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lunedì 23 settembre 2013

Aspettando il nuovo Eparca (n. 30)

Spunti dall'ultimo numero di Iura Orientalia
Ci piace soffermarci ulteriormente su questo strano aspetto del diritto canonico: i fedeli cattolici di rito orientale hanno diritto in qualsiasi parte del pianeta di essere assistiti da sacerdoti di rito orientale, tuttavia le Conferenze Episcopali della gran parte degli stati –costituite ovviamente prevalentemente da Vescovi latini- rifiutano di autorizzare sui territori di loro competenza la presenza di sacerdoti cattolici di rito orientale “sposati”.
Nei XIX e XX secolo sono stati emanati alcuni documenti da parte della Sede Apostolica, intesi a vietare ai sacerdoti cattolici sposati di prestare il ministero incorporati nelle diocesi latine.  Sulla base di essi nessuno dei numerosissimi "papas" di Contessa Entellina (nella parrocchia si arrivò a disporre simultaneamente di 20 sacerdoti in gran parte sposati) potè seguire le migliaia di compaesani che nell'Ottocento si insediarono a New Orleans e dove ancora oggi seguono il rito bizantino.
La rivista Iuria Orientalia riporta alcuni dei provvedimenti in proposito:
-Il Decreto della Congregazione de Propaganda Fide del 1° ottobre 1890 proibiva ai sacerdoti sposati ruteni di stabilirsi negli Stati Uniti.
-La, allora, Congregazione per la Chiesa Orientale proibiva nell’anno 1929 con il Decreto «Cum data fuerit» che il clero sposato ruteno si stabilisse nell’America del Nord; nello stesso anno con Decreto «Qua sollerti» ci fu la stessa proibizione per il clero sposato orientale in America del Nord e del Sud, in Canada e in Australia e nell’anno 1930, con il Decreto «Greci-Rutheni Ritus», per il clero ruteno in Canada.
-Questa proibizione venne estesa anche ad altri paesi: «Per ulteriori disposizioni dei Romani Pontefici la citata normativa è stata estesa su altri territori non considerati “regioni orientali” e non può essere cambiata senza aver sentito la Conferenza Episcopale in loco ed aver ricevuto l’autorizzazione della Santa Sede».
Oggi si pone l’interrogativo se siano ancora in vigore questi documenti restrittivi che sono stati emessi prima del concilio Vaticano II e della promulgazione del CIC e del CCEO. Secondo autorevoli canonisti ogni norma contraria all’immigrazione dei preti sposati emanata dalla Sede Apostolica dal 1890 in avanti, è stata ora abrogata dal Codice.
Non mancano, tuttavia, altri  autori che ritengono, come del resto è la posizione della Sede Apostolica fino a Bertone regnante, che queste norme proibitive siano ancora in vigore. Tanto è vero che oggi le centinaia di migliaia di rumeni in Italia (quelli cattolico-bizantini, ovviamente) devono essere assistiti da sacerdoti non sposati.
C’è da rilevare in ogni caso che nonostante le Conferenze episcopali di Australia e Canada abbiano dato ufficialmente il loro nihil obstat per la presenza di clero cattolico-orientale sposato nel loro territorio, in realtà quei decreti restrittivi continuano a restare in vigore».
Questo divieto che si è radicato nella prassi in Occidente, mancando qualsiasi norma canonica, è considerato dalla Sede Apostolica come norma valida e da osservare anche oggi, tranne che ci sia il permesso dalla Sede Apostolica per i singoli casi.
Come strana conseguenza discende che i preti sposati provenienti dalle Chiese cattoliche Orientali normalmente non devono svolgere il lavoro ministero nelle diocesi latine senza il permesso della Sede Apostolica per ogni singolo caso.
L’assurdità o la stranezza della situazione la si legge nel fatto che nell'Eparchia di Piana degli Albanesi un prese sposato di rito orientale può assurgere a Vicario eparchiale o a parroco della Co-Cattedrale ma non può svolgere il ministero nella parrocchia della folta comunità di origine “contessiota” di New Orleans.

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