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giovedì 1 marzo 2012

Leonardo Sciascia: 'ogni siciliano è un'isola'

Ieri pomeriggio ho avuto occasione di parlare con un amico allevatore. Fino a mesi fà aveva nelle stalle fino a 60 capi di bovini. Adesso ha venduto quasi tutti i capi trattenendone alcuni, una decina. Per spiegarmi la ragione non sono serviti molti minuti.
Oggi gli allevatori vendono il latte a 35 centesimi al litro, mentre il negozio alimentare di Bisacquino o di Contessa Entellina lo rivendono ad oltre 1 euro al litro.
Il periodo di crisi e la difficoltà che sta affrontando il settore agricolo in Sicilia lo si misura nelle 6.000 aziende che hanno chiuso battenti dalla seconda metà del 2011.
La crisi che attraversa il paese sta ulteriormente amplificando le distorsioni nel passaggio degli alimenti dai campi agricoli alla tavola accrescendo - lo afferma la Coldiretti - il potere degli intermediari a danno delle imprese agricole che accusano una pesante perdita di reddito nonostante una sostanziale tenuta dei consumi alimentari. Certo i media non si occupano degli agricoltori in crisi, preferiscono riferire delle fabbriche che licenziano e degli operai che vanno in cassa integrazione; la realtà è comunque triste e senza prospettive per l'agricoltura, quella siciliana in particolare.

Come mai gli agricoltori non fanno consorzio fra loro per aumentare il potere contrattuale nei confronti della grande distribuzione organizzata che si appropria dei due terzi del valore aggiunto nel comparto ?
Vaccarizzo, territorio di Contessa Entellina
La risposta resta sempre quella di alcuni decenni fà, data da uno dei più grandi siciliani del Novecento, Leonardo Sciasia:
“In Sicilia ogni uomo è un’isola. Quindi il problema è innanzitutto culturale e per superare questa condizione saranno necessarie alcune generazioni. C’è ad ogni modo un abuso di quest’idea. Ad esempio in Emilia Romagna, che è la patria della cooperazione, con la pesca non è che sono messi molto bene. Bisogna anche avere il coraggio, anche politico, di dire: noi siamo in grado di competere se riuscite a farci pagare meno l’energia elettrica, meno i concimi, ad avere delle infrastrutture efficienti, ad avere internet a banda larga anche nelle contrade, così come avviene per i nostri competitors in Spagna. Riuscire ad aggregarci maggiormente sarebbe un valore aggiunto perché aumenterebbe il potere contrattuale; anche se di fatto ormai ogni agricoltore ha a che fare con massimo tre grandi catene distributive”.

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