, dell’integrazione europea, del villaggio globale.
Cosa è accaduto ? Col crollo del muro di Berlino solo in Italia ci siamo liberati (lo diciamo ironicamente) delle spinte socialiste (non solo di quelle del psi di Craxi ma pure di quelle che esistevano nel pci). In nessun paese d’Europa dopo il crollo del muro di Berlino sono venute meno le forze socialdemocratiche, quelle che nel dna hanno la spinta verso la novità, tranne in Italia dove addirittura i “rivoluzionari” del pci (ancora ironia) si sono trasformati in compassati democristiani.

Oggi non solo l’Italia, governata dalla destra berlusconiana e dal finto Centro-sinistra moderato e conformista del pd, perde di anno in anno capacità di produrre ricchezza (pil) ma addirittura vergognosamente accentra la ricchezza nazionale nelle mani di pochi, di pochi ricconi. L’Istat appena tre giorni fa ci ha fatto sapere che il 10% degli italiani controlla il 50% della ricchezza nazionale.
Non così è accaduto nel resto dei paesi europei, dove pure le forze liberiste governano ma che trovano antagonisti completamente assenti in Italia. A meno che non si considerino antagonisti i "comici" alla Grillo. 

I governi dalemiani e quelli berlusconiani, allo stesso modo dei  governi post-unitari, non sanno gestire il mondo che cambia, ecco perché da 5° potenza industriale con Bettino Craxi (quando fu superata pure la Gran Bretagna) si è passati al 12° posto con Enrico Letta e le riviste specializzate ci fanno prefigurare –a breve- il 18° posto sotto la Corea del Sud.
Il trasferimento della sede legale e di quella fiscale rispettivamente in Olanda ed a Londra viene passata in queste ore dai media governativi italiani come fatto trascurabile.
L’Italia in Europa è l’unico paese in cui l’intero schieramento parlamentare è liberista, mancano cultura e forze socialdemocratiche. Chi deve spingere in direzione delle riforme strutturali di questa società ferma ai tempi pre-globalizzazione ?

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