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martedì 20 settembre 2011

Valorizzare la storia del territorio, amare la cultura

di Nicola Graffahnini
L’Antiquarium della Scuola Normale di Pisa.

Durante le mie vacanze estive in paese, ho visitato anche l’Antiquarium ubicato nella Via I° Maggio, nei locali terrani della ex palestra del complesso scolastico della scuola media.
La curiosità che mi ha spinto alla visita quest’anno è duplice:
1. perché ho ritrovato un articolo sul nostro Museo pubblicato su una importante Rivista di Archeologia a cui ero abbonato nel 1996 ( Archeologia viva );
2. perché ho provato a rileggere con molto interesse il libro del Prof. Nenci: “ Alla ricerca di Entella del 1992“ in cui riassume ben dieci anni di scavi nel territorio;
Debbo confessare con dispiacere che non mi è piaciuto lo stato di conservazione dei locali, si tratta di locali sottostanti la biblioteca comunale.
In alcuni punti perimetrali ho riscontrato segni di umidità e di una manutenzione praticamente assente e questo mi dispiace moltissimo come cittadino di Contessa e come appassionato di storia locale.
Un Museo non è un luogo qualsiasi, è di contro un luogo da tenere ben conservato da ogni punto di vista, perché ospita i tesori, le testimonianze piccole o grandi delle civiltà che si sono succedute nei secoli in un dato territorio ed è inutile che oggi io elenchi non solo l’importanza della civiltà elima e le novità storiche legate alla scoperta delle tavole entelline, che costrinsero gli storici ad iniziare nuove ricerche per stabilire l’ubicazione e la storia delle diverse città indicate nelle tavole e fino ad allora ignorate.
A Entella per una serie di avvenimenti e di coincidenze fortunose e grazie all’impulso dei principali Dipartimenti di Storia, le campagne di scavi furono condotte dal massimo Istituto Nazionale di Archeologia della Normale di Pisa.
Per questo voglio ribadire che l’Antiquarium non appartiene solo alla nostra piccola comunità ma a quella più vasta della Nazione e del mondo della cultura storica.
Alcuni cenni di storia degli scavi
Mi ricordo come se fosse ieri la conferenza del Prof. Nenci che annunciava l’avvio della campagna di scavi sulla Rocca di Entella, la cui sintesi data la rilevanza venne ospitata in prima pagina dal Giornale di Sicilia.
Riportavo in una corrispondenza la notizia del trafugamento delle tavole di Entella battuti all’asta antiquaria di Londra, questa storia seppure in tempi diversi, richiama alla memoria la storia più recente del trafugamento della statua della dea Demetra, coordinato da raffinati antiquari che seppero gestire i tempi e i modi di piazzare il reperto, stessa storia della famosa piale d’oro di Caltavuturo.
Ebbene quelle Amministrazioni comunali non smisero un attimo per sollecitare, denunciare, protestare finchè non ottennero la restituzione del maltolto con l’aiuto decisivo del Ministro dei beni Culturali On. Rutelli.
A noi di Contessa andò diversamente come ben ricordiamo, per una serie di coincidenze fortunose, a seguito della notizia diffusa da Londra dall’addetto culturale della nostra Ambasciata che all’asta riuscì in extremis ad assicurarsi una delle cinque tavole, notizia circolata improvvisamente nell’ambiente dei beni culturali che fece sobbalzare i massimi dirigenti ed esperti del Ministero dei Beni Culturali, della nostra Sovrintendenza Archeologica per la Sicilia Occodentale e dei Dipartimenti di Storia più rinomati d’Italia e del mondo (nel frattempo i decreti entellini, regolarmente acquistati, proseguirono per una Università degli USA) .
Per questo si pervenne alla decisione tempestiva di affidare l’avvio della campagna di scavi all’Istituto di Topografia Archeologia diretto dal prof G. Nenci che già si trovava a Prizzi per una campagna di scavi sul Monte Ippana.
Dobbiamo dire per amore di verità che il Sindaco del tempo, il giovane Beppe Musacchia, si attivò seguendo le vicende amministrative e l’accoglienza in loco della Missione della Normale e l’Assessorato Regionale della P.I. deliberò una convenzione con la Normale di Pisa avviando nel contempo le pratiche per l’acquisizione al demanio regionale della Rocca di Entella.
A questo punto interviene la passione intellettuale particolare del Prof. G. Nenci che non si risparmia per divulgare le conoscenze sulla città di Entella, man mano che vengono alla luce una serie di reperti che confermano l’importanza della città a discapito della tendenza dominante in quel tempo, nell’ambito della Sovrintendenza Archeologica che metteva in dubbio alla nascente Pro-Loco Entella che richiedeva nel 1969 l’avvio di una campagna di scavi, lo stesso sito della città posto sulla Rocca di Entella, trasferendolo da tutt’altra parte, verso un’altura di Poggioreale.
In quel tempo ricordo per esperienza diretta che protestammo anche in tutti i modi con l’Arma dei carabinieri che per razionalizzare le caserme rurali, chiudeva la Stazione dei carabinieri a cavallo di contrada Castagnola che tra i suoi compiti istituzionali svolgeva anche servizi di sicurezza per le masserie colpite da frequenti abigeati e la vigilanza periodica intorno al sito della Rocca di Entella, fatto oggetto di scavi clandestini ben condotti e a questo punto possiamo dire, ben diretti da esperti dell’importante area archeologica di Selinunte.
Spero di non averla fatta lunga ricordando alcuni punti chiave nella storia degli scavi di Entella, l’ho fatto per inquadrare ancora una volta il motivo di queste righe che nascono, come dicevo in apertura, dall’impressione di abbandono che ho ricevuto durante la visita annuale al Museo, che spero non sia il simbolo di una sottovalutazione della storia del territorio che può nascere soltanto dall’assenza di conoscenza.
L’abbandono è la prima parola che affiora alla mia mente se ricordo ancora la questione, una volta mi faceva arrabbiare la sciatteria delle erbacce che crescevano lungo i marciapiedi, quasi fossero bei fiori da allevare per abbellire l’ingresso .. quest’anno per fortuna le erbacce sono state tolte poco prima della Festa, ma l’abbandono che vi ho trovato riguarda ogni angolo perimetrale del Museo, attaccato dall’umidità, perfino un pannello di una sezione accanto all’ingresso risulta staccato perché un visitatore vi è letteralmente affondato.
Faccio notare che un Museo non ospita carte o cartoni, pratiche, ecc. ma reperti ritenuti nel mondo culturale di valore storico e tanto per dare un’idea … , il decreto entellino acquistato a Londra è ospitato al centro della Sala Selinuntina del Museo Archeologico di Palermo.
NGraffagnini

(Allego al presente scritto l’articolo di Archeologia Viva che può esser ripreso unitamente a tanti altri scritti di G. Nenci per pubblicare degli utili depliant da offrire ai visitatori . Ritornerò sull’argomento con alcuni spunti desunti dalla lettura del primo volume di Nenci, “Alla Ricerca di Entella”, a proposito del racconto della visita ad Entella di due archeologi stranieri incuriositi da un Papas di Contessa incontrato alla Chiesa della Martorana di Palermo )
Invito al Museo di Entella
( tratto integralmente da Archeologia Viva - Anno XV N. 57 – 1996 )


Si è da poco inaugurato a Contessa Entellina (Pa) l’Antiquarium di Entella, il centro elimo nel quale il Laboratorio di Topografia storico-archeologica della Scuola Normale di Pisa diretto da Giuseppe Nenci conduce indagini dal 1984.
Si è svolta contestualmente la presentazione del Volume Entella I, la seconda fatica editoriale entellina della Normale, dopo Alla ricerca di Entella del 1992.
Dalla definizione del percorso espositivo all’allestimento finale, l’Antiquarium si deve direttamente all’equipe di archeologi impegnati sul campo, coordinata per questo lavoro da chi scrive.
Dopo una lettura dei lineamenti storico-geografici dell’area elima (gli Elimi erano un’antica popolazione della Sicilia abitante l’estremità occidentale dell’Isola; le loro città furono Erice, Segesta ed Entella – n.d.r. ) si toccano con mano (ma solo virtuale!) i decreti incisi sulle tavolette bronzee (fine IV sec. a.C. ) che del sito sono ancora massima espressione archeologica, purtroppo oscurata da vicende di alienazione clandestina.
Si “entra” poi nella città, apprezzandone dapprima la conformazione geologica, l’impianto urbanistico e il sistema difensivo, per iniziare subito dopami cammino tra i materiali.
Le ceramiche illustrano produzioni locali e importazioni dalla Preistoria al V sec. a.C. : tra quelle indigene si distingue, concessa dal Museo archeologico di Palermo, un’anfora con motivi geometrici e antropomorfi.
Nella sala del granaio ellenistico spicca il materiale del deposito votivo di fondazione di quell’edificio pubblico: statuette di Demetra col porcellino o la fiaccola e vasi per le offerte votive richiamano la religiosità del momento iniziale del complesso ( IV sec. a.C. ).
Una passerella domina una copertura “ a cappuccina” e un calco dei resti scheletrici e del corredo di una tomba ellenistica, introducendo nel settore della necropoli.
Ricca la selezione dei corredi di piena età ellenistica ( IV-III sec. a.C. ) inseriti in un quadro più ampio tra materiali di VI e V sec. a.C. e offerte votive in onore dei defunti di età tardo repubblicana ( II-I sec. a.C. ).
Solo un anello e un orecchino attestano invece in termini materiali –date le rigide prescrizioni islamiche di seppellimento senza corredo – la fase più tarda della necropoli ( XII-XIII d.C.) la cui illustrazione è tutta affidata ai pannelli.
La fase medievale della Rocca è illustrata da materiali esposti in una successione scandita in termini funzionali, dai contenitori da cucina e dispensa alle ceramiche da mensa che si distribuiscono tra XI e XIII sec., a una selezione di oggetti in metallo (una stella di bronzo con iscrizione araba, strumenti decorativi o da lavoro in bronzo e in ferro ) e a campionature di scarti di fornace.
Il percorso si conclude in un ultimo salone dove campeggiano due dei grandi contenitori per granaglie rinvenuti nel granaio ellenistico insieme a molte anfore selezionate per tipi.
I materiali epigrafici di piccole dimensioni (bolli su coppi e tegole, un’invocazione funebre di un marito alla consorte Takima, un peso da telaio con un grido di protesta di tessitrici schiave) sono esposti accanto a due cippi funerari di VI e V sec. a.C. .
Infine vengono le testimonianze numismatiche della zecca di Entella e di altre zecche attestate a Entella.
Un invito finale è rivolto al visitatore che esce dall’Antiquarium: un pannello riassume la storia del sito posteriore all’abbandono medievale guidando verso Contessa Entellina e i suoi dintorni, sempre più valorizzati negli itinerari turistici della Valle del Belice.
M. Cecilia Parra


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