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domenica 2 settembre 2012

Il PD ostenta certezza di vittoria; il quadro di centro-sinistra in verità è complesso

Molta gente si chiede: ma di che carne è fatto il PD ?
Le elezioni nazionali (primavera 2013) sono vicine.
Il Pd in effetti ancora non ha deciso se presentarsi con un profilo di Sinistra o di Centro. Ancora deve decidere se il capo-coalizione debba essere scelto nelle segrete stanze o se saranno realmente le primarie ad individuarlo. Ancora non ha deciso se in caso di vittoria elettorale il capo-coalizione diventerà primo ministro oppure se l'appalto di guidare il governo debba essere nuovamente affidato al capo scuola liberista Mario Monti o ad un altro assistente della Bocconi.
Il Pd non sa nulla;  non sa nemmeno cosa esso sia.
Se qualcuno fa notare che esso attualmente sostiene un govermo "liberista", mezzo partito asserisce che esso è un partito liberista e quindi è posizionato nella massima coerenza, l'altro mezzo partito invece fa osservare che il liberismo è un ripiego per essere bene trattati in questa contingenza dalla Merkel e che però -nel dopo elezioni- verrà sfoderata l'anima socialista, alla Hollande.
 
Come è combinato, in verità questo Partito ?
Il sessantunenne attuale segretario è in politica dal 1980, inizialmente nella veste di consigliere regionale della rossa Emilia sotto le insegne dell'intransigente Partito Comunista Italiano. Ha quindi vissuto il collasso-trasformismo di quel partito, dalla rigenerazione che ha implicato il diniego delle bandiere rosse non solo di quelle insanguinate del comunismo (sovietico o europeo che fosse), ma pure quelle della sinistra socialista-democratica, fino al posizionamento alla periferia dello spazio politico di quello che era stato il partito della Democrazia Cristiana.
La logica maturata dall'attuale segretario in questo ventennio è stata: dal crollo del muro di Berlino ogni volta che si è andati alle elezioni con in prima fila la faccia di un ex-comunista -ritoccata con lineamenti "democraticissimi"- si è sempre perso (D'Alema, Veltroni). Finora si è vinta qualche rara battaglia solamente mettendosi al seguito di un democristiano (Romano Prodi).
Da qui l'incertezza del segretario su cosa fare in vista delle prossime elezioni. Egli si dibatte nel dubbio, nell'opportunità, di puntare ad un dopo-elezione che veda Mario Monti nuovamente premier oppure nell'ipotesi di accogliere le sollecitazioni socialistoidi di Vendola che orgogliosamente sfodera il fascino della sinistra di oltrealpi, ringalluzita dalla vittoria di Hollande.
Bersani vorrebbe dare la sensazione  di volere essere lui l'Hollande italiano, ma deve fare i conti con i tanti democristiani (Fioroni, Letta, Franceschini, Bindi) che vorrebbero un riabraccio con Casini. A preoccupare Bersani sono pure le antiche eminenze grigie (Veltroni, D'Alema, e decine di altri) che non mostrano di volersi ritirare a casa loro. Vorrebbero, ancora nel terzo millennio, avere garanzie di investitura ad un ministero, come ai tempi di Romano Prodi quando giorno dietro giorni il professore era costretto a raccordarsi (pure per andare a fare la pipì) con i Rutelli, i Pecoraro Scannio, i Di Pietro, i Mastella, i D'Alema, i  Bertinotti etc. etc.
Bersani in verità penserebbe (eventualmente) di circondarsi di giovani ministri, competenti, professionali, che provengano dalle Università e magari con qualche esperienza regionale.
Nei confronti di Matteo Renzi, che il rinnovamento non solo lo pensa ma lo esterna, Bersani nutre simpatia ma non può operare di conseguenza perchè romperebbe con i dinosauri che finora hanno sostenuto la sua segreteria e che stanno lì in attesa di riscuotere l'eventuale (possibile) ricompensa.
 
Conclusione.
Bersani è pronto alla battaglia, ma non vuole che essa sia aspra perchè egli vorrebbe portare le tante anime che gravitano attorno a lui a convergere.
Da qui la mano stretta con i democristiani (Fioroni però, per evitare che Bersani si culli troppo, un giorno si ed un giorno pure lascia capire di essere in contatto con l'amico Casini). Mano distesa, ovviamente, all'area socialistoide oggi esterna al partito che si raccoglie rispettivamente attorno a Nencini (disponibile nei confronti di Casini) e a Vendola; costoro (Nencini e Vendola) sarebbero utili per la copertura a sinistra e per un maggiore accreditamento politico in Europa.
Mano tesa ovviamente ai verdi, ai potenziali trasfughi dell'Idv, a Rutelli e a qualche tecnico del governo Monti.
Esiste in verità anche la carta segreta (ma non tanto), che deve consentire di fare accettare Vendola a Fioroni e che prevede -nel caso di risultati elettorali positivi- di passare immediatamente, il giorno dopo l'esito, all'alleanza con Casini e Passera.
E' un equilibrismo -quello in cui dovrebbe muoversi Bersani- di chiara marca democristiana, che nulla lascia trasparire dei residui ex-pci.
Vendola conosce il disegno di Bersani e nonostante il carattere distensivo e ragionevole che ostenta nei confronti dei suoi interlocutori non è detto che non sogni di possibilmente innalzare una bandiera di sinistra, nitida, che in Europa ha ovunque spazi politici  più che soddisfacenti. Non per nulla Bersani propone liste uniche di coalizione a Vendola e liste distinte a Casini.
Una cosa è certa: a Sinistra soffiano venti fortissimi anti-Pd e Bersani pensa di parzialmente attenuarli tenendosi stretto Vendola.
La sensazione complessiva è che ci si muove in un pantano e tutto lascia intendere che beneficiari potranno pure essere Di Pietro e Grillo.

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