StatCounter

domenica 29 maggio 2011

Leggiamo insieme il libro di Anton Blok su Contessa Entellina (2)

Quella riportata sotto è una libera interpretazione
curata dal coordinatore del Blog -Mimmo Clesi- del testo di Anton Blok
"La Mafia di un villagio siciliano 1860-1960", edizione di Comunità
L'intenzione è quella di invogliare chi lo desideri a leggere il testo dell'Autore.
Il primo capitolo è stato liberamente interpretato l'11 aprile 2011

Capitolo secondo
Il territorio comunale
Il territorio comunale di Contessa Entellina si estende per una superficie di quasi 135 chilometri quadrati. La delimitazione, ossia i confini, formano un continuo di 76 chilometri. A nord-ovest i confini sono segnati dal fiume Belice, a nord-est e' il torrente Realbate ed altri piccoli corsi d'acqua a segnare il confine. A sud il confine corre lungo una diramazione dei monti Sicani. La parte piu' bassa del territorio comunale e' a 300 mlm, mentre la parte piu' alta raggiunge i 1200 mlm.
Il territorio dal punto di vista morfologico appartiene alla regione collinosa del terziario,  presenta strati del miocene, con un corrugamento in generale poco accentuato, e strati del pliocene interessati da grandi sollevamenti prodottisi senza movimenti violenti. . ..
Nell'area di Contessa Entellina sono assenti molti degli aspetti piu' gradevoli del clima mediterraneo. L'estate e' lunga, calda e secca; la piovosita' (circa 800 millimetri) comincia a ottobre e dura fino ad aprile (ed in questo 2011 fino a maggio inoltrato), mentre l'inverno e' rigido, con gelate e nevicate che a volte durano fino a marzo. Manca in buona sostanza la "eterna primavera" di cui tanto e' decantata la Sicilia. Dall'inverno si passa all'estate senza che spesso ci sia un periodo di transizione.
La composizione dei terreni e' prevalentemente argillosa frammista a sabbia e calce. Accanto a terreni (sulle colline e sui rilievi montuosi) sterili vi sono aree pedologiche potenzialmente fertili (aree a valle); comunque in linea generale i terreni sono poveri di humus e soggetti a erosioni prodotti dalla natura e da interventi dell'uomo.
Nei secoli trascorsi il bosco ricopriva vasta parte dell'attuale territorio comunale;  fino all'Unita' il bosco si estendeva per 700 ettari. Sul finire dell'Ottocento gran parte di esso e' stato abbattuto per destinare il terreno alla cerealicoltura, che ben presto tuttavia fu riconvertito a pascolo.
L'assetto ecologico e' stato gravemente danneggiato dall'uomo.
Il bosco per lungo tempo assicuro' ai contadini il legname per gli attrezzi agricoli e per il materiale da costruzione, la legna secca, le ghiande, le piante commestibili, i funghi, i frutti e la selvaggina.
Grandinate, scirocco e improvvisi periodi di siccita' rendono la terra e l'ambiente spesso inospitale.
Benché il paese non sia mai stato infestato dalla malaria, grazie alla sua posizione elevata, vaste parti del territorio nel periodo estivo, nel passato, erano inaccessibili.
Buona parte della Sicilia e' classificata zona sismica e la Valle del Belice, su cui Contessa Entellina ricade e' tale.

Il centro abitato
Contessa Entellina e' un paese, un centro agricolo, della Sicilia Occidentale, a 90 chilometri da Palermo. All'osservatore esterno balza subito all'attenzione come l'interno dell'isola, entro cui -appunto- e' Contessa, sia sotto il profilo agricolo nettamente diverso dalla fascia costiera. Alle culture intensive (vigneti, frutteti ed orti) di quest'ultima zona stanno invece la scarsità o l'assenza di vegetazione della prima ove prevale -da secoli- la coltura estensiva ed in cui si alternano pascoli e cerealicoltura.
Contessa Entellina sorge -col suo abitato compatto- alle pendici di una collina.
L'autore del libro sostiene di avere visto per la prima volta la sagoma del paese in un pomeriggio del giugno 1961 provenendo, grazie ad un passaggio in automobile ottenuto dal parroco del paese -Papas Janni Di Maggio-, da Bisacquino. Allora era alla ricerca di un paese che potesse rispondere alle esigenze di studio e ricerca che egli si proponeva.
Il paese gli apparve nella sua estensione, quando la macchina di papas Janni ha imboccato la curva di Cascia. Le case di allora, prima del terremoto, erano grigie o bianche e tutte ammassate fra loro. Il paese gli sembro' a mo' di anfiteatro alle pendici di Brjgnat (la collina). L'abitato di allora (parecchio più concentrato dell'attuale) aveva un altitudine rispetto al livello del mare che andava dai 520 ai 570 metri.
Le vie erano strette e tortuose e l'abitato era attraversato in tutta la sua estensione da una strada principale (la via Morea) ai cui estremi stavano le due chiese più importantio. Nella piazza -attraversata da questa strada principale- stava una piccola chiesa, un circolo, un bar e qualche bottega.
In genere nel retro delle case stavano i ricoveri degli animali. I muri erano costruiti con pietre irregolari sovrapposte e tenute insieme con malta. Molte erano le case che risalivano al settecento, e talvolta a secoli anteriori. Generalmente si elevavano su due livelli e  disponevano sia di acqua potabile che di energia elettrica.
Continua l'Autore: le case di più recente costruzione sono realizzate con blocchi di arenarie e definite con marmi.
La dimensione delle case e' strettamente proporzionata alla ricchezza e benessere della famiglia. Volendo sintetizzare esistono i grandi fabbricati con ampi balconi, terrazze e cortili ed appartengono ai proprietari terrieri e ai professionisti e le case -spesso ad un solo piano- dei contadini in cui sono annessi solai e stalle.
Dal 1960, grazie alle rimesse dell'emigrazione, anche queste case contadine sono state riadattate e modificate su imitazione del tipo precedente.
Il paese non e' strutturato per quartieri che implichino distinzioni di classe; tuttavia i piccoli allevatori generalmente abitano le periferie del paese, mentre i bottegai sono insediati principalmente lungo la via principale.
In piazza gli uomini adulti si incontrano per fare due passi, sedere al bar o ai tavolini all'aperto, nei circoli o nei saloni dei barbieri. Le donne invece evitano di farsi vedere in piazza. Esse generalmente stanno in casa.
La viabilità
Nell'ambito del sistema stradale provinciale Contessa non e' attraversata da importanti vie di comunicazioni. Chi desidera visitarla deve recarvisi appositamente. Delle tre strade di collegamento col mondo esterno solo una e' decentemente percorribile. I centri abitati piu' vicini sono a 15 chilometri di distanza.
Le strade che si diramano dal paese sono delle strette mulattiere; nel corso degli anni cinquanta qualcuna e' stata trasformata malamente in strada con ghiaia e asfalto.
In un rapporto del 1914 si legge che Contessa Entellina dall'avvenuta Unita' d'Italia aveva conseguito solamente un chilometro e mezzo di strada percorribile.
Nel 1967, poco dopo la partenza dell'Autore, da Contessa si e' svolta una seduta del Consiglio Comunale (siamo nel primo mandato della sindacatura di Francesco Di Martino) per affrontare il grave problema della viabilita'.
Storicamente per spostarsi da un centro all'altro la gente si avvaleva dei muli, anche per raggiungere Palermo.
Sul finire dell'Ottocento fu costruita una ferrovia che da Palermo raggiungeva alcuni paesi dell'interno latifondista. Dal secondo dopoguerra ai treni sono subentrati le corriere e adesso (1961) un certo numero di abitanti raggiunge Palermo in automobile dopo un percorso di un paio d'ore.
Prima dell'Unita' raramente la gente usciva da Contessa. Ogni comune sviluppava infatti una vita a se'. Persino nel linguaggio e nel tono dell'espressione ogni paese si differenziava da ogni altro. Il territorio di ciascun comune veniva chiamato, per accentuare la condizione di isolamento, "stato".
Il valore del tempo, in quelle condizione di isolamento, era misurato dalla stagione del raccolto che si susseguivano.
L'isolamento non era comunque assoluto. Il grano veniva infatti regolarmente trasportato a dorso di muli nei centri costieri per essere destinato all'esportazione. I braccianti agricoli impiegavano parte dell'anno in lavori nelle zone "marine" ed i soprastanti dei feudi si recavano in città per relazionare ai proprietari. I funzionari ed i sacerdoti venivano formati in città.
Con lo stato unitario (1860) fu introdotto il servizio militare obbligatorio e pertanto l'orizzonte mentale della gente si amplio'. Ampliamento avvenuto anche grazie all'emigrazione massiccia in America e, nel secondo dopoguerra, nel nord Europa.
I rapporti fra la gente di Contessa con le istituzioni dello Stato unitario sono comunque rimasti molto precari, per non dire inesistenti. I contadini producevano beni prevalentemente necessari all'autoconsumo familiare. La stragrande maggioranza di essi non disponeva direttamente della terra e dipendevano dalla volonta' dei proprietari o dei gabelloti, persone piu' coscienti e più addentro ad intrattenere le relazioni con le istituzioni dello stato.
La moneta non veniva che raramente come mezzo di compensazione per beni o servizi. Tutto cio' che serviva per le necessita' della famiglia veniva acquisito con pagamento mediante altri beni prodotti direttamente.
I contadini vivevano in condizioni di estrema povertà e di analfabetismo.
L'analfabetismo e' stato consistente nella zona di Contessa anche per gran parte del Novecento.
Nel 1861 l'elettorato non raggiungeva l'1 per cento della popolazione. Vi furono graduali allargamenti nel 1882, 1913, 1919 e finalmente il suffragio universale nel 1946.
Lo stato unitario riusci' ad incapsulare, ad avere il controllo, di Contessa Entellina con molta lentezza. In questa situazione in cui lo stato non era in condizione di controllare la periferia della nazione, si è creata l'opportunita' di accrescere l'influenza ed il potere di quei personaggi che, nel corso del libro verranno definiti "intermediari" o "mediatori politici".
 Si trattava di figure che riuscirono a svolgere ruoli attivi, dinamici, all'interno della comunita' da un lato e con gli apparati statuali dall'altro. In pratica l'elite contessiota ha svolto un ruolo di mediazione, sensaleria, fra le strutture statuali nazionali e quelle locali. Costoro, in pratica, disponevano delle informazioni e conoscenze che le mettevano in collegamento con le personalita' del mondo esterno; verso il mondo delle istituzioni pubbliche statuali costoro furono gli unici anelli di congiunzione. In altre parole il potere dell'etile locale e' stato tanto più grande quanto più ridotta era la sua composizione. Il potere era inoltre piu' grande quanto maggiore era l'isolamento e la segmentazione della realtà sociale locale.
Pur essendo Contessa un paese isolato i legami con l'esterno erano comunque minimi. Uno dei canali come detto era quello scaturente dal trasporto del grano, subito dopo il raccolto, attraverso sentieri battuti e prima che cominciassero le piogge invernali, a Palermo.
L'autorita' dello stato aveva in tutti i comuni dell'interno uno capacità di accedere molto debole in quanto quei centri vivevano in uno stato di autosufficienza locale. Ad ostacolare la penetrazione di un apparato centrale nelle realtà locali, isolate e frammentate, sono state appunto le elite di ciascun paese. Furono loro ad assumersi il ruolo di "intermediari" col mondo esterno nell'intento di preservare l'isolamento.
Loro preoccupazione e' stata di conservare a se stesse i contatti in graduale espansione con le istituzioni dello stato.
E' questo (questo tratto ora esposto) un punto essenziale per capire il contenuto del libro di Anton Blok. A Contessa dall'Unita' in poi i contatti con la società pubblica più ampia sono stati ridotti al massimo e intrattenuti dall'elite del posto.

La Storia
A nord ovest di Contessa insistono le rovine di una citta' pre-greca, distrutta nel XIII secolo da Federico II (Entella).
A breve distanza da Contessa, in direzione ovest, sulla cima di una ripida collina si rilevano le mura di un castello saraceno (Castello Calatamauro).
Sull'intera superfice del territorio insistono vestigia di antichi insediamenti e non e' raro che i contadini, arando il terreno, ne portino casualmente alla luce dei resti.
Prima del XIII secolo non esistono richiami documentali sull'esistenza di Contessa. Essa era un casale di contadini, dipendente dalla baronia di Calatamauro. La condizione giuridica di questi contadini era a meta' strada fra il servo ed il libero concessionario.
I territori dei feudi appartenenti alla baronia erano chiamati "stati" cosicché la proprietà e l'ordine pubblico vennero identificati, dai sudditi, con gli interessi del barone locale.
Contessa fino al XIX è stato un villaggio (Università) sottoposto all'autorità di un barone; questa circostanza spiega perché fino ad allora (inizio dell'Ottocento) l'unica autorità riconosciuta fu quella locale e nessuna autorità più vasta (statuale) si sostituì mai alla giurisdizione feudale.

Popolazione
L'interno della Sicilia e' sempre stato meno densamente abitato delle zone costiere. I baroni per soddisfare le loro esigenze di manodopera hanno pertanto fatto ricorso a vari sistemi, dall'uso della violenza (catturando i servi delle proprietà confinanti, in particoilare quelli delle abazie) a quello di assegnare piccoli lotti di terra in cambio di servizi. Obiettivo della colonizzazione iniziata nel XV secolo e' stata la bonifica della terra (i latifondi) incolta, ove i casali erano ormai stati abbandonati da gran tempo.
Per questo fine nel corso del XVI e XVII secolo furono fondati in Sicilia occidentale circa cento nuovi paesi, in parte dove prima esistevano -appunto- dei casali. E' questo il periodo in cui i baroni si trasformarono in grandi mercanti di grano.
In Europa la popolazione aumentava e con essa pure il prezzo del grano, da qui l'esigenza di dissodare la terra. La fondazione di nuovi paesi inoltre conferiva ai baroni prestigio e l'illusione di gestire un vero potere. Ogni comunità che nasceva conferiva infatti al barone un seggio nel Parlamento di Sicilia.
Contessa viene ripopolata all'inizio del XVI secolo con genti che provenivano d'oltremare. Erano albanesi che si sottraevano all'espansione turca nei Balcani. Nel 1520 costoro convennero col barone del luogo i termini della loro permanenza e fissarono diritti e doveri in un documento scritto. Il barone non divise ai nuovi arrivati i suoi feudi ne' acconsenti' che essi si insediassero su di essi, forse per il timore che poi avrebbero sollevato aspettative su di essi. I nuovi arrivati furono vincolati a costruire nuove case in un insediamento accentrato (localizzato), ove il barone avrebbe esercitato la sua giurisdizione. Il barone acconsenti' che arrivassero altre cento famiglie dall'isola di Andros, a cui pago' (1521) il viaggio e per la sopravvivenza dei coloni assegno' loro due feudi (Serradamo e Contesse) dell'estensione di 750 ettari.
 In origine le terre dei due feudi furono terre comuni, destinate sia alla coltivazione che al pascolo. Di contro i contadini dovevano versare un decimo del raccolto al barone ed una somma fissa per ciascun capo di bestiame. La decima fu successivamente trasformata con la concessione in enfiteusi, con l'intento di incentivare gli investimenti fissi da parte dei contadini. Tutti gli altri feudi del barone furono invece resi disponibili per il lavoro manuale dei contadini arbereshe con contratti di masseria, mezzadria, bracciantato agricolo.
Su tutti i feudi dello "stato" gli arbereshe avevano diritti di pascolo e spigolatura (usi civici)
Sui due feudi in enfiteusi si sviluppò la coltura intensiva con alberi e vigneti, in quanto su essi gli arbereshe godevano del diritto di disporre liberamente l'eredita' mediante testamento.
La popolazione a meta' Cinquecento ascendeva a 500 unita' e divenne di 2000 unita' un secolo dopo. Nel 1720 fu stipulata fra la popolazione arbereshe ed il barone una seconda concessione con cui il rapporto enfiteutico veniva esteso ad un terzo feudo: Bagnitelle, dell'estensione di 450 ettari.
La popolazione continuo' a crescere fino a raggiungere nel 1798 i tre mila abitanti.
Quando il barone divenne molto ricco si trasferì a Palermo; qui sorsero in effetti molti palazzi sul finire del Seicento e l'inizio del Settecento. Questo nuovo modo di vivere aristocraticamente è conseguenza del sorgente assenteismo del baronaggio siciliano. Il nuovo fenomeno farà prosperare nello "stato" di Contessa i contratti di "gabella" con i grandi affittuari.
A assumere il ruolo di gabelloti saranno quei i contadini che dispongono, già in proprio, di un po di terra e di qualche capo di bestiame. Si tratta di persone che il barone ha già coinvolto nei suoi feudi per mantenere l'ordine, per fare gli esattori, per amministrare i feudi medesimi.
Per questa fascia sociale si aprono, grazie all'assenteismo dei baroni, le strade per l'ascesa sociale; ascesa che avviene oltre che col controllo dei feudi anche col controllo dall'amministrazione comunale, su cui esercitano, in nome del barone, l'autorità di governo.
Nei feudi i gabellati esercitano il potere dirigendo le "masserie" , grandi fattorie in continua espansione per la dissodazione di nuove terre.
Con la gabella inizia anche l'ingordigia di terra; cosi' molte terre soggette ad uso civico iniziarono ad essere usurpate, ai danni della comunità. Ci furono lotte e contrasti, ma tutto fini' a beneficio dei gabelloti che, come detto, avevano il controllo delle amministrazioni locali.
Da questo periodo in poi (Settecento) Contessa divenne una comunità alla completa dipendenza di questi "gabelloti" che di fatto usarono del potere in precedenza esercitato dal barone.
Un cronista dell'epoca (Nicolò Chetta ?), nel Settecento, denuncia la scomparsa della copia originale della Convenzione del 1520 ove erano riporti i diritti, gli usi civici. E' questo, come già ricordato, il periodo in cui i "gabelloti" locali divengono datori di lavoro verso i contadini poveri.
La popolazione comunque continuerà a crescere, fino a raggiungere nel 1881 le 3400 unita'.
Fra il 1881 ed il 1911 almeno 4000 persone partirono per l'America. Nel 1901, anche fra coloro che vivevano in paese, si contava almeno un dieci percento della popolazione che era stata in America.
Durante il ventennio fascista l'emigrazione, come è risaouto, e' stata ostacolata e bloccata.
All'inizio degli anni cinquanta la popolazione e' sulle 3000 unita': in molti si attendevano di essere compresi fra i beneficiari della preannunciata riforma agraria. Pochi ottennero lotti sufficientemente economici sotto il profilo produttivo e perciò  ricomincio' una seconda ondata di emigrazione, questa volta verso il Nord Europa.
Durante la permanenza dell'Autore a Contessa (1961) la popolazione si aggirava sulle 2500 abitanti, contando fra questi pure 500 residenti in Nord Europa.

Nessun commento:

Posta un commento