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giovedì 19 luglio 2012

Raffaele Lombardo. .... nonostante il personaggio, non esiste possibilità giuridica di commissariamento

Dando per scontata l'inidoneità di Raffaele Lombardo a rappresentare, dignitosamente, la Regione Siciliana nel contesto del mondo occidentalew a cui noi tutti aspiriamo ad appartenere e ritenuto il personaggio del governatore assolutamente privo dei requisiti dell'uomo "civile" (fino al punto di essersi spinto pubblicamente ad augurare ad una figura "simbolo" della società siciliana, più volte minacciata dalla mafia, di "andare a morire ammazzatu"), vogliamo vedere se "costituzionalmente" sia possibile commissariare il ruolo di presidente della regione.

Ciò che incuriosisce non poco della questione “Sicilia” è la diffusa certezza nell’opinione pubblica che il Governo nazionale possa decidere, in presenza di motivate esigenze di carattere finanziario (rischio default) di commissariare una Regione.
Tale convinzione viene alimentata da dichiarazioni di autorevoli esponenti nazionali sia del mondo politico che di quello imprenditoriale. Pure i media continuano a scrivere del potere sostitutivo di cui disporrebbe eccezionalmente il Governo nazionale.
L’Italia è tuttavia uno Stato di diritto, ed esistono cose che si vogliono fare e cose che si possono fare. Col sostegno di qualche testo di “Diritto Costituzionale” vediamo se sia o meno sostenibile l’ipotesi di commissariamento della Regione Sicilia, regione a Statuto speciale e per la quale vige il principio di competenza che, “di regola, non tollera deroghe, essendo preordinato, oltre che alla compiuta affermazione del principio di legalità, anche al buon andamento ed alla imparzialità dell’azione amministrativa, ex art. 97 Cost.
Il 1° comma dell’art. 8 dello Statuto siciliano così recita: “Il Commissario dello Stato di cui all’art. 27 può proporre al Governo dello Stato lo scioglimento dell’Assemblea regionale per persistente violazione del presente Statuto”.
1) Se lo Statuto riconosce al Commissario di Stato la facoltà di proposta, implicitamente si riconosce al Governo nazionale la facoltà di accogliere, o meno, detta proposta decretando lo scioglimento dell’A.R.S. previa delibera dei due rami del Parlamento, come prescrive il successivo comma 2°. Rimane di capire se il Governo nazionale possa disporre lo scioglimento dell’A.R.S. nell’ipotesi di persistente violazione dello Statuto anche in assenza della proposta del Commissario dello Stato.
2) La norma, ratione temporis, disciplina lo scioglimento dell’A.R.S. e non anche del Presidente e della sua Giunta. La sopravvenuta elezione diretta del Presidente della Regione pone inevitabilmente un problema interpretativo di non facile soluzione che non potrebbe essere facilmente superato, atteso che in materia di compressione di diritti politici, che trovano alimentazione, tra gli altri, nell’art. 51 della Costituzione, l’interpretazione non può che essere restrittiva.
La citata disposizione statutaria non è sicuramente idonea a soddisfare l’esigenza di un commissariamento della Regione Sicilia non solo perché sciogliendo l’A.R.S. rimarrebbe in carica il Presidente e gli Assessori dallo stesso nominati, ma perché non sarebbe affatto facile, se non impossibile, dimostrare la persistente violazione dello Statuto.
Il 5° comma dell’art. 8 dello Statuto siciliano recita invece così: “Con decreto motivato del Presidente della Repubblica e con l’osservanza delle forme di cui al secondo e al terzo comma è disposta la rimozione del Presidente della Regione, se eletto a suffragio universale e diretto, che abbia compiuto atti contrari alla Costituzione o reiterate e gravi violazioni di legge. La rimozione può altresì essere disposta per ragioni di sicurezza nazionale”. In questo caso due sono le riflessioni da fare:
1) Detta disposizione si presenta decisamente più lungimirante, perché prospettando l’ipotesi di una elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Regione, fornisce all’ordinamento una disciplina ad hoc.
2) Il potere di disporre della rimozione del Presidente della Regione non è rimesso nelle mani del Governo ma del Presidente della Repubblica, la cui decisione è subordinata alla sola deliberazione dei due rami del Parlamento.
Questa è la disposizione  più idonea all’ipotesi del commissariamento quale conseguenza della rimozione del Presidente della Regione, tuttavia non è così facile configurare lo scenario motivazionale che giustifica il provvedimento Presidenziale di rimozione. Infatti, fuori dalle improbabili questioni connesse alla sicurezza nazionale, quali atti contrari alla Costituzione sono stati adottati dal Presidente della Regione Sicilia? E quali gravi e reiterate violazioni di legge sono state dallo stesso commesse?
Un ancoraggio costituzionale potrebbe individuarsi anche nell’art. 120 della Costituzione, riscritto dall’art. 6 della L. cost. n. 3/2001, che così recita: “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione”.
La necessità motivazionale di imputare alla Presidenza della Regione Sicilia una delle previsioni contenute nel citato art. 120 della Costituzione per giustificare il provvedimento sostitutivo, evidenzia la non immediata applicabilità della disposizione costituzionale in questione nell’ordinamento siciliano, infatti i principi dell’art. 120 Cost. non sono in astratto applicabili alle Regioni a Statuto speciale. Infatti fino a quando le norme di attuazione non saranno state approvate, la disciplina dell’art. 120, comma 2, Cost. resterà priva di efficacia, non essendo idonea a produrre alcuna violazione delle loro attribuzioni costituzionali, e  nelle more, si farà applicazione della specifica disciplina del potere sostitutivo contenuta nell’illustrato art. 8 dello Statuto siciliano.
Per concludere,  in presenza di una forma di governo presidenziale della Regione Sicilia caratterizzata dall’attribuzione al suo Presidente di “forti e tipici poteri per la gestione unitaria dell’indirizzo politico e amministrativo della Regione (art. 9 dello Statuto) è incontestabile che una simile opzione sia indice della maggiore forza politica del Presidente”.
Pertanto, le annunciate e confermate dimissioni del Presidente Lombardo, determinando, ai sensi dell’art. 10, comma 2, dello Statuto, la nuova elezione dell’A.R.S. e del Presidente, rendono immediatamente applicabile nella specie solamente l’art. 8-bis, comma 3, dello Statuto così consentendo lo svolgimento dell’ordinaria amministrazione a cura del Vice Presidente, peraltro già formalmente delegato a tale compito.

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