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venerdì 7 ottobre 2011

Sessant'anni di autonomia speciale siciliana per creare una mastodontica struttura di burocrazia clientelare e parassitaria: mentre a Termini Imeresi la fiat chiude

Da dieci giorni i dipendenti Fiat di Termini Imeresi sono in sciopero e con loro anche i lavoratori dell’indotto. I motivi li conosciamo: Marchione ha sancito che mantenere lo stabilimento è antieconomico e perciò intende chiuderlo fra due mesi.
Lo stabilimento Fiat di Termini è stato impiantato nel 1970. In 41 anni di attività ha prodotto
-la vecchia 500,
-la 126,
-la Punto
-ed infine la y.
Nel 1983 lavoravano nello stabilimento 3000 dipendenti, oggi i dipendenti sono 1500 quelli del gruppo Fiat e 700 quelli dell’indotto. Si arrivò a produrre più di 190.000 vetture annue.
Fiat ha provato a chiudere lo stabilimento una prima volta nel 2002. La fabbrica si salvò grazie alla lotta che coinvolse tutta la comunità Termitana e arrivò anche al presidio dello stabilimento.
Nell’aprile del 2008 Marchionne firmò un’intesa per produrre a Termini 220.000 nuove y, quelle che sono oggi invece prodotte in Polonia, lanciando il piano “Futura Termini” con tanto di magliette, gadget e opportuno logo, una trinacria rossa. Per realizzare il progetto si disse che si sarebbero investiti 550.000 euro e si sarebbe proceduto a 250 assunzioni avviando corsi di formazione; si acquistò un capannone attiguo allo stabilimento Fiat al costo circa 6 milioni di euro per collocare lì temporaneamente la vecchia lastratura mentre se ne preparava una nuova.
Quella nuova y avrebbe dovuto essere lanciata nel 2009..
Marchionne allora dichiarava che “la manodopera di Termini è capace e qualificata”. Nel dicembre 2008, solo 9 mesi dopo tutto si bloccò! Si scoprono le mille scuse del caso:
-problemi logistici e di costo,
-mancati finanziamenti Europei,
-rapporti complicati con la Regione e il governo nazionale.
Si annuncia quindi la chiusura per il 1° gennaio 2012.
La Fiat in Sicilia in quarant’anni ha succhiato tutto quanto ha potuto, adesso ha cambiato la strategia; a Marchione non importa nulla del rischio di desertificazione industriale dell’isola.
Rischio che non importa nulla egualmente al governo nazionale e a quello regionale che hanno sempre perseguito nel Meridione lo sciupio delle risorse pubbliche per praticare il clientelismo piuttosto che la creazione delle reti infrastrutturali.
Marchione è sicuramente personaggio che all’attività industriale preferisce le operazioni di ingegneria finanziaria, ma i nostri politici che da un secolo hanno sempre foraggiato la Fiat che ruolo stanno svolgendo oggi ?

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