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mercoledì 18 dicembre 2013

Matteo Renzi. Pregi e difetti

Il capo che sceglie i dirigenti, bellini e ben pettinati
Dopo aver passato in rassegna gli aspetti della personalità di Matteo Renzi che ci lasciano bene sperare, passiamo alle perplessità.
La prima e la più evidente riflessione che egli provoca è lì dove esibisce il vezzo di scambiare il mezzo coi fini. Renzi è l’uomo che si è imposto mediante le primarie. Prima da sindaco poi da premier e adesso da segretario, domani magari ancora da premier. Egli trasmette la sensazione di vivere in una sorta di estasi ininterrotta da primarie. A nessuno può e deve sfuggire che le primarie sono solo uno strumento per affermare una leadership. Quel che conta non è tutto racchiuso nell’esito delle primarie (ovviamente condizione necessaria, ma non sufficiente). In politica non è importante vincere le elezioni, o le primarie, il bello (il difficile) viene  dopo. Come intende esercitare la leadership conquistata ?.
Naturalmente ancora questo passaggio non lo conosciamo. Però l’inizio ci lascia perplessi. In un regime democratico preoccupa che si cominci con  un “da domani ci divertiamo”. In democrazia  l’approccio a una fase drammatica non si addice. Matteo Renzi sa benissimo che la situazione del paese è costellata da decisioni anche impopolari che devono necessariamente essere assunte e questo, purtroppo,  dovrà avvenire mentre tutt’intorno la miseria si allarga e monta la tensione.
Altro che divertimento !
 La politica non è, non è mai stata, una giostra. È un dovere civico pesante. Non è fatta solo di sorrisi e di sfide vinte, ma anche di lacrime e sofferenze. A meno che a guidare il paese non ci sia un Berlusconi che, dovendo curare gli affari propri a scapito degli italiani, non provi, effettivamente, divertimento.
Di  Matteo Renzi non è condivisibile  il suo rapporto col passato e con la storia. La rottamazione è il termine più violento per inneggiare al rinnovamento. Lo si può accettare solo ai fini propagandistici, non certo come linea guida per l’azione politica. Il suo desiderio di gettare a mare tutto ciò che è successo e vissuto prima di lui, è stupefacente. E’ stupefacente pure  quel circondarsi solo di visini giovani e dolci, di vecchi compagni di scuola e di ragazzi incontrati nel luogo sacro della Leopolda.
Quel voler vivere esteticamente, graziosamente, allegramente la politica è strano modo di selezionare una classe dirigente di un paese di sessantamilioni di residenti. La classe dirigente italiana, ancora una volta eletta dal capo, come usano fare Berlusconi, Grillo, Di Pietro. E come usava fare Bettino Craxi.
Il partito renziano rischia anch’esso, e ultimo arrivato, di mostrarsi un partito all’incontrario. Dove il leader nomina i dirigenti. Non la base attraverso i congressi.
Con il profilo adesso tracciato non ci piace né Renzi, né il partito a cui appartiene. Questi metodi già sperimentati da Grillo, Berlusconi … e Craxi non appartengono ad una buona Sinistra.

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