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venerdì 6 settembre 2013

Economia etica. L'orticoltura di città, hobby o necessità ?

Non è solamente colpa della crisi, c’è la voglia di cibo sano e genuino, il desiderio di natura e la nuova coscienza ecologica.
E’ certo che il modello di società che da quindici anni ad oggi portano avanti i due partiti liberisti italiani, il Pdl ed il Pd, che crea sempre più poveri, pensionati espulsi dal ciclo produttivo, esodati e disoccupati di ogni età il tempo libero nel nostro paese, l’Italia, non manca.
In molte realtà della penisola gli orti urbani e campestri sono divenuti un fenomeno in sorprendente crescita. E, lo ripetiamo, non sono solo una moda, ma in molte circostanza una necessità.
L’Istat asserisce che in Italia  in questi prosperi anni di “liberismo”, sia in versione berlusconiana (ognuno si faccia gli affari propri arraffando risorse pubbliche) che, per esempio, in versione dalemiana (quando il parassitismo lo si vedeva pure nel dinamismo della borsa), sta accadendo che sette famiglie su dieci sono state costrette a tagliare la spesa alimentare e gli orti sono diventati, da simpatico hobby del weekend, una quotidiana pratica anticrisi.
Secondo la Confederazione italiana agricoltori sono circa nove milioni (+9 per cento rispetto al 2012) i city farmer che curano un orto in giardino, in terrazzo o in uno spazio di proprietà comunale, per un totale di 1,8 milioni di ettari. Non è poco se pensiamo che il merito è anche delle amministrazioni locali, che sempre più spesso mettono a disposizione dei coltivatori urbani terreni incolti e abbandonati sottraendoli al degrado e alla speculazione. Tanto che i city farmer, possiamo dirlo, svolgono anche il compito di riqualificatori di aree dismesse, e a costi vicini allo zero.
La regolamentazione del Comune di Bologna sugli orti urbani risale agli anni Ottanta: prima erano riservati ai pensionati, ma dal 2009 sono aperti a tutti. Così la città si trova ad avere 2.700 orti e ben 3.300 richieste da parte di italiani, stranieri, famiglie, single, giovani (anche laureati), il che sottolinea il ruolo di aggregante sociale di questa agricoltura che si anima tra l'asfalto e il cemento.
Anche il resto d'Italia si muove in fretta in questa direzione. Roma, che ha una lunga tradizione di orticoltura urbana, sta per mettere a disposizione altri 170 ettari nella valle della Caffarella. E nel maggio scorso è stato lanciato da Anci, Italia Nostra Onlus e Res Tipica il "Progetto nazionale orti urbani", che vuole creare una rete di aree accomunate dalle stesse regole per favorire la crescita di un'economia etica.
(cfr. La Repubblica)

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