StatCounter

venerdì 20 aprile 2012

L'Italia a pezzi. Non arrivano nuove idee e le precedenti iniziative si infrangono

Il fallimento, la chiusura di una azienda, non e' un dramma solo per l'imprenditore, e' un fatto devastante anche (se non soprattutto) per i lavoratori che da essa hanno attinto di che vivere e che in essa avevano fondato il loro stile e la visione di vita. Sono 601 le imprese siciliane che nel 2011 hanno chiuso i battenti. In Italia si parla di un vero e proprio record di fallimenti nel 2011: ben 11.615. Un dato mai toccato in questi ultimi 4 anni di crisi. Questi dati segnalano quanto siano in difficoltà le imprese italiane; quelle di piccole continuano fino ad ora a rimanere il motore occupazionale ed economico del Paese.   La Lombardia e' quella in cui si è verificato il maggior numero di fallimenti di aziende, nel 2011 oltre 2.600, quasi un quarto del totale nazionale. Al secondo posto si piazza il Lazio, con 1.215 aziende fallite, mentre il terzo gradino è occupato dal Veneto (1.122). Supera quota mille anche l'Emilia Romagna (1.008). A chiudere la classifica la Valle d'Aosta, con appena 9 aziende fallite. Al fallimento delle aziende contribuisce senz’altro il ritardo nei pagamenti, un vero e proprio ostacolo al corretto funzionamento del sistema produttivo. Le cause. La stretta creditizia, i ritardi nei pagamenti e il forte calo della domanda interna sono le principali cause che stanno demolendo il sistema produttivo della penisola. Il fallimento di un imprenditore non è solo un fatto economico, una vicenda di costi che superano i ricavi, spesso purtroppo viene vissuto dalle persone piu' sensibili e spesso piu' impegnate come un fallimento personale che, in casi estremi, ha finora condotto decine e decine di piccoli imprenditori a togliersi la vita. La crisi e' certamente conseguenza di vicende globali, ma l'arretratezza e l'inadeguatezza del sistema Italia, sta aggravando la nostra situazione. Nessuno di noi può ritardi indietro comunque e dire e' colpa dei "politici". I politici siamo stati noi a lasciarlo li' dove stanno; i Berlusconi, gli Scilipodi, noi italiani sapevamo chi fossero e pero' noi tutti abbiamo pensato che non fosse nostro compito quello di cacciarli via "a calci nel sedere". Il guaio nostro e' che non basta, adesso, un Mario Monti privo di bacchetta magica, anche se fornito di una buona dose di serietà. L'Italia ha davanti a se' un decennio tutto in salita; una salita che non può essere guidata da inetti all'Alfano, alla Bersani, alla Casini. Costoro devono al piu' presto sparire dalla scena pubblica.

Nessun commento:

Posta un commento