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sabato 2 giugno 2012

L’apparenza

di Nino Montalbano
In questi giorni mi sono chiesto che senso avesse vestire i bambini con i costumi albanesi quando gli stessi bambini non hanno sviluppato (sicuramente non per colpa loro) un’identità arbëreshë. Certo, è difficile scrivere queste parole perchè sono belle le foto che girano su internet, sembrerebbe tutto perfetto ma in realtà mi accorgo forse che per molti è solo APPARENZA.
Posso comprendere le famiglie dei bambini che non parlano quotidianamente l’arbëreshë che anzi si sforzano ad avvicinarsi a quella che erano le tradizioni culturali del loro ambiente, ma gli altri? Se mi proietto in avanti forse mi vergognerei vedendo mio figlio vestire il costume tradizionale sapendo di non aver fatto nulla per insegnargli la lingua parlata a Contessa.
Una nonna l’altra sera era amareggiata di non aver avuto nessuno dei suoi nipoti parlare correntemente l’arbëreshë pur avendone l’opportunità e dava la colpa ai genitori (ai suoi figli) che hanno vissuto gli anni della “modernità”.
La modernità che cancella la storia e l’identità per farci diventare tutti “halloween” e nessuno “Lazëri” che ci fa diventare tutti “musica” e nessuno “canto”.
Quanti Nino e Anna ci sono a Contessa che hanno insegnato ai loro figli l’arbëreshë? Pochissimi.
Noi insegniamo l’apparenza, un’apparenza che si svuota lentamente con il passare del tempo, nessuno sforzo per tramandare quello che il tempo (500 anni) non ha cancellato fino a poco anni fa.
La nuova generazione, quella moderna, quella istruita, quella che ha tentato di scrivere ciò che era solo orale, quella con più possibilità, quella che si incontra e fa i convegni e pubblica i libri di storia, quella che si sposta con i costumi, cancella come se nulla fosse se stessa e poi insegna ai propri figli l’apparenza.
Le istituzioni fanno lo stesso, ad esempio l’Unione Besa, con i pochi fondi a disposizione finanzia spettacoli oppure pensa ai progetti per cartelloni pubblicitari (come se Contessa Entellina fosse Piana degli Albanesi) e non risponde alle proposte vecchie di almeno quattro anni che mirano a capire perché, che mirano a creare un progetto, un recupero o semplicemente se è possibile fare qualcosa. Contessa Entellina non è Piana, le nuove generazioni non vivono alla stessa maniera la loro appartenenza, ci vorrebbe prima di tutto, a mio avviso, uno studio. Chi ci rappresenta non rendendosi conto di questo è “moderno” e non pensa, non riflette, non si guarda intorno e coltiva il fatalismo per i propri “interessi”.
Da quello che vedo, l’unica cosa che conta, è il rito, il costume (ma solo come apparenza perché i bambini spesso non hanno nessuna appartenenza culturale), lo sfruttamento del passato a fini turistici (per altro senza risultato), le sfilate nelle poche manifestazioni culturali. Si salvano le commedie in arbëreshë che però sono difficili da far vivere in un ambiente “quasi ostile” in un ambiente che fa risaltare l’altro perdendo il “sé” e quindi cadendo nell’anonimato, nella teatralità perché a Piana degli Albanesi a differenza di Contessa Entellina indossare un costume ha un significato preciso.
Nino Montalbano

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