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giovedì 25 agosto 2011

La Regione non intende allinearsi ai tagli Tremonti. Per dire no, difende a spada tratta i 30 comuni isolani sotto i mille abitanti

I tagli imposti dalla manovra economica di agosto, valutati in quattro miliardi di euro per i prossimi due anni, sono secondo l'assessore regionale Armao insostenibili è per la Sicilia.
Ha messo nero su bianco ed ha depositato una relazione scritta presso la Commissione Bilancio del Senato, dove è in programma l'audizione delle Regioni.
Questa la linea della Regione
"Atteso quanto emerge dalla nuova manovra governativa - spiega la relazione di Armao - si aggiungono ulteriori 1,6 miliardi di tagli circa per i prossimi due anni a carico di Regione ed enti locali siciliani (800 per il 2012 e 400 per il 2013, oltre a quelli direttamente incidenti sulle autonomie locali della Regione), che si sommano così a quelli già previsti dalla manovra di luglio e corrispondenti nel 2012 a 471 milioni e nel 2013 ad 869 milioni per la Regione, ed almeno 200/250 per gli enti locali siciliani".
"Ne discende che per i prossimi due esercizi i tagli di spesa, se correlati ai minori trasferimenti, raggiungono i quattro miliardi di euro", calcola Armao. "Un peso insostenibile per la Regione e per l'economia siciliana, al quale, peraltro, si accompagna il rischio di rallentare anche la spesa europea (che al contrario necessita di una accelerazione), comprimendo, stante la portata del patto di stabilità, la possibilità del necessario cofinanziamento regionale e quindi svolgendo un effetto depressivo", conclude Armao.
La Regione Sicilia nella sua levata di scudi non ci sta ad accettare il taglio dei piccoli comuni con meno di mille abitanti, previsto dalla manovra di agosto, e rivendica alla sua competenza e autonomia una eventuale decisione in merito premettendo, tuttavia, che il risparmio comunque sarebbe minimo. La cosa che sorprende di questa relazione è che Armao si fa paladino dei piccoli comuni (in Sicilia una trentina) ed omette di difendere la prerogativa statutaria in materia di numero di parlamentari all'Ars. Evidentemente non si sente di difendere la vergogna di 90 "nullafacenti" che non sono motivo di orgoglio regionale. Il clientelismo ed il parassitismo che contraddistingue la Sicilia deve pur avere, infatti, una sorgente.
La Sicilia ventila il ricorso alla Corte Costituzionale per violazione delle sue prerogative di Regione a statuto speciale.
"Giova ricordare che la Regione Siciliana ha potestà legislativa primaria in materia di autonomie locali (artt. 14, lett. o) e 15 dello Statuto), sicché ogni determinazione in materia di Comuni e Province non può che spettare alla sua competenza esclusiva legislativa", sottolinea Armao.
"Appare evidentemente apprezzabile lo sforzo del Governo nazionale di contenere il fenomeno della polverizzazione di Comuni, concentrato sopratutto in alcune aree del Paese, e di realizzare la eliminazione delle province minori. Ma se nel primo caso, in Sicilia si rinvengono solo 31 comuni che hanno meno di 1000 abitanti (si è calcolato che il risparmio, tra il venir meno di Consigli comunali e Giunte si aggirerebbe attorno a 330.000 euro annui), nel secondo caso, ai sensi dell'art. 15 dello Statuto, la Regione - spiega Armao - ha già manifestato l'intendimento di procedere in sede legislativa alla soppressione di tutte e 9 le Province regionali (mai incrementate dall'entrata in vigore dello Statuto) con il contemporaneo trasferimento delle funzioni di area vasta ai liberi consorzi di comuni, provvedendo altresì a varare definitivamente le aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina".
"Ebbene, salvo ed impregiudicato restando il condiviso obiettivo del risanamento finanziario e del contenimento dei costi di funzionamento degli apparati istituzionali, non può revocarsi in dubbio - conclude l'assessore - che tali scelte attengano all'autonomia regionale, quando, come nell'ultimo caso ricordato, non siano direttamente previsti dallo Statuto".

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