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giovedì 6 settembre 2012

Giustizia sociale. Mario Monti non ne conosce il significato, come tutti i liberisti del PD, PDL, UDC

Lavorare nella diplomazia è una pacchia. 
 Remunerazioni che suonano come uno schiaffo ai contribuenti.
L’ambasciatore italiano all’estero continuerà a guadagnare 380mila euro lordi l’anno tra indennità di servizio (esentasse) e stipendio metropolitano (tassato) cui vanno aggiunti il 20% di maggiorazione per il coniuge, il 5% per i figli, indennità di rappresentanza e sistemazione, contributo spese per residenza e personale domestico. Più premio di risultato variabile da 50 a 80mila euro.
Il rappresentante che vive a a Parigi, ad esempio, prende 320mila euro netti, 125mila euro di oneri di rappresentanza, 64mila per la moglie e 16mila per il figlio.
I consoli sparsi per le più grandi città del mondo non avranno sentore della crisi che sta attraversando il paese. Ad Amburgo, ad esempio, il console continuerà a percepire i suoi 5mila euro al mese di stipendio versati in Italia e 14mila d’indennità netti ed esentasse perché non fiscalizzati né in Italia e né in Germania.
Gli ambasciatori, i consoli ed i segretari  in servizio sono 919. La voce “indennità di servizio” nel 2012 impegna 311 milioni di euro e salirà a 344 l’anno prossimo, con una spesa ulteriore di 44 milioni che va nella direzione contraria ai tagli riservati ad altre categorie di dipendenti dello Stato.
I tagli colpiranno invece il personale già “povero” assunto nelle nostre ambasciate con contratti e tariffe locali. A loro la spending review riserva l’ennesimo blocco degli aumenti, come da dieci anni a questa parte.
Nelle rappresentanze del nostro paese, fianco a fianco, lavorano funzionari e autisti mandati da Roma a seimila euro netti al mese e altrettanti colleghi di nazionalità straniera che prendono dieci volte meno. Una disparità che da pochi giorni è diventata un vero e proprio caso diplomatico in India, dove il personale assunto in loco ha trascinato in tribunale l’ambasciatore italiano con l’accusa di discriminazione etnica.
Per gli insegnanti di lingua italiana all’estero è un bagno di sangue: la spending review taglia il 40% dei professori che insegnano la lingua italiana nel mondo.
 La spending review è legge ma non per il Ministero degli Esteri. Un emendamento al Senato ha offerto infatti un salvacondotto temporaneo ed esclusivo al ministero, non concesso ad altri settori della pubblica amministrazione ad eccezione del personale delle Prefetture in corso di accorpamento.
L’emendamento è stato scritto su indicazione e proposta del governo dagli stessi relatori per la conversione in legge del decreto.
Spiegazione ?
Secondo alcuni è questione di massoneria. Ma .... vacci a trovare la ratio.

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