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giovedì 25 agosto 2011

Liberalizzazione. In Italia resistono forti residui delle corporazioni medievali

In Italia a rendere il concetto percepile da tutti è stato Andreotti: “politica dei due forni”, questo è un suo indimenticabile concetto. In pratica bisogna sempre avere innanzi più prospettive per evitare di essere eccessivamente condizionati da una sola opzione.
In effetti, da che mondo è mondo, la possibilità di scegliere tra svariate opzioni rende l’uomo libero.
In Italia, tuttavia, questi meccanismi concettuali non sono né automatici né tanto meno scontati.
La libera concorrenza, la competizione, il confronto anche duro (compreso quello politico) ancora, da noi, non sono concetti largamente diffusi.
La riforma degli ordini professionali (con impliciti i monopoli dei notai, dei farmacisti, etc.) si preannuncia come una “rivoluzione copernicana” destinata a sconvolgere gli equilibri sociali ma soprattutto economici del nostro Paese. Ed è tarda, è dura, a venire.
Essa si configura come il punto di ripartenza, la fase zero di quel processo di liberalizzazione dei servizi e delle professioni che ormai sono in tanti ad invocare a gran voce, ed in tanti a sotterraneamente bloccarla.
Il libero mercato, da noi, ha da sempre fatto fatica ad affermarsi e la cronaca più o meno recente ha registrato tutti i tentativi, puntualmente falliti, operati da governi sia di destra che di sinistra. Infatti da noi siamo arrivati al punto che fra sinistra (ammesso -ma non concesso- che sia tale il pd) e destra (pdl) non esiste differenza di approcciare i problemi e soprattutto di dare loro una soluzione.
Fra le richieste avanzate dall’Unione Europea all’Italia per continuare a fruire del sostegno comunitario nell’affrontare la “crisi” c’è che: “L’Italia deve introdurre misure per aprire il settore dei servizi ad un’ulteriore concorrenza, in particolare nell’ambito dei servizi professionali”.
Che sia necessario abolire tutte le corporazioni che pigliano il nome di “ordini professionali” lo ammette persino il ministro allo Sviluppo Economico, Paolo Romani: “L’Italia è il Paese delle corporazioni e le liberalizzazioni contrastano con i privilegi”.
Gli ordini professionali esistenti in Italia sono 27, di questi solamente l’Ordine dei medici è riconosciuto dall’Unione Europea; tutti gli altri sono privilegi, “caste”, che si concede il nostro paese.
In Francia, in Gran Bretagna, negli U.S.A. non esistono gli Ordini professionali garantiti, nei loro monopoli, dalle leggi. Il che ovviamente non significa che anche gli incompetenti possono svolgere la funzione di "avvocato", di "revisore dei conti" etc. Servono dei titoli, che non garantiscono -automaticamente- il "monopolio" su determinate prestazioni.

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