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sabato 10 dicembre 2011

Cosa ha a che fare la religione con l’economia ? Il punto di vista di un rabino

ripreso da L'Osservatore Romano
di J. ONATHAN SACKS *
LA FINANZA E IL VITELLO D'ORO
I leader politici europei si incontrano per salvare l’euro e l’Unione europea. Lo stesso dovrebbero fare i leader religiosi. È per questo che vengo a Roma: per discutere delle nostre preoccupazioni comuni durante l’udienza con il Papa e nel corso di colloqui presso l’Università G re g o r i a n a .
L’idea potrebbe apparire assurda.
Cosa ha a che fare la religione con l’economia o la spiritualità con le istituzioni finanziarie? La risposta è che l’economia di mercato ha radici religiose. Essa è infatti emersa in un’Europa permeata di valori ebraico-cristiani.
Come ha evidenziato l’economista di Harvard, David Landes, fino al XV secolo, la Cina era molto progredita in una vasta gamma di tecnologie rispetto all’Occidente. Tuttavia, la Cina non ha creato un’economia di mercato, non ha visto la nascita della scienza moderna né la rivoluzione industriale. Come afferma Landes, essa non possedeva l’insieme di valori che l’ebraismo e il cristianesimo hanno dato all’E u ro p a.
L’economia di mercato è profondamente coerente con i valori esposti nella Bibbia ebraica. La prosperità materiale è una benedizione divina.
La povertà schiaccia lo spirito e il corpo, e alleviarla è un compito sacro. Il lavoro è una nobile vocazione.
«Vivrai — recita il Salmo — del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai di ogni bene».
La competizione alimenta il fuoco dell’inventiva: «La rivalità fra gli scribi aumenta la sapienza». Dio ci invita — dicevano i rabbini — a essere suoi collaboratori nell’opera della creazione. I diritti di proprietà privata sono fondamentali per la libertà.
Quando il ruolo di guida di Mosè viene messo in discussione, egli afferma: «Io non ho preso da costoro neppure un asino». Elia sfida re Acab per la confisca della vigna di Nabot. Oltre a ciò, afferma Landes, la Bibbia introduce il concetto del tempo lineare, rifiutando l’idea che il tempo sia un ciclo in cui, in definitiva, nulla cambia.
I primi strumenti finanziari del capitalismo moderno furono sviluppati nel XIV secolo dalle banche nelle città cristiane di Firenze, Pisa, Genova e Venezia. Max Weber ha tracciato i collegamenti fra l’etica protestante e lo spirito del capitalismo moderno. Michael Novak ha fatto la stessa cosa per il cattolicesimo. Gli ebrei, pur essendo solo lo 0,2 per cento della popolazione mondiale, sono stati insigniti di più del 30 per cento dei premi Nobel per l’economia.
Quando ho chiesto all’economista dello sviluppo Jeffrey Sachs che cosa motivava il suo lavoro, ha risposto senza esitare, tikkun olam, l’imperativo ebraico di «risanare un mondo disgregato». La nascita dell’economia  moderna è inseparabile dalle sue radici ebraico-cristiane.
Tuttavia, non si tratta di un equilibrio stabile. Il mercato mina i valori stessi che gli hanno dato origine.
La cultura consumistica è profondamente antitetica alla dignità umana.
Accende il desiderio, mina la felicità, indebolisce la capacità di rinviare la soddisfazione dei propri istinti e ci rende ciechi di fronte alla distinzione, di vitale importanza, fra il prezzo delle cose e il loro valore.
Gli strumenti finanziari al centro della crisi attuale, mutui subprime e cartolarizzazione del rischio, sono così complessi che i governi, le autorità normative e, a volte, persino i banchieri stessi non sono riusciti a comprenderli nella loro estrema vulnerabilità.
Quanti hanno incoraggiato le persone ad accendere mutui che poi non sono in grado di pagare, si sono resi colpevoli di ciò che la Bibbia definisce mettere «inciampo davanti al cieco».
La creazione di un debito personale e collettivo in America e in Europa dovrebbe aver inviato segnali di allarme a chiunque abbia familiarità con le istituzioni bibliche degli anni sabbatici e giubilari, indetti proprio a causa del pericolo che le persone venissero intrappolate dal debito.
Questi sono sintomi di un fallimento più ampio: considerare il mercato come un mezzo e non come un fine. La Bibbia offre un’immagine vivida di cosa accade quando le persone smettono di vedere l’oro come mezzo di scambio e cominciano a considerarlo come oggetto di culto.
Chiama questo il vitello d’oro. Il suo antidoto è il sabato: un giorno su sette in cui né lavorare né dare lavoro, né vendere né comprare. È un tempo dedicato a cose che hanno un valore, non un prezzo: famiglia, comunità e rendimento di grazie a Dio per ciò che abbiamo, invece di preoccuparci di quel che ci manca.
Non è una coincidenza che in Gran Bretagna, la domenica e i mercati finanziari siano stati deregolati più o meno nello stesso momento.
Stabilizzare l’euro è una cosa, guarire la cultura che lo circonda è un’altra. Un mondo in cui i valori materiali sono tutto e i valori spirituali sono nulla, non genera né uno Stato stabile né una buona società.
È giunto il momento di riscoprire l’etica ebraico-cristiana della dignità umana a immagine di Dio. L’umanità non è stata creata per servire i mercati. I mercati sono stati creati per servire l’umanità.

*Rabbino capo delle Congregazioni
ebraiche unite del Commonwealth
e membro della Camera dei Lord

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