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lunedì 6 giugno 2011

Leonardo Sciascia, una intervista del 1979 (VII)

Si conclude con il presente stralcio l'intervista rilasciata a Parigi il 20.05.1979 da Leonardo Sciascia a Tom Baldwin
Sciascia scrittore scomodo, scrittore impegnato
D.: Il giorno della civetta è stato definito variamente “romanzo-verità”, “romanzo-saggio”, “romanzo-documentario”, “denuncia”, “autobiografismo”, “un itinerario autobiografico”, “moralità” … C’è dunque confusione fra i critici su che cosa rappresenti il suo libro e su ciò che fossero le sue intenzioni nello scriverlo.
R.: C’è ancora. Cioè, io capisco di essere uno scrittore abbastanza scomodo e abbastanza diverso nella letteratura italiana.
D.: Come si fa a definire uno scrittore “scomodo” ?
R.: Si dice “scomodo” di uno scrittore che inquieta il potere e conseguentemente ha la vita difficile da parte del potere. Questa è la definizione di “scrittore scomodo”. Scomodo per gli italiani. Ma questo non ha niente a che fare col pubblico italiano, perché il pubblico mi segue. Io ho pubblicato L’affaire Moro da un piccolo editore siciliano che non ha la diffusione di Einaudi. Però si sono vendute 120.000 copie. Quando pubblico da Einaudi, se ne vendono almeno il doppio. E allora questo, in Italia, significa avere un pubblico, un pubblico piuttosto grosso; vuol dire che c’è un pubblico che mi segue, a prescindere dalla critica, dalle recensioni, dalle cose, soltanto perchèattento a quello che faccio. Tornerò a pubblicare libri con Einaudi, ma li pubblicherò anche con Sellerio, se ne scriverò ancora. Con Sellerio perché è un siciliano, siamo vicini, siamo amici.
D.: E’ stato anche qualificato come “scrittore impegnato”. Che gliene sembra di un tale giudizio ?
R.: Quello dell’impegno è un discorso tutto da fare. Che vuol dire “essere scrittore impegnato” ? Tutti gli scrittori lo sono, in un certo modo. Piuttosto sono uno scrittore politico, direi, in un certo senso. E allora questo mi va bene. Ma il mio impegno è innanzitutto con me stesso, cioè di dire sempre quello che io ritengo la verità, di dirla senza badare a pericoli, all’ostilità, alle inimicizie. Ecco. Questo è il mio impegno.
“Questo è quello che vorrei scrivere …”
D.: Quali sono i suoi programmi più prossimi ?
R.: Non so, non so quali libri scriverò, nei prossimi anni. Ho tante idee, ma non so quali potranno realizzarsi. Non vivo mai di programmi. Scrivo sotto l’impulso delle indignazione, della rabbia. E mi diverto a scrivere; scrivere mi piace ! (…) Io, per ora, ecco, questo è quello che vorrei scrivere, ho tanti manoscritti, tante cose di un vescovo –è stato vescovo di Patti, un comune in provincia di Messina, che è sede di vescovado. Questo qui ha scritto –e ce l’ho in due quaderni- sul sentimento religioso dei siciliani, che non esiste. Lui, nella sua vita di prete, di vescovo, ha verificato l’inesistenza di un sentimento religioso, l’inesistenza del cristianesimo, del cattolicesimo, per i siciliani. L’ha scritto in questi due quaderni ed è esattamente quello che dico io, insomma.
Sciascia politico
D.: Per quale motivo si è offerto come candidato radicale ?
R.: Il motivo è questo: c’è una specie di regime in Italia, che viene dato da questo dialogo, da questo compromesso storico, mentre il partito radicale vuole rompere questo compromesso e rendere più fluida la vita politica italiana. Ormai è cristallizzata. Che siano i democristiani a governare o che siano i comunisti, ma che siano tutti e due insieme, no. Il pericolo è nell’essere tutti e due insieme. L’importante è quello: che in Italia ci sia un’opposizione. Una democrazia, quando non ha opposizione, è un regime, non è più una democrazia. In Italia, è da quattro anni che non esiste più un’opposizione. Il problema è di tornare a farla, l’opposizione, e il partito radicale è l’unico partito che fa questa proposta.
D.: Dunque per lei la soluzione non è da cercare a livello di governo locale, come ha tentato di fare una volta ….
R.: No.
D.: Cioè a livello nazionale, pensa lei che ci sia qualche speranza ?
R.: Mah, possibile … Siamo sempre lì …. Anche se non ci credo, bisogna agire come se ci credessi.
D.: E per la Sicilia ?
R.: Tenterei di fare quello che è possibile entro questo contesto italiano.

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