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giovedì 12 settembre 2013

Eugenio Scalfari riflette sulla lettera di Papa Francesco

Estratto da "La Repubblica"

Le parole di papa Francesco nella sua lettera a Repubblica sono "al tempo stesso una rottura e un'apertura; rottura con una tradizione del passato, già effettuata dal Vaticano II voluto da papa Giovanni, ma poi trascurata se non addirittura contrastata dai due pontefici che precedono quello attuale; e apertura ad un dialogo senza più steccati". Il fondatore Eugenio Scalfari risponde su Repubblica in edicola alla lettera inviata dal Pontefice come risposta e riflessione sul tema fede e ragione. E lo fa dicendo che "un'apertura verso la cultura moderna e laica di questa ampiezza, una visione così profonda tra la coscienza e la sua autonomia, non si era mai sentita finora dalla cattedra di San Pietro".

"Leggendo le parole del Papa  - spiega Scalfari - il nostro pensiero è chiamato e stimolato a riflettere di fronte alla concezione del tutto originale che papa Francesco esprime sul tema 'fede e ragione'". E continua: c'è un importante aspetto politico "quando il Papa scrive della distinzione tra la sfera religiosa e quella politica (....) La pastoralità, la Chiesa predicante e missionaria, c'è sempre stata e Francesco d'Assisi ne ha rappresentato la più fulgida ma non certo la sola manifestazione. Tuttavia non ha quasi mai avuto la prevalenza sulla Chiesa istituzionale. Papa Francesco ha interrotto e sta cercando di capovolgere questa situazione. La trasformazione in corso nella Curia e nella Segreteria di Stato sono segnali estremamente importanti. Temo però che molto difficilmente ci sarà un Francesco II e del resto non è un caso se quel nome non sia stato fin qui mai usato per il successore di Pietro".

"Il Papa mi fa l'onore di voler fare un tratto di percorso insieme. Ne sarei felice. Anch'io vorrei che la luce riuscisse a penetrare e a dissolvere le tenebre anche se so che quelle che chiamiamo tenebre sono soltanto l'origine animale della nostra specie.
Più volte ho scritto che noi siamo una scimmia pensante. Guai quando incliniamo troppo verso la bestia da cui proveniamo, ma non saremo mai angeli perché non è nostra la natura angelica, ove mai esista"

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