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domenica 11 novembre 2012

Precari di Sicilia. I politici sono tutti al loro fianco, nessuno pero' indica le risorse utili alla copertura finanziaria

Nei comuni dell'isola si avverte tensione.
Andando indietro con la memoria ricordiamo che qualche decennio fa' il fulcro di qualsiasi amministrazione comunale stava nell'ufficio tecnico. Si programmavano e si eseguivano opere pubbliche e gli amministratori andavano fieri delle realizzazioni. Adesso, da qualche tempo, il cuore delle amministrazioni comunali si e' spostato negli uffici finanziari, negli uffici ragioneria. Bisogna infatti lottare per evitare il dissesto strutturale di bilancio, pertanto non conta nemmeno se l'acquedotto comunale fornisca o meno acqua, non conta se i rifiuti solidi urbani li si vede dove non dovrebbero. Tutta l'attenzione è concentrata sui conti, sulla quadratura dei conti.
In queste settimane incombe anche un problema dai pesanti  risvolti sociali:  il rapporto di lavoro dei contrattisti  si avvia alla scadenza nei prossimi mesi. Solo a  Palermo e provincia, negli enti locali si contano ben 3.234 precari.
Di questi, 2.055 sono assunti a tempo determinato in base alla legge 16/2006 con contratti da uno a cinque anni e il resto, 1.179, sono impiegati in base alla legge 21/2003 che prevedeva contratti quinquennali rinnovabili per un altro quinquennio. Tra questi lavoratori, rientrano anche i primi precari assunti nel 2002, per lo più come co. co. co. e in base ad una legge del 2000 per cui adesso scade l'ultimo quinquennio di dotazione finanziaria.
Tra vincoli del patto di stabilità che non bisogna sforare, tra risorse da Stato e Regione che vengono sempre piu'  a contrarsi e tra complicazioni normative che divengono sempre piu' complesse, per i precari  «la situazione appare complicata e con pochi spiragli». Ad ammetterlo sono gli stessi sindacati del pubblico impiego.
«Anche la circolare dell'assessorato regionale al Lavoro di ottobre - dice il responsabile fp cisl  - non è servita a facilitare il processo di stabilizzazione».
La norma regionale in vigore (la legge numero 24 del 2010) con cui, tra l'altro, era stata prevista la stabilizzazione dei precari entro il prossimo 31 dicembre, stabilisce la proroga dei contratti solo per quelli in scadenza nel 2011 e 2012, lasciando scoperti gli altri.
Il rischio?  Un vuoto legislativo per i contratti che scadono a partire dal 2013. Ma anche per quelli la norma (la legge regionale numero 21 del 2003) prevede un solo rinnovo quinquennale, ed hanno già usufruito dei finanziamenti previsti senza approdare alla stabilizzazione. A rendere ancora più incerto l'orizzonte è, poi, lo stato disastrato delle casse comunali, della gran parte dei comuni,  e il rischio commissariamento incombe su tanti  Comuni. 
L'Anci Sicilia ha scritto al  prefetto di Palermo, Umberto Postiglione, per chiedergli  «di rappresentare al Governo nazionale l'urgenza e l'indifferibilità di provvedimenti straordinari». «Il concomitante taglio dei trasferimenti statali e regionali e la conseguente esigenza, per molte Amministrazioni - si legge nella missiva - di far gravare sulle comunità i consistenti aumenti delle aliquote dell'Imu e dell'Irpef espongono i sindaci al rischio di essere avvertiti come gabellieri che non tengono conto delle reali condizioni economiche dei cittadini». 
Per l'Anci oltre ai posti di lavoro dei precari e alla sospensione dei servizi pubblici è «a rischio sempre più la coesione sociale».
Dinnanzi alla prospettiva «di dovere procedere al loro licenziamento» l'Anci rivolge una richiesta «urgentissima» di incontro al neo presidente della Regione, Rosario Crocetta.  
Sono 15.417 i precari negli enti locali dell’isola, un migliaio dei quali con contratti in scadenza quest’anno, gli altri a partire dal prossimo e fino al 2016. E con la mannaia dei tagli sul collo.
«Ci sono Comuni che non hanno ancora ricevuto gli acconti per pagare gli stipendi ai contrattisti mentre rispetto al fondo unico del precariato la Regione ha assicurato per il 2012  soltanto la copertura dell’80 per cento, 290 milioni a fronte dei 310 necessari.  Alcuni Comuni si sono visti costretti a ridurre gli orari dei lavoratori per rientrare all’interno della spesa, altri hanno sospeso le attività e in molti casi non pagheranno gli stipendi a novembre e dicembre ».
Insomma, sul fronte dei precari, scrive il presidente dell’Anci «si avvicina la prospettiva di dovere procedere al licenziamento con gravissimo pregiudizio sul versante sociale e su quello della efficienza della macchina burocratica ».

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