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martedì 12 febbraio 2013

Quale Chiesa.

Molti cattolici ritengono che la Chiesa sia sempre stata strutturata così come essa appare oggi. Così non è !  ed è verosimile poter dire che essa oggi nei termini in cui si propone al mondo contemporaneo non interpreta l’essenza vera del Cristianesimo e delle parole del suo fondatore, Gesù il Nazareno.
Fra gli impacci più gravi che ostacolano il dispiegarsi dell’essenza del Cristianesimo vi è la presenza di una gerarchia che nessuna altra confessione possiede con un ruolo così penetrante come nella Chiesa di Roma. Ne parla pure Eugenio Scalfari in un articolo pubblicato oggi su La Repubblica.  Il fondatore –non credente- de La Repubblica mette in evidenzia come la gerarchia nella Chiesa Romana sia più interessata al perseguimento e alla conservazione del potere che alla testimonianza della Fede.
Ma se si vuole avere una diagnosi completa dei mali di cui soffre la versione romana del cattolicesimo si possono consultare gli innumerevoli testi scritti da un noto ex collega dell’università di Tubinga del Papa Ratzinger, Hans Kung.
Per il teologo Kung il male del cattolicesimo romano risiede  nel sistema di governo affermatosi nel corso dei secoli da cui emergono
-il monopolio del potere e della verità
-il giuridismo
-il clericalismo
-la sessuofobia e la misoginia
tutti elementi che hanno contribuito, non da soli, a tre grandi scismi del corpo cristiano:
a)      Nell’XI secolo tra Chiesa d’Occidente e Chiesa d’Oriente
b)      Nel XVI secolo tra cattolici e protestanti
c)       Nel XVIII-XIX secoli tra cattolicesimo ed illuminismo-modernità.
Se oggi in tanti ritengono che la struttura della Chiesa, col suo papato capace di mobilitare platealmente adunate con milioni di persone, sia sempre stato così, bisogna dire che essi si sbagliano.
Il papato ha cominciato a divenire una istituzione monarchico-assolutistica a cominciare dal II millennio. Fino ad allora il Papa di Roma, il Papa di Alessandria d’Egitto, il Patriarca di Costantinopoli, il Patriarca di Antiochia ed il Patriarca di Gerusalemme costituivano una unica Chiesa indivisa dove nessuno dei titolari prevaleva sull’altro. Fino ad allora la Chiesa si occupava di tematiche liturgiche, teologia, devozione popolare, carità fra i fedeli, vita monastica, arte; solamente dopo la Chiesa romana tende ad occuparsi di gestione del potere (anche se gli antecedenti si rinvengono nella falsa donazione di Costantino), di come costruire nella società un potere ecclesiastico senza esitare di sottrarlo e di contenderlo al potere imperiale e a quello laico.
Il papato nel corso dei secoli ha gestito il potere temporale e spesso ha asservito a questo la missione di far conoscere il Vangelo.
Conseguenza di questa logica di potere (piuttosto che di carità) è stata, ad esempio, la mancata esplorazione ed indagine degli scandali legati agli abusi sessuali del clero (pedofilia). L’episcopato cattolico di tutto il mondo fino a pochi mesi fa non ammetteva  la corresponsabilità nell’occultamento sistematico  di questi casi e dopo, quando non potè più tacere,  non si è preoccupato di risalire alle ragioni storiche della devastante aberrazione.
 
Papa Benedetto XVI lascerà a fine mese il soglio pontificio. Noi oggi non conosciamo a pieno le ragioni, ma possiamo dire che esse non vanno ricercate certamente nella missione evangelica della Chiesa. Esse sono tutte da rinvenire nell’assetto istituzionale, di potere, della Chiesa, ossia nel contenuto dell’espressione “gerarchia”.
La Chiesa di Roma ha bisogno di riforme profonde. Ha bisogno di reincontrarsi  con le altre Chiese cristiane con cui ha perso i contatti nel corso dei secoli, quando i Papi hanno lavorato per costruire il potere, quel potere che oggi un uomo saggio e mite come Benedetto XVI non riesce più a controllare a causa delle faide interne, dei buchi di bilancio che la stampa in questa fase solamente sussurra e per le incrostazioni culturali che si sono stratificate.
In prospettiva ai fedeli, ai credenti, basterebbe un Papa che non stesse dentro il Vaticano, senza la necessità di disporre di una banca come lo Ior, senza le adunate oceaniche, e che abitasse in un appartamento normale di una via romana, con l'assistenza di uno o due segretari. Un uomo di testimonianza e di missione. Null’altro.
Si pensi che un Patriarca, uno dell’antica pentarchia, quello di Costantinopoli -che nel primo millennio godeva di maggiore influenza di quello di Roma-, oggi vive delimitato in un quartiere dell’antica capitale dell’impero con molte difficoltà e disagi che il potere governativo di quell'angolo di Euroasia non gli lesina, con pochissime chiese parrocchiali da curare e tuttavia gode di un prestigio internazionale immenso.
Non è il potere quindi che i cristiani   si attendono dai propri pastori.
Il successore di Benedetto XVI dovrà sapere riformare la Chiesa, rimuovere i fattori che hanno allontanato la gente, la modernità, dalla Fede. 
Riforme profonde, che in molti casi -lo vedremo in una prossima pagina che cureremo- significherà ritorno alle origini.
(segue)

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