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lunedì 22 agosto 2011

L'imprevidenza dei tempi grassi viene pagata con le difficoltà odierne

In un tempo, nemmeno tanto lontano, le pensioni in Italia venivano regalate. Erano gli anni del centrosinistra, quando ancora ci si cullava nell'illusione di una crescita senza fine (il sol dell'avvenire) e una classe politica miope arrivò al punto, nel 1973 (governo Rumor, con Dc, Psi, Psdi e Pri), di concedere alle donne del pubblico impiego con figli di andare in pensione dopo 14 anni, sei mesi e un giorno, mentre era già possibile per gli statali lasciare il servizio dopo 19 anni e mezzo.
A 30 anni, dopo aver lavorato come bidello, si poteva andare in pensionde con assegni quasi pari alla retribuzione.
Oggi, di contro, non sono pochi quelli che a 30-35 anni non hanno ancora trovato un lavoro.
Per avere un'idea della disastrosa eredità che quelle leggi ci hanno lasciato, possiamo scoprire che ancora oggi ci trasciniamo più di mezzo milione di pensioni baby, liquidate a lavoratori con meno di 50 anni d'età:
535.752 per la precisione, che costano allo Stato circa 9,5 miliardi di euro l'anno. L'Inpdap, l'ente di previdenza del pubblico impiego, paga infatti 428.802 pensioni concesse sotto i 50 anni: di queste più di 239 mila vanno a donne e quasi 185 mila a uomini, per una spesa nel 2010 di 7,4 miliardi.
A queste pensioni si sommano 106.905 pensioni liquidate a persone con meno di 50 anni nel sistema Inps (regimi speciali e prepensionamenti) per un costo di altri 2 miliardi.

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