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sabato 10 novembre 2012

Comuni e regioni al collasso finanziario. La colpa non è del governo di Roma ma degli elettori che scelgono amministratori mascalzoni

Si susseguono le voci sulle gravi difficoiltà in cui versano gli enti territoriali della nostra isola. E non si tratta solamente di piccoli comuni, ma anche di grosse realtà che comprendono le città capoluogo (Messina, Catania, Palermo) e persino l'ente principale, la Regione Sicilia.
I sindaci dell'agrigentino, con l'aggiunta di quelli della Valle del Belice si sono oggi riuniti a Ribera per discuterne. Come era immaginabile la filosofia che si insegue è quella del piagnisteo, del vittimismo. Non c'è da meravigliarsi,  la classe politica molto mediocre di questa seconda repubblica è priva di cultura e quel poco di "spirito", quando c'è, che la anima deriva dalle scorie del protestare per protestare di antica origine ideologica della prima repubblica.
Cosa vogliono i sindaci in difficoltà ? non c'è da pensarci: chiedono che altri (lo Stato) si faccia carico delle voragini dei conti che le amministrazioni in carico o quelle che le hanno precedute hanno procurato alle collettività.
Qualcuno facendosi fuorviare dai demagoghi, che purtroppo nella nostra terra non mancano, cerca di addebitare le difficoltà attuali  ai tagli della spesa pubblica portati avanti dal governo Monti ma intrapresi in precedenza pure dal governo Berlusconi-Tremonti. I tagli non hanno niente a che fare con i probabili soffocamenti della finanza pubblica locale. Messina non sta affondando per i tagli, non non esiste relazione fra le difficoltà finanziaria di Catania, Palermo e di Mamma Regione con i tagli alla spesa pubblica.
 
Abbiamo -in altro articolo- lasciato intendere che l'origine dei possibili "dissesti" degli enti territoriali hanno radice nella mala-gestione. Diego Cammarata, Totò Cuffaro, Raffaele Lombaredo (per richiamare alcuni nomi) sono alla radice degli odierni malesseri delle realtà da loro male-gestite.
 
Ci preme sgomberare il campo da una idea: se Mamma Regione o il Comune di Palermo dovessero fallire non interverrà lo Stato a sanare le laceranti ferite nel corpo sociale dei siciliani o dei palermitani. Pensare simili medicazioni significa non essere vissuti negli ultimi decenni nella vita pubblica del nostro paese.
In effetti molti sindaci pensano che alla fine qualcuno pagherà.
Non è così !
I disastri prodotti dai vari Cammarata, Cuffaro, Lombardo li pagheranno i cittadini che nelle urne li avevano scelti.
Pagheranno purtroppo anche quei cittadini che non hanno mai votato nè Cammarata, nè Cuffaro nè Lombardo ma che vivono nelle comunità male-governate.
 
Queste sono regole note a tutte le persone informate della vita pubblica. Solo Sindaci sprovveduti, o che vogliono fare i finti tondi pensano che sarà Mario Monti o il ministro Grilli ad aprire il portafoglio.
L'ipotesi in ogni caso è da escludere in quanto il Tesoro italiano non riesce a pagare nemmeno i suoi debiti diretti. 
 
Per capire che Palermo, la Regione Sicilia (ma ci viene in mente in questo momento  pure il comune di Piana degli Albanesi) etc. devono trovare da sè la strada e le risorse per uscire dalla situazione quasi-fallimentare ci piace percorrere la vicenda del Comune di Napoli che sta facendo tanto clamore nell'opinione pubblica.
 
Napoli, città metropolitana di prima grandezza in Italia, è stata affossata da due nomi di spicco della monenclatura della seconda repubblica. La signora Iervolino ed il signor Bassolino si stanno godendo adesso la loro im-meritata pensione, mentre l'attuale Sindaco, De Magistris, naviga nel fango di insormontabili difficoltà. 
 
De Magistris, persona integerrima, si trova a dover far fronte (senza riuscirvi) a deficit pregressi di cui è difficile quantificarne l'entità. I dati oscillano da 1,5 miliardi di euro a tre miliardi, ed anche oltre secondo altre analisi. In questi conteggi non rientrano i debiti miliardari delle aziende partecipate. Non rientrano nemmeno i debiti fuori bilancio del Comune, assai cospicui, che ancora non si riesce a misurare.
La vergogna d'Italia è che a Bassolino, alla Iervolino, mentre erano a cavallo, nessuno disse loro che erano degli emeriti incapaci e campioni di ignoranza. Avevano buona stampa non solo dai giornali di partito (L'Unità) ma da La Repubblica, Il Corriere della Sera etc.
 
Come era evidente De Magistris si è rivolto al governo nazionale. Ha chiesto aiuto (come peraltro ha fatto Leoluca Orlando per la "rogna" Gesip).
De Magistris ha premuto sul governo per avere sostegni, maggiori aiuti finanziari che lo aiutassero ad uscire dal fango lasciato dai predecessori. Nulla o pochissimo, ha ottenuto ed il sindaco si è rinchiuso nel risentimento personale nei confronti delle autorità di governo, come se non sapesse che in uno stato di diritto non sono i momentanei titolari di "ruoli" a contare ma le regole (dura lex sed lex).
 
Non serve demagogicamente additare come responsabile delle difficoltà Roma, capitale matrigna, che rifiuta le richieste di aiuto. 
La gente, i napolitani, i palermitani, i siciliani, devono ricordare che la responsabilità del forte disavanzo dei conti pubblici di Napoli, Palermo, Mamma Regione, non è dello Stato, di Roma matrigna, ma di chi ha gestito negli anni  la finanza pubblica napoletana, palermitana, siciliana. Poco conta se costoro erano Bassolino, Iervolino, Diego Cammarata, Toto Cuffaro,  Raffaele Lombardo.
I soldi malamente spesi nel clientelismo messo in atto da quegli amministratori che siano stati "bene" impiegati o che siano stati (come appare evidente) dissipati,  sono stati fruiti pur sempre da napoletani, palermitani e siciliani.
Per dirla più esplicitamente che siano finiti in sussidi, in spese di assistenzialismo oppure in (improbabili) investimenti di opere e servizi utili è certo che non ne hanno tratto beneficio nè i padani, nè i toscani nè i pugliesi.
Se nel decreto sugli enti locali quindi è contenuta una goccia di risorse pubbliche per Napoli, non significa che la collettività nazionale può accollarsi la pessima scelta fatta nelle urne di amministratori incapaci ed ignoranti effettuata dai napoletani.
 
Finora il rimedio ai dissesti degli enti locali era appunto la "dichiarazione di dissesto", che faceva scattare per molti anni l'elevazione tributaria ai livelli massimi e riduceva il gravame del personale per passaggi dolorosi.
 
A Napoli si sta pensando a dismettere in tutto o in parte il patrimonio immobiliare, storico e non. Operazione complicata anche perchè richiede competenze tecniche e professionali non di facile disponibilità.
 
De Magistris, ma la terapia vale pure per Orlando ed il neo presidente Crocetta,  dovranno puntare con grandissimo impegno politico e di capacità  progettuale  tentando di coinvolgere le risorse culturali, politiche, porofessionali che stanno accanto a loro per rompere gli schemi e le paratie fra maggioranza ed opposizione, perchè il "deficit" contabile diventi problema della comunità.
Quanta gente pensa che i problemi del Palazzo Municipale riguardano solamente il sindaco !
 
De Magistris, Orlando, Crocetta sanno molto bene che non ci si può nascondere dietro le male-amministrazioni di Bassolino, Iervolino, Cammarata, Cuffaro e Lombardo, nè si può fare del deficit l'unico obiettivo politico-gestionale, per quanto esso abbia immani dimensioni.
Servono quindi indirizzi di crescita e di sviluppo; senza di queste il disavanzo non potrà essere aggredito.
Con quali soldi ? Destinando il poco disponibile ed il tanto che potrebbe derivare dal taglio degli sprechi e dei "privilegi" al co-finanziamento degli investimenti comunitari.
Il disavanzo dei conti non può e non deve bloccare lo slancio delle forze attive (che esistono ovunque nel Meridione), forze che sanno bene che la salita è accidentata.
Conclusione: E' irragionevole attendersi sostegni particolari esterni, dal momento che le condizioni attuali dell'economia nazionale sono davvero in condizioni pietose.
Ogni realtà locale dovrà fare da sè. Ogni realtà locale dovrà mobilitare il meglio delle risorse umane e patrimoniali disponibili; soprattutto deve cacciare via i mestieranti della politica che pensano che la politica sia un comparto della vita come un altro per curare gli affari propri. Pensano che serva per campare la famiglia !!

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