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domenica 13 febbraio 2011

Leonardo Sciascia, una intervista del 1979

Abbiamo manifestato in più di una occasione la totale, assoluta, sfiducia verso l’Assemblea Regionale ed il governo regionale attuali. Organi in assoluto fra i più costosi ed inefficienti e clientelari di tutta Italia. Ma si potrebbe proseguire elencando il molto peggio che lo caratterizza...da cui non va sottaciuto il  trasformismo del principale partito che avrebbe dovuto garantire l'Opposizione e che si è ridotto invece a fare lo sgabello di una classe dirigente avversata appena due anni fà.
Ci sembra utile nell'attuale quadro di politica siciliana riprendere e pubblicare -in più puntate-una lunghissima intervista del 20 maggio 1979 rilasciata da Leonardo Sciascia, che riprendiamo dal periodico “Rassegna Siciliana di Storia e cultura” dell’agosto 1998.
Sicilianismo o sicilianitudine ?
T.D. Baldwin: Che cosa significano per lei i termini di “sicilianità” e “sicilianitudine” ?
L. Sciascia: Io distinguo fra “sicilianità” e “sicilianitudine”; “sicilianità” è una specie di ideologia del “sicilianismo” che è poi il sentimento dell’essere siciliani, ma quasi trasposto in chiave letteraria; cioè per me Verga rappresenta la “sicilianitudine”, ma gli uomini politici come Finocchiaro Aprile, che è stato il capo del separatismo in Sicilia rappresentano il “sicilianismo”, la parte più deteriore del “sentirsi siciliano”, mentre la “sicilianitudine” è la parte migliore del “sentirsi siciliano”.
D. : E in ‘il giorno della civetta’ in particolare come si manifestano questi concetti ?
R. : Il “sicilianismo” è quello che partecipa all’associazione mafiosa e coloro che proteggono –uomini politici o funzionari dello Stato-. Il “sicilianismo, la parte positiva, è quella che è rappresentata dal mio modo di assumere il problema, di rappresentarlo.
D. : In che modo Bellodi (*) esprime il suo punto di vista ? Si può identificare il punto di vista di Bellodi con il suo, di scrittore ?
R. Il mio punto di vista di cittadino è quello di Bellodi. Però Bellodi non è poi un personaggio, è soltanto un’idea. Il personaggio vero del libro è il mafioso, don Mariano Arena, perché io un ufficiale dei carabinieri come Bellodi non l’ho mai conosciuto, ma un personaggio come don Mariano Arena, sì. Quindi Bellodi rappresenta il mio punto di vista sul problema della mafia, da cittadino. Da scrittore, il personaggio vero è quello di don Mariano Arena che ha una visione completa della vita nella sua tragicità, nella sua verità anche.
(*) ... il capitano Bellodi, emiliano di Parma, per tradizione familiare repubblicano ...
Pessimismo della ragione … ottimismo della volontà …
D.: Sia per Bellodi che per lei si potrebbe parlare di un certo pessimismo ? Oppure condivide lei la risoluzione di Bellodi che nonostante niente si possa cambiare, bisogna tornare in Sicilia, anche se –per dirla con lui- “Mi ci romperò la testa” ?
R.: Il mio pessimismo è spiegabile con la frase di Gramsci – “pessimismo della ragione”- a cui fa da controparte l’ottimismo della volontà. Poi il fatto che io scriva, che io denunci, che io dica queste cose ha un certo ottimismo. Ma il vedere nella prospettiva del tempo questi problemi come insolubili, è il mio pessimismo. Cioè io credo che bisogna lottare per risolvere questi problemi: però al tempo stesso riconosco che forse questa lotta è inutile.
D.: E nel momento in cui questa sua coscienza si produce, come coincidono in lei la persona privata, il cittadino, e lo scrittore ?
R. : Coincidono nel sentimento della rabbia. Io scrivo un libro quando sono arrabiato.
D.: Il suo sentimento coincide con quella DI Bellodi: che bisogna lottare anche con poca o nulla speranza ?
R.: Si.
D.: C’è un chiaro elemento di delusione …
R.: Si. Ma è tutta la tradizione della narrativa siciliana che ha questo pessimismo, da Verga, De Roberto, Pirandello con ‘I vecchi e i giovani’. Si, sempre, quando un siciliano affronta la realtà siciliana e poi la realtà italiana, è naturalmente pessimista.
D.: Si potrebbe dunque parlare di “vinti” nel senso verghiano, o meno ?
R.: Si, è un popolo di vinti perché in effetti anche il mafioso finisce con l’essere un “vinto”. Don Mariano Arena è uno che, a modo suo, ama la Sicilia. Il suo è un amore sbagliato e in questo bsenso è un “vinto” anche lui. Partecipa della “follia siciliana”, quella che il principe di Lampedusa chiama la “follia siciliana”, quella di credersi il migliore, il più intelligente, il più …. E invece no.
 (continua)

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